Criminal Minds – Come la sesta stagione l’ha reso un telefilm ridicolo di Marco Villa
Cosa succede se una serie viene portata avanti come il calciomercato della Juve?
Dai, così, a bruciapelo. Qual è la cosa più ridicola degli ultimi anni? Esatto. Il calciomercato della Juventus. Quel continuo annunciare rivoluzioni e salti in avanti, grandi strategie e investimenti oculati, per ritrovarsi poi con Martinez e Motta e dire che, forse, l’anno prossimo sarebbe il caso di pensarci un po’ meglio. Ecco, prendete questa non-strategia, togliete i calciatori e mettete degli attori. Avrete trovato il modo in cui CBS ha gestito la sesta stagione di Criminal Minds.
Tutto inizia al termine della quinta. Da Twitter partono voci incontrollate: A.J. Cook, la bellissima bionda che interpreta JJ, fuori dal cast dopo una puntata. Paget Brewster, la conturbante mora che interpreta Emily Prentiss, fuori dopo metà stagione. Poi arrivano le voci dello spin-off, con il possibile passaggio – poi smentito – di Kirsten Vangsness (Penelope Garcia), dalla serie madre a quella figlia.
L’obiettivo? Rivitalizzare la serie dando una scossa all’intero cast.
Il risultato? Una stagione dimenticabile in cui gli autori hanno proceduto a tentoni.
Giusto per tirarsi un po’ insieme. Si parte con l’addio di JJ, improvviso e con la scusa della promozione a Washington. Dai, dopo cinque anni almeno inventatevi un minimo di sottotrama per sbatterla fuori. No, niente. Allora ok, pronti via e la bionda non c’è più. E non viene sostituita per un bel po’ di puntate, finché non arriva il personaggio meno naturale del mondo, quello con la biografia assemblata in provetta. Cosa si può aggiungere per dare tanto dramma concentrato in pochi chili? Ovvio, una nuova agente in prova che non è solo la più sveglia del suo anno, ma che è figlia di un serial killer ed è stata salvata dal buon Dave Rossi anni e anni addietro. Ecco allora la povera Ashley Seaver, interpretata da Rachel Nichols (Alias) e da qui in poi chiamata con il nome di agnello sacrificale.
Ma non è tutto: oltre a questa farsa, si aggiunge un Reed che ha dei mal di testa fortissimi e teme di diventare schizofrenico come la madre. Tema pesante, forte. Tema abortito dopo un paio di puntate, giusto il tempo di fargli avere delle visioni decisive per la risoluzione di un caso. Ma il top è il modo in cui hanno defenestrato Prentiss. Una trama che si svolge in orizzontale per un po’ di puntate con una abilità di scrittura e miscela delle vicende che non ha nulla da invidiare a Distretto di Polizia. Tipo che per tre episodi si vede il caso, la fine delle indagini, la solita frasetta di chiusura mentre l’aereo è in volo. E poi 3 minuti in cui Prentiss fa cose strane e ha paura. Paura, nello specifico, di un ex terrorista irlandese che è evaso da una prigione sudcoreana. E l’agnello sacrificale sembrava scritto in modo troppo assurdo? Vabbè, comunque Prentiss muore, ma in realtà no, la mandano via sotto copertura. Tutti la piangono, tranne Hotch e JJ che sanno. Sì, perché nel frattempo JJ inizia a rimettere piede nella squadra, per la somma gioia dell’agnello sacrificale, che inizia a vedere gli autori intenti ad affilare coltelli.
Ecco infatti che il cliffhanger finale vede JJ garantire con determinazione che sì, ritorna nella squadra. E se volete darci dentro con un piccolo spoiler, potete vedere le prime foto scattate sul set della nuova stagione.
Ora, chiedo venia per il riassunto pedante, che non è da me, ma a volte bisogna prendere blocco e appunti e capire le cazzate che sono state commesse. Perché CBS ha sbagliato pesantemente lo scorso anno a destabilizzare l’ambiente senza mettere sotto contratto volti e nomi adeguati, per poi correre ai ripari nel corso della stagione stessa. Certo, l’unico vantaggio di avere nel cast un agnello sacrificale è che puoi – appunto – sacrificarlo. Provate voi a sacrificare Iaquinta. Alla fine la Juve sta messa peggio, ma Criminal Minds è chiamato adesso a una stagione decisiva per la sua credibilità, peraltro dovendo fare a meno di Simon Mirren, uno degli autori più importanti nel team di scrittura. L’unica domanda, a questo punto, è: ma lo showrunner ha fatto il trapianto di capelli come Antonio Conte?