26 Gennaio 2023

Extraordinary su Disney+ – La fatica di essere normali di Diego Castelli

L’unica ragazza senza poteri in un mondo di simil X-Men: cosa potrà andare storto?

Pilot

Da un po’ di tempo, ormai, cerco di evitare di recensire serie che mettono a disposizione fin da subito tutti gli episodi, senza averli prima terminati. Oddio, una regola che vale per le serie che mi piacciono, non è che mi potete obbligare a guardare tredici episodi di una roba che mi fa schifo solo per evitarmi i commenti tipo “arrivando alla fine avresti capito che capolavoro era” (e di solito il seguito è “cancellata dopo la prima stagione”).
Stavolta però facciamo un’eccezione perché non ho il tempo di vedere subitissimo tutti gli episodi Extraordinary, ma ve ne voglio parlare senza aspettare troppo.

Creata per Disney+ da Emma Moran (comica irlandese praticamente all’esordio con le serie tv), Extraordinary è una di quelle serie a cui capisci di voler bene non dico dal pilot, ma dalla prima scena, perché scritte da qualcuno che sa quanto conti catturare l’attenzione del pubblico fin da subito, specialmente in una comedy da cui vuoi divertimento immediato.
Il fatto poi che sia una serie molto femminile e femminista, con un cuore grezzone, sarcastico e profondamente British, fa pensare subito a Fleabag, anche se non facciamo paragoni troppo arditi che poi è un attimo esagerare.

Extraordinary è una serie che parla di persone con poteri. E tu dici, “un’altra”.
Però c’è un twist piuttosto importante. La protagonista Jen (Máiréad Tyers) è l’unica ragazza venticinquenne senza poteri in un mondo in cui praticamente tutti ne ottengono uno poco dopo aver compiuto diciotto anni.

Il risultato è che Jen finisce col risultare una totale sfigata, una che non si è sviluppata, quella a cui non sono cresciute le tette quando tutta la sua classe produceva terze e quarte di reggiseno, l’outsider a cui manca sempre un pezzo per essere come gli altri.

E se Jen cerca di fare buon viso a cattivo gioco, circondandosi di persone che le vogliono bene e provando a vivere una vita non troppo ossessionata da questa sua vistosa mancanza, il destino ci mette sempre lo zampino per farla incazzare: come quando la fa semi-innamorare di un dongiovanni che vola via dopo il sesso non appena lei cerca di far diventare la storia più seria (e “vola via” non è una metafora); oppure come quando la sua sorellastra irritante e menosa sviluppa un potere molto figo appena dopo la sua festa di compleanno.

Non credo di svelarvi una grande verità se sottolineo come tutta questa faccenda dell’essere l’unica persona senza poteri in un mondo di potenziali supereroi, è tutta una scusa per parlare di vita sociale e amorosa, insicurezze, necessità di piacere e trovare un posto nel mondo. Tutti temi molto umani, in generale, ma particolarmente significativi nel nostro tempo presente, in cui siamo tutti impegnati a essere sempre cool, sempre sul pezzo, sempre instagrammabili.

Ma se i temi di fondo non sono nuovissimi, a colpire è la freschezza nel modo di trattarli, e la creatività nel mettere in scena un mondo che ha alcuni tratti molto riconoscibili per qualunque appassionato cine-seriale, ma che in qualche modo li ribalta in continuazione.

Se abbiamo detto che in Extraordinary hanno tutti un potere, questo non significa che siano tutti supereroi. Anzi, pure fra chi ha i poteri c’è chi si lamenta di un’abilità ben poco glamour (tipo l’uomo-elio che sa solo gonfiare palloncini, o la padrona di negozio che non riesce a invecchiare e sembra perennemente una dodicenne), ma anche chi, senza pensare a chissà quali sogni di gloria, usa il suo potere semplicemente per trovarsi un lavoro, come la coinquilina di Jen che, riuscendo a raggiungere le anime dei defunti e metterle in contatto con i vivi, viene sfruttata da uno studio legale che si occupa di eredità contese.

Insomma, Extraordinary parte da un concetto fantasy che ben conosciamo e lo declina in una comedy parodica che sa stupire proprio per come storpia quel concetto depotenziandolo totalmente dell’elemento epico e aggiungendoci invece l’ingrediente ridicolo.
Il risultato, deliziosamente paradossale, è quello di una serie che sembra quasi realistica nel suo modo di rispondere alla domanda “cosa succederebbe se a tutti fosse concesso un singolo potere completamente random?”.

Queste scelte danno a Extraordinary un sapore particolare, perché ne stratificano subito le premesse iniziali.
Ci basta poco, insomma, per renderci conto che sì, Jen è certamente goffa e sfigatona, e le manca qualcosa che tutti gli altri hanno. Ma non è che questi altri se la passino necessariamente benissimo, e la loro normale, buffa umanità affiora comunque, nonostante la presenza di un’abilità soprannaturale.

Il percorso di Jen non può che essere dunque duplice: da una parte la ricerca di questo benedetto potere, per essere come tutti gli altri, dall’altra l’inevitabile esplorazione della possibilità che forse non è un potere, in sé e per sé, a cambiare la vita o renderci “migliori”.

Come dicevo all’inizio, ho visto solo tre episodi per ora, e quindi non posso giudicare il resto, né tantomeno fare previsioni specifiche che puntualmente potrebbero rivelarsi delle sciocchezze già un minuto dopo la pubblicazione dell’articolo.
Quello che so, però, è che Extraordinary piazza fin da subito una tale mole di gagliarda creatività, che non posso non volerle immediatamente bene.

A questo proposito, accennavo alla prima scena. In pratica, Jen si trova a fare un colloquio di lavoro con una tizia il cui potere è quello di costringere le persone a non dire bugie in sua presenza. E potete solo immaginare la sbrodolata di pessime, imbarazzanti verità che Jen snocciola nel giro di pochi secondi, tutti quei segreti di fragilità e inadeguatezza che ognuno di noi prova quando ci troviamo di fronte a una persona che ha il compito di giudicarci, e a cui noi concediamo questo diritto.

È qui che si pensa a Fleabag, perché anche la serie di Phoebe Waller-Bridge iniziava a bomba con una scena brutalmente sincera e sboccata, che settava il tono della narrazione e del dialogo che avremmo avuto con la protagonista (e lì era dialogo vero, perché Fleabag ci parlava direttamente).

La Jen di Extraordinary forse vorrebbe essere come Phoebe Waller-Bridge, che era un’outsider ma pure discretamente sicura di sé e del suo approccio dissacrante col mondo. Jen è un po’ più persa, un po’ più smarrita in una specie di circolo elitario che comprende tutto il mondo tranne lei.
Allo stesso tempo, è una che non si abbatte, che si fida dei suoi amici, e che è sempre pronta a cercare una rivincita, condita da qualche sana imprecazione con accento irlandese, che non fa mai male.

Ed è qui che esce un femminismo genuino, verace, battagliero e, soprattutto, mai stucchevole o scontato, ma sempre adeguatamente filtrato e contestualizzato dalla comedy. Perché Jen non è (solo) una paladina di genere. È una che nel raccontarti le sue sfighe ti fa ridere e non chiede alcuna pietà o indulgenza.
Per mille motivi, primo fra tutti il fatto che noi spettatori e spettatrici condividiamo la sua condizione di “powerless”, Jen è soprattutto una di noi, una che ci capisce e che possiamo capire.
§Lei e la sua banda di strani amici (fra cui un mutaforma che dopo aver passato tre anni nei panni di un gatto ora fatica a ricordarsi come si fa l’essere umano) si pongono il primo obiettivo di farci ridere e ci riescono. Poi capita che abbiano pure qualcosina da insegnarci, che si può volere di più?

Perché seguire Extraordinary: è una comedy fresca, divertente, piena di idee folli ma anche molto concreta e centrata.
Perché mollare Extraordinary: poteva sembrare una serie “dolce&carina”, e invece non lo è. Per me è un plus, ma potrebbe non esserlo per chiunque.



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