Citadel: Diana – Tipo la versione action de Gli Occhi del Cuore di Diego Castelli
Lo spin-off italiano della già non memorabile serie di Prime Video fa calare ulteriormente il livello, a parte Matilda De Angelis
Era fine aprile del 2023 quando vedemmo i primi due episodi di Citadel, serie di Prime Video con protagonisti Richard Madden e Priyanka Chopra. Gli ex Game of Thrones e Quantico interpretavano due agenti di un’organizzazione segreta, Citadel appunto, rimasti senza memoria e chiamati a tornare in azione quando la pericolosa organizzazione criminale Manticore minacciava di conquistare il mondo, distruggendo proprio Citadel.
La serie si presentava piena di ambizioni, con la mano dei fratelli Russo (registi degli Avengers), un budget enorme (tipo il più alto di sempre per una serie tv o quasi) e un ambizioso progetto internazionale che avrebbe previsto la nascita di vari spinoff locali con altri agenti di Citadel pronti a combattere Manticore sul loro suolo natio, costruendo così un grande mosaico spionistico di guerra totale fra agenti segreti, con l’ovvio (credo) intento di costruire poi dei gustosi crossover e team-up in stile Marvel.
Al primo giro, quella montagna così grandiosa aveva prodotto un topolino: la prima stagione di Citadel pareva già vecchiotta, non particolarmente appassionante, e francamente nemmeno così ricca e visivamente spettacolare come il budget faceva sperare.
Ora è arrivato il primo spin-off, dedicato proprio alla nostra Italia e con protagonista Matilda De Angelis.
E non è andata benissimo.
Nel tentativo evidente di costruire una struttura a prova di scemo, anche Citadel: Diana prevede la sfida fra Citadel e Manticore, in un dualismo fra buoni e cattivi che sa di fumetto anni Cinquanta.
In questo caso, un’agente di Citadel (la Diana del titolo, interpretata dalla nostra De Angelis) è stata inflitrata fra le fila di Manticore, e lì rimane anche dopo la quasi totale distruzione della sua agenzia, costretta quindi a cercare di capire cosa fare, a chi rivolgersi, come agire.
Il tutto raccontato alternando il presente al passato del reclutamento e poi addestramento di Diana, lasciando anche qualche dubbio sul fatto che la donna, in effetti, faccia ancora parte dei buoni.
La nuova serie non è italiana solo “in teoria”, come ambientazione e protagonisti. Le maestranze sono in larga parte italiane, dal creatore Alessandro Fabbri, alla squadra di sceneggiatori/trici, al regista, a una parte del cast, che oltre a Matilda De Angelis comprende anche nomi come Maurizio Lombardi (che abbiamo apprezzato moltissimo in Ripley), qui nei panni di un produttore di armi affiliato a Manticore, e Filippo Nigro, volto notissimo della fiction italiana che interpreta l’addestratore di Diana fra le fila di Citadel.
Mentre scrivo queste righe ho già scorso un paio di recensioni per lo meno indulgenti, ma dal canto mio temo di dover essere netto e preciso come (voi lo sapete) mi capita di rado.
Per quanto mi riguarda, Citadel: Diana è una poracciata inguardabile, un prodotto imbarazzante in praticamente tutte le sue componenti.
A livello di scrittura è proprio una fiction italiana della peggior specie, teatrale e didascalica, con la povera Matilda De Angelis costretta a declamare dialoghi da Rai Uno come se fosse sul palco di una fiera di paese.
Da un punto di vista visivo, stanzoni vuoti privi di qualunque barlume di realismo vengono riempiti di ologrammi e interfacce grafiche che, nell’ambientazione del 2030, dovrebbe darci l’idea di un qualche futuro fantascientifico, ma sembrano una fantascienza partorita nel 2000, già vecchia, superata, cartoonesca.
I cattivi sono macchiette, Diana è un’eroina complessata e ombrosa che sembra tirata fuori da un manualetto di sceneggiatura ormai polveroso, e il tentativo di collegare questa serie all’originale in attesa poi della versione indiana che arriverà a dicembre, si riduce a pochi riferimenti che sembrano più degli easter egg buttati lì un po’ a caso.
Di fronte a questa assoluta povertà di idee e di mezzi, si finisce poi col notare anche cose più piccole, che in un contesto dal carisma più evidente avremmo forse non notato, o addirittura apprezzato nella loro verve fumettistica, ma che qui invece suonano completamente stonate.
Il primo esempio a venire in mente è la pettinatura di Diana, questa specie di caschetto con due altezze diverse che rende vistosissimo il volto di Matilda De Angelis ovunque vada, cosa che rende ridicola ogni scena in cui la nostra dovrebbe prodursi in un pedinamento in cui, in teoria, non dovrebbe essere notata.
Naturalmente dovremmo poi citare il fatto che sussurrano tutti, una caratteristica dura a morire della serialità italiana, e che mette in luce un problema semplicissimo: che i nostri sono complessivamente meno bravi degli americani, sempre capaci di riempire la scena non solo con la propria presenza fisica, ma anche con quella vocale.
Vi giuro che qui ci sono dei momenti in cui non si capisce quello che dicono.
E se volessimo spostarci dal particolare interno al particolare esterno, non si capisce perché Prime Video (che su questo tema mostra una discreta confusione ormai da anni) abbia deciso di rilasciare le puntate tutte in una volta, quando evidentemente sono state scritte per essere fruite una volta a settimana, cosa che peraltro avrebbe reso più sensato l’avvicinamento al prossimo spin-off.
Nello stupirmi di alcune recensioni positive viste altrove, sono andato a leggere trovando elogi alla messa in scena e alla capacità della serie, forte della produzione internazionale, di elevarsi dallo standard italiano, che peraltro in questo genere nemmeno c’è, nella misura in cui di serialità action ne produciamo davvero poca.
E sarà forse questo, cioè l’evidente differenza strutturale di questa serie rispetto al resto della produzione nostrana, ad aver gettato un po’ di fumo negli occhi. Perché per quanto mi riguarda, il problema è che semplicemente non è vero. Non c’è nessuna elevazione, anzi, Citadel: Diana è proprio una brutta fiction italiana, che casualmente si è trovata ad avere qualche soldo in più, cosa che non le ha impedito di apparire sciatta, smorta, totalmente non credibile. Il fatto che faccia parte di un franchise teoricamente così importante non è altro che un’aggravante.
Ora vediamo cosa sarà dello spinoff indiano, che forse, se conserverà qualche elemento dell’audiovisivo di quelle parti, sarà più esagerato e caciarone, e magari divertente.
Ma l’impressione è che questo progettone dei fratelli Russo sia semplicemente nato male e cresciuto peggio, e io mi sarei già ampiamente stufato.
Perché seguire Citadel: Diana: boh, forse che Matilda De Angelis resta una bella figliola?
Perché mollare Citadel: Diana: per l’imbarazzo che si prova in quasi ogni scena.