The Day of the Jackal – Un gustoso Eddie Redmayne assassino di Diego Castelli
La prima stagione di un bel thriller con un premio oscar pronto a calarsi in una parte diversa dal suo solito
Nella maggior parte dei casi, a Serial Minds le recensioni si scrivono all’inizio delle stagioni, più che alla fine, per il semplicissimo motivo che le serie che si cominciano sono più di quelle che si finiscono.
Con The Day of The Jackal facciamo invece al contrario, perché dopo aver perso il treno del pilot mi sono trovato ad apprezzare una prima stagione che, a quel punto, tanto valeva vedere fino in fondo.
Scelta alla fine proficua, considerando che ci sono alcuni dettagli, nell’ultimo episodio di questa prima stagione (la serie è già stata rinnovata per la seconda) che consentono allo show di appuntarsi sul petto un guizzo di originalità non scontata, anche da un punto di vista simbolico.
Faremo quindi qualche spoiler importante, ma solo alla fine e ben segnalati.
Prima di tutto, le basi. The Day of The Jackal, creata da Ronan Bennett e prodotta da Sky (disponibile in Italia, indovina un po’, su Sky), è tratta dall’omonimo romanzo di Frederick Forsyth, che racconta la caccia all’uomo ai danni di un pericoloso e abilissimo sicario.
Dopo due trasposizioni cinematografiche nel 1973 e nel 1997 (il romanzo è del 1962), la serie tv affida il ruolo del killer a Eddie Redmayne, premio oscar per La Teoria del Tutto e attore solitamente ingaggiato per parti da protagonista buono, a volte perfino tenero e simpaticone (come nella saga di Animali Fantastici).
Com’era lecito aspettarsi, la serie non riprende precisamente la trama del romanzo, che era ambientato nella Francia degli anni Sessanta ed era fortemente ancorato alla politica francese dell’epoca.
La base narrativa però è la stessa: gente importante e senza scrupoli assolda lo Sciacallo per un delitto difficile ma ottimamente pagato, e il killer dovrà vedersela sia con la difficoltà del compito, sia con un’agente dell’MI6 (Lashana Lynch) che gli darà la caccia per tutta la stagione.
Parliamo dunque di un thriller d’azione in cui una buona parte di attenzione è dedicata alla descrizione quasi scientifica del “lavoro” del killer, argomento di per sé interessante e, per certi versi, peccaminosamente esotico.
The Day of The Jackal è una buona serie prima di tutto perché è un thriller che fa il thriller.
Prima di piazzare riflessioni e ragionamenti ulteriori, che pure inserisce nel corso dei dieci episodi, è fin da subito un racconto incalzante pieno di ritmo e suspense, che racconta con curiosità quasi nerd il lavoro dello Sciacallo e mette subito in campo la storia parallela fra lui e la donna incaricata di catturarlo, ognuno dei due destinato a inciampare in molti ostacoli lungo il percorso.
Mettere in scena in modo convincente l’abilità dei protagonisti, circondando fin da subito lo Sciacallo di un alone di leggenda ma mostrando contemporaneamente la possibilità, per l’agente Bianca, di riuscire a scoprirne l’identità, diventa lo strumento decisivo per una sfida che, da sola, sarebbe in grado di reggere tutta la narrazione, anche a prescindere da quale sia l’obiettivo dichiarato dello Sciacallo (che è una specie di Elon Musk buono del quale, comunque, ci interessa il giusto).
Costruita e mantenuta ben salda questa tensione, poi la serie si permette di fare piccole ma decisive deviazioni nella vita privata dei protagonisti, riuscendo peraltro a infilare un po’ di suspense anche lì.
Se Bianca è una madre e una moglie costretta dal lavoro a venire meno ai doveri familiari, lo Sciacallo, dal canto suo, ha una compagna e un figlio che non sanno nulla della sua attività, e che coltivano ingenui sogni di vita felice e bucolica. Sogni che, non credo sia un grande spoiler, verranno messo a dura prova nel corso della stagione.
Da questo punto di vista, in maniera quasi obbligata per una narrazione di più ampio respiro come quella delle serie tv, ma anche considerando l’attore scelto come protagonista, questa The Day of The Jackal è una storia che scava più che in passato nella psicologia dei suoi personaggi, mettendoli di fronte a contraddizioni laceranti. Lo Sciacallo, quindi, non è solo una macchina di morte, ma un essere umano a trecentosessanta gradi che nonostante l’addestramento militare e un certo cinismo di fondo, deve effettivamente fare i conti con quesiti di ordine morale che diventano tanto più pressanti quanto più le due sfere (lavorativa e personale) sfumano una dentro l’altra.
È però importante sottolineare che, a conti fatti, il protagonista di questa serie è un cattivo, e questo concetto è meno banale di quanto possa sembrare al primo sguardo.
Per spiegare perché, però, è necessario fare qualche spoiler più serio.
DA QUI SPOILER SUL FINALE
Una regola che vale sempre nelle narrazioni audiovisive, è quella che spiega come il racconto di una peripezia spinga lo spettatore a sperare che quella peripezia trovi compimento, a prescindere dal suo valore morale. Per dirla in altro modo: se il protagonista della storia è un ladro, noi vogliamo che il suo furto riesca.
Allo stesso tempo, però, in molti casi abbiamo comunque la percezione di quanto sia intimamente importante per noi che il cattivo venga sconfitto: nel romanzo originale e negli altri film, lo Sciacallo muore, e malgrado ci piaccia vederlo mettere in difficoltà i poliziotti, poi siamo contenti che effettivamente venga sconfitto. Abbiamo accettato che la sfida fosse difficile, ma alla fine il mondo deve ritrovare il suo ordine. Unica (frequente) eccezione riguarda quelle storie in cui il criminale protagonista è anche simpatico e, meglio ancora, non-così-cattivo-dai.
In The Day of The Jackal, invece, questo non succede. La forma seriale, che in questo caso già prevedeva una seconda stagione, ha fatto sì che lo Sciacallo sopravviva al termine della prima. Ma non solo: riesce anche a uccidere l’agente dell’MI6 che era stata sua co-protagonista fino a quel momento.
Non è una cosa banale, soprattutto perché, anche nell’ultimo episodio, gli autori non vogliono lasciare dubbi sul fatto che lo Sciacallo (per quanto innamorato della fidanzata e dotato della faccia di Eddie Redmayne) sia un bastardo vero: nel corso della stagione sono molte le persone innocenti che uccide, e le ultime sono due poveri anziani che hanno avuto la sfiga di trovarsi sul suo percorso, tentando una minima ribellione. E questo senza contare la povera Bianca, che sempre nell’ultima puntata ci viene mostrata in tutta la paura di madre alla prospettiva che il suo dovere possa portarla a non vedere mai più la figlia.
Al di là dell’essere un bel thriller con tutte le sue cosine a posto, The Day of The Jackal è dunque capare di sfidare la nostra moralità e il nostro ruolo di spettatori in modi piuttosto originali, anche molto più originali di una Dexter, in cui il killer protagonista si proponeva di uccidere solo i malvagi.
Lo Sciacallo no, è un bastardo vero, con qualche sfumatura ma a conti fatti davvero meritevole di morte o galera. Seguire le sue avventure, appassionarci ad esse, e dover gestire la contraddizione fra il desiderio che proseguano e la consapevolezza di ciò che significa, ci coinvolge e ci sfida in maniera più profonda e feroce rispetto alla maggior parte degli altri thriller sulla piazza.
FINE SPOILER
A conti fatti, dunque, The Day of The Jackal va promossa senza troppe riserve. Ben concepita in ogni aspetto, saldissima nella narrazione e nel ritmo, efficace nelle interpretazioni (Redmayne è stato candicato come miglior attore ai prossimi Golden Globe), capace pure di coinvolgere il proprio pubblico con modalità ed emozioni parzialmente impreviste.
La seconda stagione mi fa un po’ paura, perché se è vero che la prima termina almeno in parte con un cliffhanger, è però evidente che il personaggio ha già percorso un arco discretamente ampio, al punto da lasciare il timore che la prossima stagione possa essere troppo simile alla prima.
Ma ce ne preoccuperemo a tempo debito.
Perché seguire The Day of The Jackal: è un thriller vero, preciso in ogni sua componente, che non rinuncia nemmeno a qualche riflessione più profonda.
Perché mollare The Day of The Jackal: se siete troppo scombussolati dall’idea che un faccino come quello di Eddie Redmayne si metta a fare cose brutte brutte.