15 Maggio 2024

Bodkin su Netflix – Beh però al Villa piace di Diego Castelli

Una cittadina piena di segreti, un podcaster in cerca di storie, e un vecchio giallo tutto da scoperchiare

Pilot

Se ci seguite sul nostro podcast Salta Intro (e non capisco perché non dovreste) e sulla sua costola in abbonamento Salta Intro+ (ok qui capisco di più se non seguite, però insomma, fate una riflessione ulteriore) vi sarete accorti di una specie di gag che sta andando avanti da settimane, e che trova sempre nuove conferme a ogni uscita seriale.

In pratica, io e il Villa stiamo invecchiando, e questo invecchiamento trova conseguenza abbastanza immediata nel nostro gusto seriale, in positivo o in negativo. Io per esempio non riesco più ad appassionarmi ai teen drama come facevo una volta, mentre il Villa è sempre più attirato dalle serie crime molto classiche, quelle con un’indagine con un inizio e una fine, senza eccessivi fronzoli, legate al tradizionale meccanismo del “chi è stato?”.

È per questo che oggi parliamo di Bodkin, una serie di Netflix sulla quale io vi dirò delle cose, estrapolandone un giudizio, a cui dovrete fare la tara-Villa: a lui è piaciuta una tacca in più proprio perché accarezza la sua comoda anzianità filo-crime.

Bodkin è creata da Jez Scharf e prodotta dalla Higher Ground Productions, che è la casa di produzione fondata dai coniugi Obama qualche anno fa. Ve lo dico come curiosità, visto che nella trama e nella messa in scena non c’è niente che faccia pensare a loro.

La storia è quella del podcaster Gilbert Power, interpretato da Will Forte, che per il suo podcast true crime vuole andare in un piccolo paesino irlandese dove un quarto di secolo prima sono scomparse alcune persone durante una festa di Halloween (tecnicamente non è Halloween, ma insomma, 31 ottobre, demoni, streghe ecc).

Con lui vanno in Irlanda anche l’assistente/ricercatrice Emmy (Robyn Cara) ma soprattutto la giornalista investigativa Dove (Siobhán Cullen), che ha origini irlandesi ma viene spedita controvoglia insieme a Gilbert dopo che la morte di un suo informatore a Londra. Insomma, la mandano a prendere aria.

Non credo di fare un grande spoiler se dico che, arrivati nella cittadina di provincia in cui Gilbert spera di trovare materiale narrativo per il suo podcast e un sapore di vera Irlanda di una volta, le cose non vanno come previsto: la vecchia storia non è poi così vecchia, il paesello nasconde molti segreti, e quello che doveva essere il semplice racconto di un vecchio “cold case” diventa una vera e propria indagine fatta di segreti, omertà, morti improvvise e vecchie storiacce da rimestare.

Ed è qui che Bodkin diventa un giallo fatto e finito, di quelli con tanti personaggi da conoscere (e sospettare), tre personaggi che si rimpallano idee, scoperte, ragionamenti, e l’aderenza a un genere molto codificato, cioè quello, per l’appunto, della cittadina di provincia che pare tanto sicura e quieta, e invece nasconde verità inconfessabili.

Anzi, a dirla tutta Bodkin è… ancora più giallo del previsto, perché una certa leggerezza dei trailer e la presenza di Will Forte (che di mestiere è soprattutto un comico) facevano pensare a una serie quasi comedy, potenziale risposta di Netflix a Only Murders in The Building (anche per la questione dei podcast).
In realtà non è così, perché qualche momento di alleggerimento effettivamente c’è (Bodkin non è The Killing), ma allo stesso tempo il genere è proprio quello del crime, senza ibridazioni così vistose.

Ed è qui, in questo intervallo relativamente piccolo, che si gioca tutta la partita del gusto. Bodkin è un buon giallo, favorito da un’ambientazione affascinante (l’incontro, che a volte diventa scontro, fra l’America e l’Irlanda è la base della maggior parte della vena comica della serie), con tre protagonisti abbastanza diversi da creare un bel ritmo e dinamiche interessanti, ma non così stereotipati da risultare macchiette (oddio, forse un po’ all’inizio, ma niente di scandaloso).

Allo stesso tempo, è pure una serie che sembrerebbe avere le potenzialità per essere più ricca e variegata, ma sceglie di non esserlo, come se tenesse il freno a mano tirato su tutto ciò che non è “quel genere lì”. Senza contare che, nei primi due episodi, serve un taccuino per tenere conto di tutti i personaggi introdotti, alcuni con nomi molto simili (ce n’è pure uno che ha lo stesso cognome del protagonista, casualità ben spiegata anche all’interno dello show, ma comunque “strana” da ascoltare).

Vi confesso che non ho visto Bodkin fino alla fine, non interamente. Sono arrivato a metà, non avevo più voglia, e ho guardato saltando qui e là gli episodi rimanenti, nel caso in cui arrivasse una qualche sorpresa alla Sugar (poi di questo dovremo riparlare nei prossimi giorni).

Non mi sembra di aver visto niente di clamoroso, e riprova del fatto che Bodkin è proprio un classico giallo, venduto da Netflix come si fosse qualcosa di più, ma che in fondo rimane nel suo solco. Un solco nobile, di grande tradizione, che ha tuttora un suo pubblico molto vasto di cui fa parte anche il Villa, e che credo possa trovare in Bodkin tutto quello che serve per qualche ora di intrattenimento divertente. Se poi vi piacciono i podcast true crime, qui potete pure assistere a una specie di “dietro le quinte” che può aggiungere un’ulteriore tacca di interesse.

Per me che invece non faccio parte di quel pubblico, si tratta di una serie come tante, e un po’ dispiace perché mi avevano fatto venire un’acquolina diversa.
Ma è il gioco del marketing, capita.

Perché seguire Bodkin: è un gialletto su sfondo irlandese che può divertire facilmente gli amanti del genere e, soprattutto, dei podcast true crime.
Perché mollare Bodkin: se non avete già un interesse specifico per i gialli-nella-cittadina, Bodkin non fa moltissimo per darvi ulteriori appigli.



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