Game of Thrones – Finale di stagione di Diego Castelli
L’inverno è arrivato, e ci è piaciuto assai!
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OCCHIO AGLI SPOILERRRRRRRRSSSSS!
Sono passati poco più di due mesi da quando vi introducevo al complesso e affascinante mondo di Game of Thrones, la nuova serie HBO che dopo dieci episodi è arrivata alla fine della prima stagione.
Non vi faccio riassuntini delle puntate precedenti, descrizioni dell’ambientazione, introduzioni al mondo della storia. L’ho già fatto due mesi fa, e il post è sempre lì.
Dirò invece quello che ormai mi pare lampante: Game of Thrones è una figata allucinante!
Ora mi ricompongo. Se ricordate, dopo il primo episodio ero piacevolmente colpito, ma non risparmiavo qualche dubbio. In particolare, vi avvertivo di come la serie potesse risultare fin troppo complessa, e di come talvolta rischiasse di scivolare in un tono talmente esplicito da risultare quasi ridicolo.
Ebbene, queste problematiche non sono svanite, specie la prima, perché GOT è rimasto un telefilm estremamente denso, con puntate da più di cinquanta minuti intrise di informazioni quasi sempre essenziali. E poi si scopa sempre allegramente, benché le posizioni riescano a essere un po’ più varie rispetto all’inizio.
Quello che però non avevo ancora capito, forse perché avevo visto il pilot senza uno straccio di sottotitolo mentre ruminavo un panino al prosciutto, è che la scrittura di questa serie è una delle migliori viste negli ultimi anni.
Con “scrittura” intendo due piani diversi. Da una parte l’ideazione degli eventi e la loro concatenazione. Game of Thrones, in massima parte per merito dei libri da cui è tratta, si è rivelata una serie assai originale, un fantasy trasformato in thriller politico in cui gli intrighi, i tradimenti e i sotterfugi vengono raccontati con precisione ficcante e tensione crescente. Più ancora, come mi ha fatto notare un amico americano che è anche fan dei romanzi, è una storia in cui i buoni perdono in maniera abbastanza sistematica. Questo si è visto soprattutto nella grande sorpresa di questa stagione (NON PROSEGUITE SE NON VOLETE LEGGERE SPOILER GIGANTESCHI): la sanguinosa decapitazione di Eddard Stark, il protagonista interpretato da Sean Bean, ha mozzato il fiato di noi spettatori, che tutto ci saremmo aspettati tranne la morte del personaggio più importante, per cui era stato scelto l’attore più famoso. Roba da rimanere a bocca aperta, sul serio.
Più in generale, nei dieci episodi si è capito che il rispetto degli autori non è tanto per i personaggi (come spesso accade nei telefilm), quanto per la storia: se la storia (forse servirebbe una S maiuscola…) esige la testa di questo o quel personaggio, non c’è niente che possiamo fare, con buona pace dei fan e delle star capricciose. Questo è televisivamente assai coraggioso, e quanto mai vicino alla vita vera, dove a morire non sono solo i cattivi o gli inutili, ma spesso quelli che contano di più.
Semplicemente, applausi.
L’altro piano della scrittura, collegato al precedente, è quello dei dialoghi. Sugli schermi grandi e piccoli capita spesso di vedere film e telefilm in cui la trama è carina, i personaggi simpatici, ma i singoli dialoghi lasciano a desiderare per l’80% del tempo, in tutte quelle fasi in cui conta solo dire “abbiamo trovato un’impronta, la invio subito al laboratorio”, oppure “mi ha lasciata e non capisco perché, considerando che mi depilo con regolarità”. Ebbene, in Game of Thrones quella percentuale è del tutto ribaltata. Non ricordo, nel recente passato, una serie drammatica che avesse dialoghi così significativi, in ogni singola scena. Qualunque sia il personaggio e l’ambientazione, in GOT siete sempre sicuri di trovare molteplici livelli di senso, sfumature implicite, risvolti non detti ma terribilmente potenti.
Un lavoro pregevolissimo, insomma, e probabilmente molto lungo, che non fa che aumentare la complessità di cui si diceva: probabili sbadigli per gli spettatori più distratti, ma ondate di soddisfazione per coloro che hanno avuto la pazienza di impegnare cuore e cervello nel gioco dei troni.
La cura della realizzazione visiva – dai costumi alle battaglie (forse meno numerose del previsto), dalla fotografia al casting (quasi tutti attori all’altezza della situazione), partendo dalla bellissima sigla – diventa allora quasi un “di più”, perché con un intreccio simile e dei dialoghi così forti, questa roba poteva avere per protagonisti una famiglia di castori con la gotta, e sarebbe stata comunque interessante.
L’ultimo episodio ha confermato ulteriormente queste ottime sensazioni. La scelta di posizionare la più grossa sorpresa alla fine della penultima puntata ha forse tolto un po’ di spinta al finale, che pur virando leggermente su un fantasy più “puro” non è riuscito a stupire come al momento della dipartita del povero Ned (e sono certo che qualcuno avrà da ridire sull’uso improvviso di una computer grafica non del tutto convincente). Il cast di inizio stagione è stato parzialmente rivoluzionato da decessi eccellenti e, per chi come me non ha letto i romanzi, in buona parte inaspettati. Stiamo per affrontare un destino oscuro al fianco di figure che fino ad ora sono rimaste quasi sullo sfondo, e che adesso sono costrette a fronteggiare pericoli sconosciuti. Vedremo se sapremo affezionarci a loro come abbiamo fatto subito per i loro padri, fratelli e amici. Inutile dire che sono molto ottimista!
Per il resto, il nostro odio per il giovane re Joffrey è giunto alle stelle; non vediamo l’ora di sapere che ne sarà dei due eserciti pronti a scontrarsi; attendiamo con ansia l’arrivo di Tyrion ad Approdo del Re, dove forse non potrà più fare lo smargiasso con il sovrano suo nipote. Soprattutto, vogliamo vendetta per Ned, e vogliamo sapere cosa si nasconde veramente oltre la Barriera, nella speranza che i draghi risvegliati dalla bella e determinata Daenerys portino un po’ di sollievo ai buoni, piuttosto che morte e distruzione ovunque.
No perché la ragazza è carina e tutto quanto, ma si comincia a capire che farla incazzare non è esattamente una mossa scaltra!