Lone Star di La Redazione di Serial Minds
La stella solitaria non brilla più…
di Stefano Fanti
La prima cosa da dire, è che Lone Star è già stato cancellato. Ebbene sì, due episodi sono bastati per far dire alla Fox: “Basta, tornatevene a casa!” La causa: gli scarsi – o per meglio dire, praticamente inesistenti – risultati d’ascolto, con 4 milioni di spettatori per il pilot e 3,2 per la seconda puntata, roba che neanche Flash Forward. E ho detto tutto. È vero, si scontrava, tra gli altri, con l’atteso The Event in onda sulla NBC, ma peggio di così proprio non si poteva fare.
Di conseguenza, parlare di una serie già morta – escludendo spostamenti o ripescaggi dell’ultim’ora, anche se tutto è possibile – è come ascoltare una canzone dei Negramaro sperando di trovare qualcosa di interessante, ma, tappandoci le orecchie per una volta, vediamo cosa ci siamo persi (molto poco a dir la verità).
Lone Star sarebbe dovuta essere la storia di un truffatore texano. Uno che cerca (a quanto pare con successo) di fottere tutti facendosi dare banconote su banconote. Nel suo mondo di truffa vive una doppia vita: da una parte in un paesino redneck style con una fidanzata bionda e i suoi amici semplici semplici (derubati uno ad uno con raggiri legati a pozzi di petrolio); dall’altra in una città texana dove vive in una bellissima casa con una bellissima moglie che a sua volta ha un ricchissimo padre. E qui casca l’asino, le bugie delle vite sovrapposte si sgretolano e la situazione si fa complicata. Bello, no? No.
In sostanza, già dal pilot si capiva che questo drama ambientato in Texas tra petrolio, soldoni e repubblicani vari avrebbe avuto vita breve. Fondamentalmente perché, nonostante una scrittura almeno dignitosa e una recitazione buona – di certo innalzata dalla presenza di Jon Voight, che pur di stronzate ne ha fatte in carriera sia chiaro, Anaconda anyone?, il processo del doppio gioco è già stato letto e riletto in tutti i modi possibili e l’accumularsi di inconvenienti, pratica che sarebbe stata la guida di tutta serie, va bene quando si tratta di Dexter e relativi omicidi, non di milioni di dollari e uffici al trentesimo piano.
Inoltre, a rendere ancora più indigesto il tutto, sorge inevitabile, dopo solo una decina di minuti di visione, l’odio profondo per il protagonista, fastidiosissimo anche solo quando respira e intento, alla facciazza nostra, ad accoppiarsi ripetutamente con due notevoli giovani donne, rispettivamente moglie e fidanzata. E’ decisamente troppo.
Riposa in pace, triste stella solitaria, e non tornare sotto forma di remake. Mai!
Ecco di seguito quello che scrissi dopo la visione del pilot prima che staccassero la spina:
– Previsioni sul futuro: innumerevoli pianti e complicazioni a strati che si scioglieranno con un colpo di bacchetta magica di stampo vagamente cattolico.
– Perché guardarlo: perché, potenzialmente, il vortice di avvenimenti potrebbe portare all’elaborazione dell’elementare pensiero “voglio vedere come il tipo risolve tutto sto casino”.
– Perché mollarlo: perché il protagonista ha una faccia da ebete imbalsamato e, soprattutto, perché ci sono troppi completi eleganti e nessun Barney Stinson ad indossarli.