The White Lotus 3 – L’esordio che conosciamo di Diego Castelli
La terza stagione di The White Lotus, ambientata in Thailandia, apparecchia la tavola con gli ingredienti che hanno reso famose le prime due
E siamo tornati in vacanza. O meglio, siamo tornati in “un luogo di” vacanza, perché i vari resort targati White Lotus, per quanto bellissimi e pieni di ogni comfort, non sono esattamente un posto dove sia facile trovare relax e spine staccate.
Con la terza stagione, come sempre firmata da Mike White e disponibile in Italia su Sky, The White Lotus si sposta in Thailandia dopo Hawaii e Italia, e ripropone un variegato gruppo di personaggi a cui dovrebbe andare tutto bene e invece andrà tutto male, un po’ per colpa loro, un po’ per sfiga.
E la sfumatura, questa volta, potrebbe essere un poco più dark, almeno a giudicare dal primo episodio stagionale.
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Sarà che fin dalla prima scena troviamo proprio il contrasto fra un tentativo di meditazione e una scarica di arma da fuoco, ma l’impressione è che quest’anno al White Lotus ci si potrà rilassare ancora meno del solito.
Come di consueto si inizia, dopo quel prologo, con l’arrivo dei nuovi ospiti della struttura, immersa questa volta nella natura, nelle scimmie, nei paesaggi thailandesi.
C’è la famiglia con padre, madre e tre figli, tutti molto diversi, ognuno con le sue aspirazioni per il viaggio (il padre è Jason “Malfoy” Isaacs). C’è un tizio (Walton Goggins) che si presenta con una fidanzata giovane e frizzante, mentre lui è ombroso e fumatore compulsivo. C’è il gruppo di amiche (fra cui Michelle Monaghan e Carrie Coon) che sembrano unitissime ma forse non lo sono così tanto.
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Il tema, come di consueto, è quello di una facciata di glamour, di denaro, di bella vita, dietro cui si nascondono tensioni, fragilità, segreti e non detti.
Parliamo di strane atmosfere incestuose, di sordidi piani commerciali e forse criminali, di invidie e gelosie laceranti che covano da decenni, di una generale atmosfera di sotterfugio e tradimento, che trasmette in maniera sempre chiara l’impossibilità, per i personaggi, di essere rilassati davvero.
E questo a prescindere dal fatto che il non-relax sia una scelta, come nel caso del giovane personaggio interpretato da Patrick Schwarzenegger (sì, il figlio), che vive una vita di ansia da prestazione nei confronti del lavoro, delle donne, del successo, o che sia invece qualcosa di subìto e involontario, come nel caso del personaggio di Carrie Coon, rosa dentro dall’invidia per l’amica famosa.
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In tutto questo, la sceneggiatura di Mike White (qui anche alla regia) rinuncia a qualche tacca di ironia rispetto al passato, e come detto piazza fin da subito un elemento criminoso con cui tenere desta l’attenzione, ma per il resto gestisce la presentazione dei vari caratteri con l’abilità che gli riconosciamo dalla prima stagione.
Basta infatti poco, pochissimo, perché tutti questi personaggi, che pure arrivano sulla scena quasi contemporaneamente, ci comunichino i tratti essenziali della loro personalità, e le potenziali sfide che si troveranno di fronte negli episodi successivi.
Non è questione di eccessivo didascalismo, bensì di grande attenzione ai dettagli, per cui le parole che vengono dette, quasi sempre adattate a un contesto vacanziero e di incontro con il personale del resort, vengono rimodellate, influenzate, storpiate dagli atteggiamenti del corpo, dagli sguardi, dai tic, da una comunicazione non verbale che ci trasmette fin da subito le fragilità dei protagonisti e ci descrive alcune linee di forza lungo le quali si svilupperanno le varie relazioni, senza per questo dire “tutto subito”.
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È chiaro che a mancare è l’effetto novità. The White Lotus è ancora The White Lotus, la formula è più o meno sempre quella, e il fatto che la seconda stagione fosse ambientata in Italia (un’Italia un po’ finta, da cartolina, ma comunque molto interessante per noi) rende inevitabilmente ogni stagione successiva qualcosa di “meno”, fosse anche solo perché la colonna sonora thailandese risuona con noi molto meno di quella italiana del precedentee ciclo di episodi.
Quello che però The White Lotus non sembra aver perso è la classe di una scrittura e di una messa in scena raffinate, unite alla bravura di un cast tutto nuovo, ma sempre pieno di nomi importanti e affermati.
Magari questa stagione non ci lascerà folgorati (anche se speriamo di essere smentiti), ma al momento non c’è nemmeno il timore che possa essere qualcosa di meno di una gran bella serie, con tutte le sue cosine al posto giusto.