Citadel su Prime Video – Un sacco di fumo, pochissimo arrosto di Diego Castelli
L’ambiziosa serie prodotta dai fratelli Russo si schianta in una palude di banalità e cliché visti e stravisti
Sarà l’esperienza, saranno una serie di piccoli e grandi indizi che era difficile non cogliere, sarà il fatto che quest’anno Prime Video aveva già preso una stecca clamorosa con Rings of Power (sempre a fronte di un budget faraonico), fatto sta che stavolta non siamo riusciti a essere sorpresi: i primi due episodi di Citadel, la nuova serie di Amazon costata un botto e anche qualcosina in più, sono stati molto, molto al di sotto delle aspettative. O meglio, sono stati in pari con le aspettative che avevamo deciso di abbassare, ma insomma, non è andata benissimo comunque.
Creata da Josh Appelbaum, poi sostituito in corsa dallo showrunner David Weil (già creatore di Hunters), ma soprattutto prodotta dai fratelli Anthony e Joseph Russo, registi di Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, Citadel è una serie action-spy-fantascienza-comedy-èunpodipiùcosafacciolascio? che era stata a lungo pubblicizzata come una delle serie tv più costose della storia, nonché la punta di un progetto molto ambizioso che dovrà creare serie parallele in varie parti del mondo: sono già stati annunciati lo spinoff indiano, spagnolo, messicano e sì, anche italiano, che vedranno la luce nei prossimi mesi.
Insomma, una montagna produttiva e finanziaria che puntava a essere il grande botto del 2023. Solo che, per ora, quella montagna ha partorito il proverbiale topolino.
Citadel racconta di un nostro mondo presente in cui si contrappongono due forze tanto segrete quanto poderose: da una parte Citadel, un’agenzia spionistica che non fa capo ad alcun paese, ma esiste da sé in nome del Bene. Dall’altra Manticore, il corrispettivo malvagio di Citadel, una sorta di sindacato dei criminali di mezzo mondo.
La serie prende le mosse da un violento attacco mosso da Manticore a Citadel che porta alla quasi totale distruzione dell’agenzia.
“Quasi” perché alcuni agenti riescono effettivamente a sopravvivere, a e noi ne interessano tre: Mason Kane, interpretato da Richard Madden (ex Rob Stark di Game of Thrones); Nadia Sinh (Priyanka Chopra, nata miss e modella, poi prestata alla recitazione e già protagonista di Quantico); Bernard Orlick (interpretato da Stanley Tucci).
Se Mason e Nadia sono due spie d’attacco, gente che lavora sul campo con nervi saldi, pugni d’acciaio e mira infallibile, Bernard è il nerd dietro le quinte, quello che organizza i piani e osserva non visto che tutto funzioni come deve. Non solo, è anche quello che dopo il primo, terribile attacco di Manticore, va a recuperare gli altri due, che nel frattempo hanno perso la memoria e si sono costruiti vite alternative che durano ormai da qualche anno.
La ri-formazione del dinamico trio è il primo motore della storia, perché diventa un tre contro tutti per fermare le operazioni di Manticore, che è già riuscita smantellare Citadel, ma non a mettere le mani su tutte le informazioni conservate dall’agenzia, con le quali potrebbe sostanzialmente dominare il mondo.
A me capita spesso, su queste pagine, di usare il termine “compitino”. Lo rispolvero ogni qual volta una serie mostra di voler fare le cose per bene, senza però rischiare troppo, rimanendo nella comfort zone delle regole di genere, limitandosi a produrre un intrattenimento onesto, privo però di guizzi memorabili. A seconda dei contesti, più essere visto più come un piccolo elogio o un gentile rimprovero.
Ecco, vale la pena di usare il termine anche per Citadel, che però ce lo presenta in un’accezione diversa dal solito. Non è tanto questione di non rischiare, di fare le cose in maniera semplice ma efficace. Siamo piuttosto di fronte al tentativo quasi scientifico di piacere a tutti ma proprio a tutti, usando strumenti narrativi e visivi di comprovata efficacia, per la creazione di un kolossal seriale che, al netto delle potenziali complicazioni della trama (anche in vista degli spinoff), DEVE rimanere comprensibile in ogni momento, senza rischi di confusione.
Però raga, troppo!
I primissimi minuti di Citadel sono già un campanello d’allarme, con Madden e Chopra impegnati nel classico dialogo fra spie fascinose, che non presenta nemmeno mezza virgola che non si sia già vista in ottocento film spionistici del passato. Il tutto sopra un treno lanciato in mezzo alle Alpi, in cui il paesaggio esterno è figlio di un green screen evidentissimo (ma tutti i soldi dove sono?).
Poi parte l’azione, ci si comincia a menare e sparare, il ritmo ne guadagna e il divertimento pure, ma nel resto dei due episodi non c’è letteralmente niente che ci stupisca: il cliché dell’eroe che perde la memoria è vecchio come il cucco; i combattimenti sono eseguiti decentemente, ma niente di nuovo sotto il sole; l’idea di una valigetta contenente mille mila informazioni preziose è un espediente che forse vuole essere “così banale da fare tutto il giro e diventare interessante”, e invece resta solo banale; la scena con cui Mason recupera la suddetta valigetta è di una pochezza ideativa imbarazzante (letteralmente entra nell’edificio pieno di cattivi e la prende); le donne menano con la stessa forza e agilità degli uomini, in uno slancio egualitario magari encomiabile dal punto di vista etico, ma poco interessante in termini artistici, perché per nulla credibile e incapace di sfruttare le differenze fisiche per creare una reale diversità di approccio alla lotta.
Si potrebbe andare avanti con gli esempi, ma avete capito il senso.
Nel suo tentativo di essere ritmata e comprensibile, Citadel ottiene l’effetto di essere incredibilmente didascalica. La voglia di essere a prova di scemo finisce col farci sentire scemi, perché l’intreccio, i dialoghi, le idee che creano l’impalcatura della storia, sono talmente vecchie e bambinesche che mi aspetterei di trovarle in uno show di Disney Channel (magari giusto con meno sangue in giro).
Considerazioni simili per il cast: Madden e Chopra sono bellissimi, ma hanno anche una faccia di granito, priva di qualunque sfumatura, sono bambolotti che trottolano per entrambi gli episodi, compiendo le loro funzioni nella maniera più semplice possibile, con pochissime invenzioni.
Ci si aspetterebbe, per esempio, di vedere molta differenza fra il Mason spia-che-picchia-tutti, e il Mason smemorato che non ricorda più chi è. Invece, con la scusa del “massì, hai la memoria muscolare”, basta davvero poco perché il personaggio torni a essere sostanzialmente quello di un tempo.
A salvarsi è solo Stanley Tucci, ma solo perché lui ha un carisma talmente pazzesco da riuscire a imporlo anche su un personaggio che, come gli altri, rientra in un canone ormai molto datato, da cui non ci si discosta neanche di un centimetro.
Sul fronte della messa in scena, poi, c’è poco e niente. Le sequenze d’azione sono estremamente ordinarie, cose che ci avrebbero colpito solo se fossimo nel 2005 e stessimo guardando una serie da tv generalista.
Citadel non ha una vera anima visiva, uno stile riconoscibile al primo sguardo (a parte una quantità assurda di lens flare, cioè i riflessi sull’obiettivo, che faranno commuovere JJ Abrams), una creatività che vada oltre l’inquadrare per benino le facce degli attori belloni.
Di fatto, è lo specchio visivo della sua banalità narrativa: tutto normale, tutto tranquillo, non sia mai che qualcuno possa prendersi male.
Giusto come ultima precisazione, vale la pena dirsi che mi è capitato, su Serial Minds, di elogiare anche i compitini. Per quanto siamo tutti in costante attesa delle novità che ci mandino in pappa il cervello, ho sempre sostenuto che se una serie riesce a intrattenere in modo onesto, nel suo genere di appartenenza, va benissimo così.
Con Citadel però il discorso non vale. E non perché non ci siano dentro degli elementi di intrattenimento efficaci: è una serie talmente dritta, talmente facile, che divertirsi allegramente con la sua spy story action non è certamente un’ipotesi impossibile.
Il tema qui è non solo l’ambizione del progetto, che ci fa storcere il naso di fronte a due episodi molto ordinari, ma che potrebbe importare poco a chi non sta a leggersi gli articoli e le notizie prima di premere play su una piattaforma.
Il problema è più specifico: guardare i primi due episodi di Citadel è un’esperienza che non lascia niente, che ci scivola via di dosso come se nulla fosse accaduto. E non per qualche specifico “errore”, ma proprio per una volontà di totale internazionalismo che alla fine si è rivelata una lama a doppio taglio: così attenta a non sbagliare niente e a non mettere in crisi nessuno, che a conti fatti non ci sentiamo in alcun modo sfidati.
Non c’è passione, non c’è inventiva, non c’è sorpresa.
Andrò avanti con la visione perché, volendo scrivere decentemente su un sito di serie tv, il progetto è troppo importante per lasciarlo perdere subito. E Citadel sarà certamente più facile da seguire di certi mattoni pretenziosi che abbiamo guardato in passato.
Ma per scaldarci il cuore serve davvero ben altro, e la brutta impressione è che Citadel non abbia nemmeno intenzione di provarci.
Perché seguire Citadel: è un action-spy super semplice che potrebbe divertire senza impegno.
Perché mollare Citadel: è un progetto di grandi ambizioni che, a conti fatti, si concretizza in una serie scolastica e dolorosamente banale.