Dexter: Original Sin su Paramount+ – Forse inutile, forse no di Diego Castelli
Il nuovo spinoff / sequel / prequel non sembra capace di aggiungere granché, ma molte persone lo attendevano comunque con ansia
Parto subito esplicitando un potenziale paradosso. Fino a pochi minuti prima di mettermi a scrivere questa recensione, non sapevo se e quando l’avrei effettivamente scritta. Se ho cominciato è soprattutto perché pubblicare ora una recensione di Dexter: Original Sin, a pochi giorni dal debutto, garantirà qualche visualizzazione in più rispetto alla serie di cui stavo per parlare in alternativa.
Allo stesso tempo, proprio il motivo della mia indecisione, ovvero l’apparente inutilità, o quanto meno ridondanza, dell’ennesima serie su Dexter, diventa esso stesso motivo di approfondimento, a fronte del fatto che effettivamente Dexter: Original Sin è stata prodotta e che attualmente, 17 dicembre 2024, ha raccolto anche buone recensioni da parte del pubblico, anche se un po’ meno della critica.
E quindi affrontiamolo, sto paradosso.
Dexter: Original Sin è creata da Clyde Phillips, che era già showrunner delle prime quattro stagioni della serie originale e poi di Dexter: New Blood, e racconta le origini del personaggio sia per quanto riguarda il suo lavoro nella polizia scientifica, sia per la sua attività di “serial killer di serial killer” (o comunque di gente cattivissima).
Pur raccontando il “prima”, Original Sin arriva per l’appunto dopo Dexter: New Blood, cioè uno spinoff / sequel della serie originale, andato in onda nel 2021-2022 a distanza di quasi dieci anni dal series finale della prima Dexter, considerato da molti uno dei peggiori finali della storia delle serie tv.
Da questo punto di vista, Original Sin è certamente un prequel, anche se è raccontato in flashback da un Dexter che è sopravvissuto agli eventi di New Blood, e si prepara a Dexter: Resurrection, che sarà un vero e proprio sequel (il secondo, possiamo dire). In questo contesto, Dexter: Original Sin rappresenta una sorta di parentesi per approfondire ulterioremente il passato del personaggio.
Diciamo “ulteriormente” perché, in realtà, il passato di Dexter Morgan veniva già ampiamente raccontato nella serie originale, soprattutto in riferimento al Dexter bambino. Proprio in quei flashback, in cui il padre di Dexter era interpretato da James Remar, avevamo compreso bene il tema del “dark passenger”, cioè questa sorta di impulso omicida che avrebbe inevitabilmente portato il protagonista a essere un villain, ma che grazie al padre adottivo era stato circoscritto, addomesticato, ingabbiato nella creazione di un giustiziere che sfogava i suoi istinti solo su chi se lo meritava (con l’ovvio problema morale alla base, che era uno dei temi fondanti e più succosi della serie).
Con Dexter: Original Sin si va avanti di qualche anno, arrivando al momento in cui Dexter entra in polizia e perpetra il suo primo omicidio. A cambiare è un po’ tutto il cast: ci sono molte versioni giovani di personaggi che abbiamo già conosciuto in Dexter, e questo vale naturalmente anche per i protagonisti: Dexter è interpretato da Patrick Gibson (che avevamo già conosciuto, fra le altre cose, in The OA), il padre ha il volto ben conosciuto di Christian Slater, e la sorella Debra è impersonata da Molly Brown.
Ora si potrebbe porre una domanda, anche a fronte del fatto che, come si accennava, almeno parte del passato di Dexter era già stato raccontato. Ma Dexter: Original Sin serve a qualcosa?
Cioè, se abbiamo già otto stagioni di una serie madre, più un sequel, più un altro sequel già previsto, e questi prodotti hanno almeno in parte già esplorato il passato del protagonista attraverso dei flashback, che ce ne facciamo del prequel?
Tanto più che, guardando il primo episodio, vediamo che si finisce subito in ambienti che già conosciamo (il commissariato), con personaggi già noti e che hanno già i tratti che avranno da adulti (tipo Masuka, stesso buffo erotomane che sarà da grande), a guardare una vita privata di Dexter in cui gli omicidi vengono condotti fin da subito secondo le modalità classiche, a parte qualche differenza marginale.
Poi ok, c’è anche qualche aggiunta eccellente come Sarah Michelle Gellar o Patrick Dempsey, ma niente che per ora stravolga un canovaccio già collaudato.
Mi sembra quindi di poter dire che, per ora naturalmente, questa Dexter: Original Sin non aggiunga granché all’originale, tanto più che, essendo un prequel, non si potrà inventare chissà cosa che esca da un solco già molto arato: sappiamo bene che Debra non potrà scoprire il fratello, sappiamo che nessun altro lo farà, sappiamo che Dexter sopravviverà a qualunque rischio, sappiamo che non potrà superare certi suoi blocchi emotivi e romantici che avrà ancora quando sarà più vecchio, ecc ecc ecc.
E qui arriva il “però”. Un però che dipende sia dalla momentanea accoglienza favorevole del pubblico, che vale la pena di indagare, ma pure da una considerazione più personale, e cioè dal fatto che il pilot di questo prequel è tutto sommato un episodio effettivamente godibile, che scorre bene, con tutti gli elementi al posto giusto, e in cui il primo omicidio di Dexter riesce effettivamente a smuoverci un senso di feroce giustizia, di vendetta gustosa, di riparazione manichea dei torti, come faceva l’originale.
Forse la questione va guardata da una prospettiva diversa.
Innanzitutto, già l’idea che una serie tv debba “servire” a qualcosa, è arbitraria. La maggior parte delle storie che fruiamo attraverso la tv, il cinema, i romanzi, puntano prima di tutto a intrattenerci.
In questo senso, bisogna rilevare il fatto che il personaggio di Dexter era e resta un unicum. Se è vero che di crime e polizieschi ne escono in continuazione, in tutte le forme possibili, non c’è mai stato un altro Dexter Morgan, né potrebbe esserci in quel modo specifico, perché sembrerebbe solo una brutta copia.
Da questo punto di vista, i fan di Dexter – inteso qui come i fan del suo essere serial killer dei serial killer, i fan della sua quotidianità, prima ancora di qualunque altra storia o evoluzione orizzontale – non possono avere altro che Dexter, perché nessun’altra serie garantisce quelle storie lì, in quella modalità lì, con quel mood lì.
Vista così, Dexter: Original Sin diventa quindi un’operazione nostalgia che va a colmare un buco preciso, che forse non potrà essere riempito nemmeno da Dexter: Resurrection, perché il personaggio adulto, che ne ha già passate tante, non potrà più tornare al suo vecchio lavoro e ai suoi vecchi amici.
Dexter: Original Sin, almeno per ora, sembra quindi una specie di trucco per avere nuove puntate della vecchia Dexter, e per far divertire chi ha dovuto rinunciare a quelle storie e quelle ambientazioni già prima del 2013.
Tutto sommato, non riesco a vederci niente di male.
Perché seguire Dexter: Original Sin: stuzzica la memoria e l’affetto di chi è rimasto molto legato alle prime stagioni della Dexter originale.
Perché mollare Dexter: Original Sin: è difficile che possa aggiungere qualcosa di significativo e memorabile a una storia già molto approfondita.