La versione di Tina – Quando espatriare è l’unico modo di cuccare di Vale'n'Tina
La magia della Potato International World Cup
Espatriare.
Un rito misterioso e taumaturgico che dona a chi lo pratica possibilità inaspettate e sorprendenti, un balsamo per l’anima di poveri sventurati e giovani donzelle fino a quel momento rifiutate.
Cosa sto dicendo?
Non lo so nemmeno io; ieri ho mangiato al ristorante cinese e da allora non sono esattamente me stessa.
Nooo sto scherzando.
Oggi vi voglio parlare di un fenomeno che mi è recentemente capitato di osservare, fenomeno che trova la sua capostipite in Jen Lindley.
Cara Jen, tu arrivasti a Capeside raccontando a tutti di aver fatto la vita a NY; eri figa solo te, avevi provato tutte le droghe di questo mondo e di quell’altro, ti eri limonata tutto l’Upper East Side e portata a letto tutto l’Upper West.
Vabbè… chitticrede? Io no.
Dai, cammini zoppicando come se avessi incastrato nel deretano un corpo estraneo (che -dato quello che dici del tuo passato- potrebbe anche essere vero) e sei troppo uguale ad un ornitorinco per riuscire a farmi credere che Manhattan ti avesse assegnato la nota e agognata Potato International Gold Cup.
Non vi pare?
Comunque, a prescindere da come andò ante Capeside, il fatto è che tu – pur col tuo incedere claudicante e la tua faccetta buffa- una volta arrivata nella cittadina fondata da Freud facesti manbassa di gay, ragazzotti biondi affetti da iperverbosità, giovani che sarebbero stati normali fossero vissuti non in quel telefilm ecc.
Perché? Com’è possibile?
Espatriare! Ecco la parola chiave.
Cambiare nazione è il massimo della vita da questo punto di vista, ma anche il semplice frequentare altre città porta i suoi benefici. Cambiando luogo d’azione veniamo percepiti come l’animale esotico, la creatura inaspettata e immediatamente le nostre quotazioni s’impennano.
True story ragazzi, true story. Qualche giorno fa mi trovavo a gironzolare per le vie della capitale accompagnandomi con un amico, milanese tanto quanto la sottoscritta.
Sorvolo sugli apprezzamenti gridati all’indirizzo della mia persona dato che sono una donna umile e di classe (in ogni caso: come darvi torto, buongustai!); sono invece rimasta sconvolta dalla quantità di donne che ci hanno provato con l’amico mio: tre.
Esattamente due in più di quante ci abbiano mai provato con lui in un’intera vita spesa a Milano.
Per non parlare di tutti quegli inglesi un po’ flaccidi e bianchicci che ogni estate, spiaggiata in qualche sperduto litorale, mi sorprendo a ritenere quanto di più figo sia mai stato concepito. Salvo poi andarli a trovare nella loro madre patria qualche mese più tardi e accorgermi che sì, certi inglesi sono fighi. Ma non quello che ho incontrato io.
L’uomo e la donna osservati nel loro habitat naturale non saranno mai e poi mai desiderati tanto quanto lo sarebbero in un altro continente. Jen docet.
Infatti, manco a farlo apposta, domenica parto per l’America. Sì lo so che in quanto ragazza moderna non sta bene credere ancora nell’amore e nei rapporti di coppia e tutte quelle cose lì, ma che posso farci?
Comunque, con questo post volevo dirvi che ciao, mi mancherete, e per le prossime tre settimane non so se e quanto riuscirò a donarvi le mie perle di saggezza.
Nel dubbio, credo sia bene lasciarvi con alcuni consigli e raccomandazioni:
-donne, attente ai Friggitori di Patate, ai Pozzi d’Ingratitudine e tutte quelle brutte brutte categorie di ommini sviscerate nella seconda lezione del seminario.
-uomini, mettetevi una mano sulla coscienza (sulla coscienza ho detto!) e smettete di essere Friggitori di Patate, Pozzi d’ingratitudine e tutte le altre brutte categorie.
-continuate a seguire Serial Minds nonostante il senso di vuoto incolmabile e mancanza devastante che proverete davanti alla mia assenza; sarà dura, lo so, ma passerà presto.
-usate la crema solare e fate il test per capire il vostro fototipo di pelle, bevete tanta acqua e non esponetevi al sole nelle ore più calde. Dato che tra poco chiunque inizierà a dirlo, volevo fare da apripista.
A presto!