27 Aprile 2023

Drops of God – Apple TV+, la serie sul vino rischia di diventare aceto di Marco Villa

Una sfida all’ultimo assaggio di vino per conquistare un’eredità da sogno: l’idea di Drops of God è buona, ma lo sviluppo zoppica

Pilot

Una prima puntata molto interessante, una seconda che non sono nemmeno riuscito a finire. Ci ho provato una volta, ho interrotto dopo quindici minuti. Ci ho riprovato, ma ho chiuso a dieci minuti dalla fine. E a quel punto anche basta, perché sembra impossibile, ma Drops of God (Nettare degli dei in italiano) è una serie super-indie nel suo primo episodio e la summa della fiction iper-generalista nel secondo. E il male vince sul bene, purtroppo.

Drops of God è una serie di Apple TV+, disponibile da 21 aprile e tratta dall’omonimo anime di Tadashi Agi, pubblicata nell’arco di dieci anni tra il 2004 e il 2014 e ha una storia oggettivamente molto originale. Alexandre Leger è il più importante esperto di vino al mondo: alla sua morte, lascia una collezione di bottiglie che vale 150 milioni di dollari e un testamento molto particolare. La cantina andrà a chi saprà dimostrare di comprenderne il valore: non è una gara aperta a tutti, ma solo a due persone. La prima è la figlia Camille (Fleur Geffrier), con cui il defunto non ha rapporti da anni, anche a causa dell’opposizione dell’ex moglie. Il secondo è Issei Tomine (Tomohisa Yamashita), il suo allievo prediletto. All’apertura del testamento, entrambi assaggiano un bicchiere di vino e poi avranno un mese di tempo per scoprire di che vino si tratta.

Quando parlavo di intreccio originale, non esageravo: in Drops of God l’idea c’è, è innegabile. Nel primo episodio vediamo in che modo si sviluppa tutta la faccenda del testamento e andiamo a scoprire di più sui due personaggi principali, soprattutto Camille. La figlia non è sempre stata lontana dal padre: quando era piccola, i due erano molto legati e l’enologo ha cercato di stimolare fin da subito gusto e olfatto ai livelli più alti, con una serie di test per farle immagazzinare il ricordo di profumi e sensazioni. Quando Camille si è allontanata, evidentemente Alexandre ha cercato un sostituto, trovandolo proprio nel giovane rampollo di ricchissima famiglia Issei, che si scontra costantemente con la madre-manager, che vede nel vino una perdita di tempo e non un investimento sul futuro.

Manca ancora un aspetto di Drops of God, piuttosto interessante: Camille non può bere alcolici, non appena la sua lingua tocca una goccia di vino o altro, lei va in shock e inizia a perdere copiosamente sangue dal naso. Non serve essere fini psicologi per collegare questo rifiuto alla sua biografia, ma questo elemento aggiunge ulteriore particolarità alla sfida e alla serie in generale.

Nel primo episodio, questi mattoncini vengono introdotti in modo molto lineare, senza eccedere con scene didascaliche, ma anzi riuscendo a giocare tutto con una certa naturalezza. E non si tratta certo di poche informazioni, al contrario. Per questo motivo, è grosso lo stupore per quanto avviene nel secondo episodio, quando Camille si reca nella vecchia tenuta dove passava le vacanze da piccola e dove il padre la iniziava alle meraviglie del gusto e dell’olfatto. Camille torna lì per farsi educare alla degustazione e di questo compito è incaricato un suo vecchio compagno di infanzia, che nel frattempo è diventato un energumeno sexy e sensibile come possono essere sexy e sensibili gli esperti di vino francese. Ovvero l’equivalente di un Raoul Bova degli anni ‘90, per giunta accompagnato da moglie bellissima che da subito si mette in competizione con Camille.

E tutto crolla, perché se la costruzione dell’intreccio principale seguiva percorsi molto lineari, qui la linearità diventa esagerazione, facendo precipitare tutto in un polpettone sentimentalone, con psicologie spicciole squadernate a tutta forza. Un cambio di tono e stile troppo repentino per essere metabolizzato, perché tra il primo e il secondo episodio Drops of God diventa tutta un’altra serie. Un cambio che sembra davvero troppo forzato per essere vero. Però è davvero difficile fidarsi dopo un crollo di questo tipo, anche perché rendere di alto livello una serie di gente che indovina vini è già complesso di suo, senza Raoul Bova vari che si aggirano per le campagne francesi.

Perché guardare Drops of God: per l’idea che c’è, innegabilmente

Perché mollare Drops of God: perché tra primo e secondo episodio il tracollo è troppo evidente

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