7 Gennaio 2025

M – Il Figlio del Secolo – Semplicemente, un capolavoro di Diego Castelli

La serie tratta dal romanzo premio Strega è una delle migliori serie italiane. Ma di sempre tipo.

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Le traduzioni sono un lavoro complicato e sottovalutato. Già solo trovare il modo di trasferire gli effetti linguistici e retorici di un romanzo in una lingua diversa da quella di origine pone sfide spesso proibitive, figuriamoci quando si tratta di tradurre un contenuto in un altro medium, che risponde a logiche completamente diverse.

Questa operazione, che già diamo per scontata anche se non lo è, diventa ancora più complessa quando cerchi di tradurre in serie tv un romanzo di 800 pagine, vincitore del più importante premio letterario italiano, caratterizzato da una scrittura molto personale, molto ricca, per nulla “neutra”, incentrato su uno dei periodi più importanti e controversi delle storia italiana degli ultimi 150 anni.

Questa era la sfida per M – Il Figlio del Secolo, la serie di Sky Studios (disponibile su Sky e NOW dal 10 gennaio) tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, diretta da Joe Wright e scritta Stefano Bises e Davide Serino.
Una sfida che si poteva affrontare in maniera conservativa, prudente, circospetta, oppure con coraggio, entusiasmo e un pizzico di follia.
Hanno scelto la seconda via, e ci hanno preso alla grande.

Il romanzo di Scurati, che lui stesso definisce “romanzo documentario”, è una lunga cronaca che parte dal 1919, appena dopo la fine della guerra che consegnò all’Italia la famosa “vittoria mutilata” (cioè una vittoria da cui il paese aveva guadagnato poco), e arriva al 1924.
In mezzo, la lenta e poi inesorabile ascesa al potere di Benito Mussolini, socialista della prima ora rinnegato dai suoi stessi compagni in quanto interventista, e poi diventato l’alfiere di una nuova destra che avrebbe finito con il dominare l’Italia per vent’anni.

Il romanzo, primo di quattro, non arriva alla fine del Ventennio, fermandosi intorno all’omicidio di Giacomo Matteotti, altro snodo fondamentale della parabola fascista, che potremmo considerare il momento simbolico in cui il fascismo, da forza violenta e trasgressiva ma ancora inserita (più o meno) in una logica politica parlamentare, si trasforma in vero e proprio regime.

In questo racconto, l’approccio di Scurati è particolare. Da una parte, fa un lavoro rigoroso sulle fonti, raccontando (quasi) solo eventi e pensieri di cui si trovi effettiva traccia nei documenti, nelle lettere, nei discorsi dell’epoca, e consentendo ai lettori di conoscere molti dettagli importanti del contesto delle vicende. Dall’altra parte, non rinuncia al suo stile letterario particolarmente barocco e ricco di metafore, che può risultare pesante e autocompiaciuto ma si adatta benissimo al racconto di personaggi che vivevano anche di retorica fumosa, pomposità marziali, slanci politici a vario grado di opportunismo, falsità e violenza. Soprattutto, si adatta a quel preciso tempo storico, dove quelle forme linguistiche erano proprie anche dei cinegiornali e degli articoli cartacei che le persone comuni potevano trovare ovunque.

Per quanto mi riguarda, il romanzo di Scurati ha uno specifico merito. In un paese in cui una parte della popolazione arriva a rimpiangere il fascismo (ehhh quando c’era lui…), mentre l’altra lo demonizza in maniera perfino infantile, come fosse una terribile tempesta capitata per caso, M – Il Figlio del Secolo ci porta lì, dove e quando accadevano le cose, a mostrarci che il fascismo è stato effettivamente un cancro di violenza, oscurantismo e terrore, ma riuscendo a farci vedere allo stesso tempo i motivi per cui non capitò affatto per caso, riuscendo anzi a convincere una larga fetta della popolazione italiana.

Nel guardare i soldi che al fascismo arrivarono da industriali e borghesi preoccupati dalla possibile rivoluzione comunista, nello scoprire le connivenze con la chiesa e il potere monarchico, nel conoscere i modi in cui la violenza e la retorica fascista lavoravano sulla popolazione, producendo caos e ponendosi allo stesso tempo come sua soluzione, nell’apprendere quanto la democrazia, che noi oggi diamo per scontata, fosse oggetto di un dibattito vero fatto anche di posizioni filosoficamente “contro”, i lettori scoprono tutta la complessità della Storia, che non vive di assoluti ma di sfumature, coincidenze, decisioni prese in un senso o nell’altro.

E a ulteriore merito, pur senza tralasciare nulla della violenza terribile con la quale i fascisti lavorarono il paese ai fianchi per prendere il potere, Scurati riesce anche a infilarci dentro un’italica vena di grottesco, se non proprio di comicità, nel mostrare un movimento di scappati di casa guidato da un leader pronto a cambiare idea su tutto in ogni momento.

Tradurre tutto questo in una serie tv di otto episodi era un’impresa titanica, fosse anche solo per la mole di informazioni raccolta nelle pagine del romanzo.
Troppa troppa roba, e infatti qualcosa resterà indietro. Se volessimo citare subito un difetto di M – Il Figlio del Secolo (inteso come la serie), dovremmo dire che alcune importanti figure di contorno, sia nella corte di Mussolini sia fra i suoi avversari, non riescono a trovare l’approfondimento che avrebbero meritato, rimanendo a livello della macchietta o poco più.
Un trattamento che finisce col toccare anche a uno come Giacomo Matteotti, di cui su carta conosciamo bene la psicologia e la quotidianità, e che a schermo resta confinato soprattutto alla sua immagine pubblica e al ruolo (politico ma pure narrativo) che ebbe in quegli anni.

Se questi piccoli tagli erano forse inevitabili, diversa la questione su come approcciare, in generale, questa materia: quali scelte fare in termini di stile, recitazione, tono, per restituire la vicenda in tutta la sua ricchezza, complessità, potere seduttivo. Perché il romanzo di Scurati, nel voler raccontare quegli anni “sul serio”, non può nemmeno fingere che non esistesse un qualche specifico potere e abilità in Mussolini, che a noi oggi pare un personaggetto caricaturale e strampalato, che però all’epoca trascinava le masse e gabbava politici di lunghissima esperienza.

La scelta, per certi versi sorprendente e coraggiosissima, è quella di allontanarsi vistosamente da una messa in scena iper-realistica che avrebbe magari restituito bene gli elementi storici della vicenda, trasformandosi però in una normalissima fiction di Rai Uno, perdendo completamente l’elemento stilistico, linguistico, poetico del libro.

Il regista Jow Wright, invece, decide di andare all in.
In M – Il Figlio del Secolo c’è poco di realistico. Praticamente tutta la serie è girata in interni, in teatri di posa o edifici storici che ricostruiscono le sedi delle discussioni politiche, le viuzze sporche piene di taverne e bordelli, i luoghi di alta ufficialità in cui discutere le sorti del paese.
È tutto molto teatrale, nel senso più concreto del termine: vediamo personaggi sulla scena, attori e attrici che prendono possesso di un palco (a volte nemmeno metaforico) per declamare le loro intenzioni, sentimenti e ardimenti, con la consapevolezza tronfia di chi si muove sugli altari della Storia.

E tutto questo viene ripreso con una fotografia spesso scura, contrastata, complottara, con frequenti scivolamenti in uno stile che, con piena coerenza cronologica, sembra richiarare il futurismo italiano e l’espressionismo tedesco, costruendo scene da sogno (o da incubo) in cui mescolare le passioni contrastanti di una nazione in tumulto.

Attenzione però, perché M – Il Figlio del Secolo non è una seria vecchia, o anche solo retrò.
È invece un prodotto che abbraccia anche tecniche e strumenti modernissimi. La scelta probabilmente più forte è quella di trasformare il Mussolini di Scurati in un personaggio che parla agli spettatori guardando in macchina, come una specie di Frank Underwood di un secolo prima.
Una scelta forte e inaspettata, che però risponde al bisogno di cui si diceva prima: ci sono elementi della psicologia di Mussolini che Scurati prende dalle fonti, ma che sarebbe stato lungo e complesso (a magari noioso) tradurre in immagini didascaliche. Meglio allora che sia Mussolini stesso a spiegarci le sue intenzioni, specialmente quando c’è da sottolineare il contrasto fra la sua retorica altisonante e manipolatoria, e la sua intima natura di voltagabbana sempre pronto a cambiare idea e fazione per il proprio tornaconto.

Stesso discorso per diverse altre soluzioni, come l’integrazione fra filmati d’epoca e riprese recenti, che alle volte creano un certo effetto distraniamento, di “finto”, che però è palesemente voluto, è il tentativo di immergere lo spettatore in un certo evento e momento, consentendogli però di mantenere salda una prospettiva esterna e globale.

M- Il Figlio del Secolo è una serie caricata a pallettoni, che fra la pacatezza e la forza sceglie sempre la seconda. La violenza che mette in scena è violenza vera, feroce, sanguinaria. Ma altrettanto potente è l’accostamento di quella violenza alla sua genesi strettamente politica e intellettuale, col Mussolini stratega e calcolatore costantamente impegnato a tenere il guinzaglio corto a una masnada di criminali che usa come strumento di lotta politica, sapendo che potrebbero anche rivoltarglisi contro.

Evidente la forza della violenza, evidente la forza della spregiudicatezza mussoliniana, ma altrettanto forte anche quell’elemento di grottesco e comico già visto nel romanzo: ci sono brevi passi di questa serie, spesso con protagonisti Benito e Cesarino Rossi, suo fidato consigliere, che sembrano una sitcom. Ci arriva la chiara impressione di personaggi (vale anche per D’annunzio, per esempio) che non sempre sanno quello che fanno e finiscono anche per cadere nel ridicolo, salvo poi trovare il guizzo per adattarsi, volgere i problemi in loro favore, insomma usare l’italianissima arte di arraggiarsi, che vale anche per alcune delle pagine teoricamente più decisive della Storia (come la Marcia su Roma), che qui rivelano la loro anima più dilettantesca e casuale.

E solo ora, ma giusto per dargli il posto che merita, è il caso di parlare di Luca Marinelli, interprete di Mussolini.
Attore già affermato, amato e premiato, Marinelli trova in Mussolini il ruolo della vita, quello che probabilmente gli darà fama internazionale, per il quale sarà maggiormente ricordato.

Il suo è un Mussolini dai mille volti, capace di passare costantemente, e con piena credibilità, dal malfattore violento e arrivista, al politico geniale e strategico, dall’imbonitore arraffone e azzeccagarbugli, all’amante sguaiato e primitivo.

Uno dei punti focali, e dei risultati comunicativi più importanti, del romanzo di Scurati, è quello di restituire le molte sfaccettature di Mussolini, senza negare la sua oscurità, ma togliendolo almeno in parte dalla macchietta, riuscendo a far capire a chi legge come sia potuto diventare il dittatore che è stato, ma anche la figura stereotipata e un po’ buffa arrivata fino a noi.
Marinelli riesce a restituire esattamente questa complessità: la ferocia e il calcolo, l’ambizione e il ridicolo, la forza e la fragilità.

In questi giorni, intervistato sul tema, Marinelli ha detto che per lui interpretare Mussolini è stato complicato proprio perché lui, antifascista da battaglia, si sente lontanissimo da un personaggio di cui pure doveva mostrare una certa capacità seduttiva.
In questi giorni l’attore sta subendo anche qualche attacco ironico per queste parole, ma fidatevi, quando guarderete la serie, accorgendovi di quanto Marinelli abbia dovuto “crederci” per impersonare questo Mussolini, e dopo aver provato il disagio e l’inquietudine di vedere tutta questa gente alzare il braccio teso e urlare “Duce, Duce”, vi ricrederete: girare questa serie non dev’essere stato affatto semplice, in primis per le persone coinvolte.

Non vorrei aggiungere altro, per non sbrodolare e per non fare spoiler, che in questo caso sarebbero relativi alle scelte di scrittura e messa in scena, più che alla trama nuda e cruda.
Parleremo comunque dei singoli doppi episodi anche all’interno del podcast Salta Intro.

Credo però si sia capito il succo della faccenda. M – Il Figlio del Secolo è una serie così precisa dal punto di vista stilistico, che potrebbe anche non piacere. Non è pensata per essere un prodotto generalista nel senso più ampio del termine, perché mette la propria capacità di colpire nel segno, di trasmettere il senso di un uomo e di un’epoca, sopra alla necessità che il suo racconto sia accessibile al pubblico più ampio possibile.

E però, al netto del gusto, io credo che siamo di fronte a uno degli oggetti seriali più importanti del 2025, un prodotto di cui si parlerà parecchio e che chissà, potrebbe anche contribuire a riprendere, o addirittura iniziare, un discorso pubblico sul fascismo che nel nostro paese è ancora carente, poco approfondito, poco digerito.
Perché in fondo, per non ripetere certi errori, sarebbe importante capire bene, molto bene, perché li abbiamo commessi la prima volta.

Perché seguire M – Il Figlio del Secolo: è una serie di grande potenza, con stile preciso e un fastastico attore protagonista, di cui molto si parlerà.
Perché mollare M – Il Figlio del Secolo: Opera scelte di stile che possono risultare vincenti, ma anche divisive.



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