Pesci Piccoli – Su Prime Video la serie dei The Jackal di Diego Castelli
A guardare bene, sono quasi vent’anni che i The Jackal scorrazzano per internet. Di fatto, sono uno dei primi fenomeni italiani di YouTube, di cui iniziarono a calcare le scene virtuali praticamente fin dalla sua fondazione. A differenza di molti altri, però, i The Jackal sono stati capaci di uscire dalla sola cornice degli youtuber, per arrivare a un più ampio e più rinomato concetto di creatività: sono comici a tutto tondo, capaci di spaziare dalle single gag internettiane al cinema, passando per la tv e, forse uno dei loro risultati più interessanti, per forme di pubblicità davvero creativa e divertente, che ne fanno, per certi versi, fra i pubblicitari più amati d’Italia.
E a giudicare dalla loro ultima creatura, la serie Pesce Piccoli per Prime Video, l’esperienza come creatori di pubblicità e influencer deve essere servita parecchio: al centro dello show creato da Francesco Ebbasta (fra i fondatori del gruppo insieme a Ciro Priello) c’è proprio una piccola agenzia in cui i nostri (nello specifico il citato Priello, Fabio Balsamo, Gianluca Colucci in arte “Fru”, e Aurora Leone) sono creativi chiamati a produrre spot e post social per questa o quella azienda, sotto le direttive di una nuova capa declassata dalla sede centrale (interpretata dall’esordiente Martina Tinnirello) e per questo rigida e incazzata.
Nelle interviste di rito in occasione del lancio della serie, Francesco Ebbasta non ha nascosto l’omaggio che Pesci Piccoli tributa a tante sitcom ambientate sul posto di lavoro, a partire da The Office che uno degli episodi cita esplicitamente, essendo girato in stile mockumentary.
Chiaro che però siamo in Italia, e stiamo parlando di una serie che è davvero dei The Jackal, in termini di stile comico ma anche di gestione dei personaggi.
Non è difficile ritrovare, in caratteri che hanno gli stessi nomi degli attori che li interpretano, gli stessi punti di forza e “riconoscibilità” che già conosciamo: Ciro è quello più buono e ingenuo, sempre pronto a scoprirsi estasiato di fronte alle grandi verità della vita; Fabio, in mezzo a un cast molto napoletano, è il più napoletano di tutti, per cadenza dialettale e per il debito che la sua mimica e la sua comicità portano ai grandissimi della tradizione comica partenopea; Fru è il nerd surreale che si fa carico di tutte le gag più assurde e di un cinismo di facciata sempre incalzato da una tenerezza di fondo; Aurora è la ragazza del gruppo, forse meno smaccatamente caratterizzata sul piano comico, ma capace di portare una vena femminile più realistica, di un realismo che, nel corso della stagione, diventa esso stesso oggetto di riflessione comico-sociale.
E Pesci Piccoli, in effetti, riesce a divertire. Se i maestri dichiarati sono quelli di The Office, io trovo pure difficile non vederci un po’ di Bill Lawrence (Ted Lasso, Scrubs) nell’intenzione piuttosto esplicita di essere non solo comici, ma anche buoni, coccolosi, dolci senza diventare dolciastri.
Nel far scontrare un ambiente di lavoro piccolo e provinciale, ma anche vero, genuino, in cui tutti a fine giornata si voglio bene, con l’idea di lavoro competitivo e stressante portata da Greta, la nuova capa, i The Jackal ci mostrano la loro ovvia preferenza per il primo, ponendosi come esempi viventi del fatto che si possa avere successo senza diventare stronzi.
Anche se poi, a conti fatti, i protagonisti di Pesci Piccoli non ci puntano nemmeno così tanto, al successo. Per loro i rapporti umani vengono prima, e la boccia delle merendine (dove ognuno può piazzare dei dolcetti sentendoli annunciare enfaticamente dal simpatico Marione) o la scelta dei regali da scambiarsi in ufficio sono riti più importanti della costruzione di un posto di lavoro super-serio e asettico.
Ora non vorrei nemmeno metterla giù troppo dura: in Pesci Piccoli non sembra di vedere chissà quale intenzione di commento sociale, ma piuttosto la voglia di costruire un intrattenimento simpatico e leggero che suoni almeno in parte vero, che tocchi corde universali, senza mai prendersi troppo sul serio.
Credo che la sua migliore qualità sia proprio questa, quella di sfruttare i punti di forza dei suoi protagonisti per garantire improvvise botte di follia e comicità sapientemente sgangherata, al punto che ci si trova ad esplodere di riso in momenti spesso inaspettati, dove si stava semplicemente seguendo la trama. D’altronde, una parte importante della comicità dei The Jackal sta anche qui, in una verve fisica e dialettica che al netto dei concetti funziona per ritmo, fisicità, tempismo.
(Anche se il mio preferito resta quello più cerebrale, cioè Fru: a mio gusto, le sue gag strampalate, spesso legate a un nozionismo di maniera e a una mente tanto creativa quando legata a precisi schemi e pattern ripetuti, sono le migliori della serie.)
Mi viene spontaneo fare anche un paragone con Call My Agent Italia, che al netto della sua origine estera ha diverse aree di intersezione con Pesci Piccoli: in entrambi i casi si parla di agenzie che si occupano di comunicazione (seppur con sfumature diverse), e si racconta un mondo lavorativo fatto di imprevisti, relazioni, e pure di guest star (ce ne sono di sfiziose anche nella serie di Prime Video).
In questo confronto si vede uno dei due difetti che mi sembrano più vistosi in Pesci Piccoli: Call My Agent, anche perché non è una comedy pura, aveva uno sviluppo narrativo di più ampio respiro, più articolato e coerente nel corso dei vari episodi.
In Pesci Piccoli, per esempio, accade che la stronza Greta sia stronza all’inizio dell’episodio 1, e poi molto meno alla fine della stessa puntata, per poi tornare stronza all’inizio del 2, e via così, in un saliscendi che mette in luce una buona capacità di creare l’alchimia comico-pucciosa cercata dalla serie, ma un polso meno saldo quando si cerca di spalmarla per bene su più episodi.
Il secondo difetto è che probabilmente mi aspettavo qualcosa in più in termini di “densità comica”, nel senso che da un gruppo famoso per fulminanti sketch di tre minuti, sei portato ad aspettarti sketch fulminanti ogni tre minuti anche in episodi che ne durano ventisette.
È però una pretesa probabilmente ingiusta, considerando che parliamo di strutture narrative diverse, e che costruire una storia che duri mezz’ora (e che abbia una coerenza e un senso) offre delle opportunità ma pone anche dei paletti.
Più importante è riconoscere a Pesci Piccoli la capacità di essere una comedy ad alta digeribilità, fresca e rilassante, che offre al suo pubblico personaggi che probabilmente già conosce e ama, senza rovinare in alcun modo quell’affetto.
Credo esista tuttora un margine di miglioramento, da verificare nell’auspicabile seconda stagione, ma al momento Pesci Piccoli è una comedy italiana che riesce effettivamente a far ridere e a farti stare bene dall’inizio alla fine.
Scusate se è poco.
Perché seguire Pesci Piccoli: la verve dei The Jackal viene messa al servizio di un genere codificato e sempre gradevole. Si ride e ci si diverte.
Perché mollare Pesci Piccoli: se per qualche motivo non vi piacciono i The Jackal, questa è palesemente una serie dei The Jackal.