Hello Tomorrow! su Apple TV+ – Un grande fascino e un grosso problema di Diego Castelli
Apple Tv+ non smette di produrre serie dal grandissimo potenziale, anche se con Hello Tomorrow! temiamo manchi un pezzo
Quando si scrive e si produce una serie tv, moltissimi elementi diversi possono concorrere al suo successo o al suo naufragio, elementi che hanno pesi differenti a seconda del contesto, del pubblico, di un certo spirito del tempo e via dicendo.
Forse, la considerazione più ampia possibile che possiamo fare in questo senso è che una serie, al netto delle piccole differenze specifiche, deve apparirci “centrata”. Deve darci l’impressione di una grande nave, piena di stanze e bulloni e mobili e marchingegni, che navighi in una direzione precisa. Finché tutto si muove nella stessa direzione, galleggia. Se invece i vari pezzi, ognuno magari pregevole, vanno in direzione diverse, la nave si smembra e affonda.
Bene, oggi parliamo di Hello Tomorrow!, la nuova serie di Apple Tv+ che, negli ultimi anni, ha dimostrato di essere un’ottima costruttrice di navi: ha una flotta non numerosa come quella di altre piattaforme, ma composta da imbarcazioni di sicuro valore.
E anche Hello Tomorrow! è una nave gagliarda, costruita coi pezzi migliori e i più fini arredamenti, che però ha un problema di tenuta: nel guardare i primi tre episodi, viene il dubbio che le viti non siano state strette nel modo corretto, con il rischio che i mobili comincino a spostarsi da soli.
Giuro che ora la pianto con la metafora marittima.
Hello Tomorrow! è creata da Amit Bhalla e Lucas Jansen, autori con ben poca esperienza di grossa serialità, ed è descritta dalla stessa Apple come un “dramedy retrofuturistico”.
In pratica si immagina di un mondo presente che non è quello che conosciamo, con la tecnologia che usiamo effettivamente tutti i giorni, i vestiti che indossiamo e le automobili che guidiamo, bensì un presente alternativo che è quello che sognavano e immaginavano gli americani degli anni Cinquanta.
Negli anni Cinquanta, nessuno immaginava la rivoluzione del digitale, non pensavano a internet, né potevano prevedere le evoluzioni della moda.
Negli anni Cinquanta, gli americani immaginavano un futuro in cui i loro abiti sarebbero stati gli stessi, così come la linea delle loro auto, con però differenze… futuristiche: macchine volanti, robot camerieri, macchine da scrivere ad attivazione vocale (ma comunque macchine da scrivere!), e una Luna colonizzata dall’intraprendente spirito a stelle e strisce.
Il mondo di Hello Tomorrow! è questo, e non ha perso un’altra fondamentale caratteristica degli Stati Uniti degli anni Cinquanta, cioè la passione per un sogno americano fatto di pace e tranquillità, di famigliole perfette e bucolici paesaggi urbani. Un sogno che però, anche nel retro-futuro, mostra più di una crepa.
Il protagonista di Hello Tomorrow! è Jack Billings, interpretato da Billy Crudup (vincitore dell’Emmy per The Morning Show).
Jack è un venditore, e lavora per una società che mette a disposizione lotti di terreno sulla Luna, in una comunità a misura di tutte le tasche, nella quale chiunque, con uno sforzo economico ragionevole, può andare ad abitare, iniziando una nuova vita con vista sulla Terra.
L’unico problema, e non è un grande spoiler perché lo si capisce anche dal trailer, è che Jack è di fatto un venditore di fumo. I primi tre episodi, senza nemmeno rendere la cosa verbalmente esplicita, ma senza nemmeno possibilità di errore, ci dicono che questi lotti non esistono, non c’è nessun paradiso (extra)terrestre a portata di assegno, e perfino i collaboratori di Jack sono all’oscuro di tutto.
Non solo: il protagonista ha abbandonato moglie e figlio piccolo molti anni fa, e l’inizio della serie coincide con un riavvicinamento a questa famiglia che però, né più né meno del lavoro, è accompagnato da una vasta rete di bugie e mistificazioni.
Se il “Sogno Americano”, quello secondo il quale è sempre possibile raggiungere la prosperità se si lavora sodo, è ciò che ha spinto generazioni e generazioni di immigrati a vedere negli Stati Uniti il luogo migliore per esaudire quel desiderio, gli Anni Cinquanta sono probabilmente il suo confine ultimo oltre il quale anche la Terra Promessa americana cominciò a mostrare i suoi volti più oscuri, o per lo meno una complessità che non poteva più essere ridotta a “mi faccio il culo in ufficio e così poi torno a casa da una famiglia perfetta in una casa perfetta” (per approfondimenti: Mad Men).
Quello che Hello Tomorrow! sembra raccontare è che nemmeno l’ipotetica sopravvivenza di quel periodo, di quell’estetica, di quei valori, sarebbe riuscita a nascondere quegli stessi lati oscuri.
Il mondo di Hello Tomorrow! ci pare percorso da un delizioso stile nostalgico in cui forse vorremmo vivere, ma né più né meno della realtà è anche un mondo pieno di persone con problemi giganteschi, che vedono nella Luna il luogo ideale in cui fuggire, lasciandosi alle spalle qualunque dolore e rammarico, in cerca di una nuova vita.
Mettere letteralmente al di fuori del nostro pianeta ogni prospettiva di felicità, per poi dirci che nemmeno quello è un sogno percorribile, è il nucleo tematico principale di Hello Tomorrow!, nonché la principale fonte della sua tensione drammatica: nella vita di Jack, nelle sue bugie, nella sua speranza in un felicità che rincorre con mezzi rigorosamente sbagliati, c’è una malinconia profondamente umana che travalica i limiti della metafora retrofuturista per arrivarci come un unico, grande monito: nemmeno la Luna ti farà scappare dei tuoi problemi, e l’unico modo che hai per superarli è affrontarli ed essere sincero con te stesso.
In teoria, tutto bene: una messa in scena molto ricca, un protagonista di indubbio valore, una tematica forte e chiara, addolcita dal sapore nostalgico dell’ambientazione da Happy Days, opportunamente virata al malinconico.
Ci sono pure comprimari di livello, a cominciare da Hank Azaria che interpreta uno dei venditori della squadra di Jack, impelagato con brutte storie di strozzini e scommesse, e arrivando a Alison Pill, vecchia conoscenza dei fan di The Newsroom, qui nei panni di una moglie tradita e maltrattata che spende tutti i suoi averi per un posto sulla Luna… che non c’è.
E qui però arriva il problema. Perché nel corso dei primi tre episodi, rilasciati in contemporanea da Apple, si percepisce quel senso di bulloni non del tutto avvitati di cui si diceva prima.
Lo si capisce innanzitutto dal tono, con una “dramedy” (gli episodi, peraltro, durano 30 minuti), che però di comedy ha poco, e che sembra voler suggerire un’ironia sottile e a volte sarcastica (si veda la tizia investita dal furgone dei giornali senza guidatore, che per salvare un cane schiaccia lei), che però si perde in una storia che è effettivamente, e quasi sempre, molto drammatica.
Ma al di là di un equilibrio non perfetto fra le componenti, c’è anche qualcos’altro che manca.
Introdotto da un trailer molto potente e ricchissimo di invenzioni, l’inizio di Hello Tomorrow! viaggia su una binario di generica qualità, senza però riuscire a piazzare un cazzotto come si deve.
Manca una scena che ci faccia spalancare gli occhi, una rivelazione inaspettata, una sgasata improvvisa che ci lasci senza fiato.
Quello che Hello Tomorrow! fa, e che fa anche bene, è spiegare, argomentare, infiocchettare il suo tema di fondo, mostrandocelo da varie angolazioni e con diverse sfumature, in maniera però troppo rigida, didascalica.
Soprattutto, ci racconta praticamente solo questo: nella prima ora e mezza di serie, quasi tutte le scene servono a costruire quell’impalcatura di bugie e sogni infranti che abbiamo visto essere il cuore del racconto, faticando però a trovare altre linee narrative e tematiche che le diano fiato.
Il risultato è che alla fine di questi tre episodi abbiamo l’impressione di aver visto qualcosa di molto ben confezionato, ma che non sembra avere altro da dire, se non la stessa cosa che ha già detto, riprodotta in loop per un tot di altre puntate.
Naturalmente, questa ipotesi va verificata con le prossime puntate, che mi va di guardare perché… beh, perché tutto il resto ha la qualità produttiva, immaginativa e visiva a cui le serie di Apple ci stanno piacevolmente abituando. Troverete in giro altre recensioni più cattive della mia, e ci sta, ma io ho avuto la genuina impressione che questo mondo e questi personaggi abbiano un valore preciso, una precisa capacità di bucare lo schermo.
Però una serie tv deve anche essere capace di arrivarti al cuore, e non solo, anche di rimanerci per un bel po’ di tempo.
Su questo Hello Tomorrow! deve ancora lavorare, altrimenti rischia di essere ricordata più che altro per il suo ottimo concept e il suo bellissimo trailer.
Perché seguire Hello Tomorrow!: costruisce un mondo affascinante in cui inserisce una storia universale.
Perché mollare Hello Tomorrow!: fatica a trovare un preciso equilibrio nel suo tono, e dà la strana impressione di non avere molto altro da dire oltre ciò che ha già detto nei primi tre episodi.