Extrapolations su Apple TV+ – Molto fumo e poco arrosto di Diego Castelli
Una serie piena di star sul tema del riscaldamento globale: tutti ma proprio tutti gli ingredienti per un grande successo. Solo che… ehm…
Da quando abbiamo due podcast settimanali, uno in cui facciamo previsioni sulle serie in arrivo e un altro in cui valutiamo effettivamente uno o più episodi di quelle stesse serie, sono sempre contento quando i due giudizi, pre- e post-, divergono in maniera evidente, perché così almeno sappiamo che ha senso avete due podcast.
Per questo, forse, dovremmo proprio ringraziare Extrapolations.
La serie di Apple Tv+ creata da Scott Z. Burns, infatti, ci aveva molto impressionato al tempo del trailer, un po’ per le sue ambizioni produttive e narrative (una serie antologica ambientata in un prossimo futuro in cui possiamo vedere le più credibili conseguenze del riscaldamento globale), e un po’ per l’altissimo livello del suo cast, che comprende gente del calibro di Meryl Streep, Edward Norton, Kit Harington, Sienna Miller, Tobey Maguire, Marion Cotillard, David Schwimmer, Matthew Rhys e altri.
Peccato che poi i primi tre episodi si siano rivelati in larga parte difettosi, ben al di sotto delle aspettative, addirittura su due diversi fronti di analisi.
Come detto, Extrapolations è una serie antologica, e quindi si compone di episodi teoricamente autoconclusivi. Dico “teoricamente” perché ognuno si porta dietro una sua propria storia e un cast sempre diverso, anche se poi in realtà qualche linea narrativa e qualche personaggio tornano fra uno e l’altro.
In ogni caso, parliamo di storie che, ambientate negli anni Trenta e Quaranta di questo nostro Ventunesimo secolo, provano a raccontarci le conseguenze del cambiamento climatico, questa sorta di spada di Damocle che ci siamo auto-posizionati sulla testa (nostra e delle future generazioni).
E le conseguenze descritte non sono necessariamente riferite al pianeta nel suo complesso, bensì soprattutto a storie più piccole, più personali, come quella del ragazzino che non può uscire perché il sole è troppo caldo, o del rabbino che deve celebrare le funzioni religiose in una chiesa costantemente allagata da un mare ormai salito pericolosamente di livello, o dalla scienziata che comunica con l’ultima, malinconica balena rimasta nell’oceano.
Il problema è che sono storie che funzionano poco, proprio dal punto di vista della loro pura capacità di intrattenere.
È un problema relativo alla quantità di personaggi (fastidiosamente numerosi nel primo episodio); alla difficoltà nel coniugare la (auspicabile) piacevolezza del racconto alla missione più divulgativa della serie; alla sorprendente incapacità di costruire caratteri che vadano oltre uno stock base di caratteristiche che li identifica più che altro come specifiche funzioni narrative, e che fatichiamo a vedere come persone.
Matthew Rhys, per esempio, interpreta un imprenditore talmente senza scrupoli, talmente ossessionato dal denaro, da diventare rapidamente una macchietta che stona nel complesso di una serie che invece, evidentemente, vorrebbe ammantarsi di un’aura di grande serietà e consapevolezza.
Ci sono perfino singole scelte di messa in scena che ho trovato completamente assurde, come un altro riccone (interpretato da Kit Harington) che ha una piscina in cui un canale di news viene proiettato dentro la vasca, in quella che dovrebbe sembrare una cosa gustosamente futuristica, e che invece sembra solo una feature completamente priva di praticità.
Il fatto che una serie così ambiziosa, con un cast così importante, non sia in grado di farti appassionare alle storie che racconta (diciamo che si salva solo quella della balena, senza comunque farci stracciare le vesti), è già un grosso problema.
Ma almeno ci sarà un messaggio importante da imparare, giusto?
Ehhhhhhhhh non lo so.
Sì perché in Extrapolations succede anche questa cosa un po’ buffa, inaspettata e molto probabilmente non voluta: che alla fine il riscaldamento globale non sembra nemmeno questo grande problema.
Mi spiego meglio. Da una serie così, ti aspetti lacrime e sangue. Ti aspetti di vedere le conseguenze più nefaste del surriscaldamento globale, e anzi ti prepari eventualmente a giudicare il grado di stucchevolezza di quella ricostruzione, magari condendo quel giudizio con un po’ di facile cinismo sul fatto che una serie così politicamente impegnata proviene da una delle multinazionali più ricche (e non certo trasparenti) del pianeta.
Il timore insomma, è che si esageri con la retorica, ma non ti aspetti che il messaggio sia ambiguo.
Invece, a sorpresa, il futuro descritto da Extrapolations non è nemmeno così terribile. Non è roseo, certo, e magari è perfino realistico, ma a conti fatti quello che vediamo è una società con gli stessi problemi di adesso, le stesse frizioni fra potenti e attivisti, e giusto l’acqua un po’ più alta.
Sto estremizzando un po’, ma davvero questi primi tre episodi non trasmettono quel senso di urgenza che penseresti correlato a una serie che parla di un problema effettivamente molto grosso. E forse, nelle intenzioni, è pure uno show rigoroso dal punto di vista scientifico, più rigoroso di quanto non sarebbe una storia esplicitamente catastrofista.
Allo stesso tempo, però, il fatto di terminare queste prime puntate con addosso una vaga sensazione di “beh, poteva andare peggio”, non mi sembra esattamente l’intento degli autori.
E si potrebbe aggiungere pure un altro dettaglio: quasi tutti i personaggi a cui viene appiccicata l’etichetta di “attivista per il clima”, che in un contesto del genere dovrebbero palesemente essere i buoni, sono più che altro pappagalli fastidiosi che ripetono slogan vuoti e poco ascoltati.
Siamo quindi in presenza di una serie che vorrebbe farci appassionare a storie vere, concrete, pienamente umane e lontane dalle fredde teorie, e che nel farlo promette di farci prendere reale coscienza dei pericoli del cambiamento climatico.
E poi però quello che si ottiene all’esordio sono tre episodi piuttosto confusi, decisamente poco appassionanti, e che lasciano l’impressione che in fondo sto surriscaldamento globale sia abbastanza gestibile con qualche trasloco e un po’ di aria condizionata.
Guarderò probabilmente anche gli altri episodi, più che altro per senso del dovere nei vostri confronti, ma al momento siamo serenamente delusi, e con Apple Tv+ non capita spesso.
Perché seguire Extrapolations: per l’ambizione della serie, l’argomento noto ma poco battuto dalla serialità, e per il grande cast.
Perché mollare Extrapolations: tutte le cose belle del “perché seguire” hanno prodotto tre episodi abbastanza noiosi e perfino eticamente discutibili.