20 Gennaio 2023

Night Court e That ’90s Show: vecchie sitcom alla riscossa (più o meno) di Diego Castelli

Ci sembra sempre che le sitcom multicamera debbano sparire, invece sono vive e lottano con noi. Alcune meglio, alcune peggio.

Pilot

In un periodo storico particolarmente caratterizzato dalla riproposizione di vecchi brand, sequel improbabili, ricicli costanti di vecchie idee che possano attirare l’attenzione di un pubblico continuamente bombardato di proposte seriali, non fa più grande notizia l’arrivo sul mercato di due sitcom tratte da altrettanti show del passato.

Il caso specifico, però, è abbastanza particolare, perché in pochi giorni hanno debuttato due sitcom con moltissimi elementi in comune (entrambe comedy multicamera con le classiche risate in sottofondo, entrambe sequel/reboot di serie vecchie di decenni), ma con esito assai diverso.
Parliamo di Night Court e That ’90s Show.

La prima è una serie di NBC che rilancia un brand nato quasi trent’anni fa, nel 1984, con una sitcom che in Italia è (non molto conosciuta) come “Giudice di notte”.
Si parla, neanche a farlo apposta, di una corte americana che lavora soprattutto di notte, che vedeva nel giudice Harry T. Stone (interpretato da Harry Anderson) il protagonista di una storia piena di personaggi bizzarri che, in ogni puntata, arrivavano davanti al magistrato per essere giudicati dopo condotte quanto mai strambe e imprevedibili.

La serie ebbe buon successo, vinse anche sette Emmy (buona parte dei quali andati all’attore non protagonista John Larroquette) e terminò la sua corsa nel 1992.
Oggi è stata riesumata con la stessa formula, una protagonista che è la figlia del vecchio giudice (interpretata da Melissa Rauch, ex Bernadette di The Big Bang Theory), e la presenza, ancora una volta, proprio del pluripremiato John Larroquette, che riprende il ruolo di Dan Fielding.

Ebbene, se dovessimo giudicare la serie in sé e per sé, non ci sarebbe moltissimo da dire.
L’impostazione, come era forse inevitabile, è vecchissima, non solo in termini di stile comico, ma anche visivi, di ripresa, di scenografia. Si potrebbe definire uno show polveroso, da tanto che sembra provenire da un’altra epoca.

Allo stesso tempo, l’operazione sembra abbastanza dichiarata, forse più di altre volte, e l’effetto nostalgia è ricercato con una consapevolezza tale da impedirmi di liquidare il tutto con “è roba vecchia”. Chiaro che questa può essere l’impressione, così come è chiaro che non ho grandissimo interesse a proseguire, nonostante qualche battuta effettivamente efficace e la curiosità di vedere Melissa Rauch alle prese con una personaggio che non ha una vocetta stridula.
Però ecco, mi sento di dover riconoscere a Night Court una strategia nostalgica molto precisa e non casuale.

Così poco casuale che, beh, ha fatto il botto.
Al suo debutto con doppio episodio, Night Court è risultato il miglior debutto di NBC degli ultimi 5 anni, e il miglior debutto generalista di questa stagione televisiva finora.
Un risultato sorprendente anche per molti addetti ai lavori e giornalisti, che in questi giorni hanno scritto in abbondanza su un risultato francamente inaspettato.

Dobbiamo metterci a fare grandi elucubrazioni filosofiche e antropologiche su questo trionfo/rivincita delle vecchie sitcom?
Magari è un po’ prestino, considerando che questi dati vanno prima di tutto confermati.
Certo è che, nonostante qui a Serial Minds ci piaccia spingere su quello che ci sembra più nuovo in tv e sulle piattaforme, bisogna anche registrare un “paese reale” in cui la proposta di una sitcom dichiaratamente super-vintage non è rifiutata a priori, anzi.

Rimandando dunque a un prossimo futuro un bilancio commerciale dell’operazione Night Court, veniamo all’altra sitcom vintage debuttata in questi giorni, questa volta su Netflix e quindi anche in Italia.

Parliamo di That ’90s Show, sequel diretto di That ’70s Show, che andò in onda su FOX dal 1998 al 2006 (quindi sempre vintage, ma meno).
Di nuovo, siamo in presenza di una sitcom non particolarmente conosciuta in Italia, perché passata poco nel nostro paese e debuttata su un canale satellitare che nemmeno esiste più (il buon vecchio Jimmy).

In questo caso, la vena nostalgica non è solo la cifra del reboot, ma anche dell’originale: come titolo suggerisce, That ’70s Show è una sitcom girata a fine anni Novanta e ambientata negli anni Settanta, con protagonisti un piccolo gruppo di giovani (più un paio di genitori cinici e caustici) alle prese con la crescita, i primi amori, la scoperta del sesso ecc ecc.

Negli Stati Uniti, That ’70s Show è un piccolo cult, ancora adesso si trovano su internet meme e spezzoni vari ispirati alla serie, che fu anche capace di lanciare parecchi attori e attrici ben conosciuti ancora oggi, in particolare Topher Grace, Laura Prepon, Ahston Kutcher e Mila Kunis (che all’epoca del primo casting era praticamente quattordicenne).

La nuova versione della serie sposta l’ambientazione avanti di vent’anni e punta alla stessa formula: come all’epoca faceva nostalgia sugli anni Settanta per un pubblico anni Novanta, così ora fa nostalgia anni Novanta con il pubblico dei nuovi anni Venti (che poi, a ben pensarci, è lo stesso concetto di Happy Days, che faceva nostalgia dei ’50 per il pubblico dei ’70).

Nel primo episodio tornano quasi tutti i protagonisti della vecchia serie, ma solo per salutare, perché al centro della storia ci sono i loro figli, che costituiscono un nuovo gruppo di giovani alle prese con la crescita.
Non sono cambiati i genitori però, che ora sono diventati i nonni. A interpretarli ci sono Kurtwood Smith e Debra Jo Rupp, che davano volto a personaggi troppo forti e troppo ben contrapposti all’entusiasmo dei ragazzi, per non riproporli anche in questa nuova versione.

Dunque, trattandosi di Netflix, e parlando di una serie debuttata ieri mentre scrivo, non abbiamo la possibilità di giudicare la performance in termini strettamente quantitativi.

Ma se dobbiamo limitarci al giudizio qualitativo, beh, mi pare un grosso no.
Al contrario di Night Court, che è una serie di impostazione vecchissima ma ancora capace di strappare sorrisi, i primi episodi di That ’90s Show (non chiedetemi di vederli tutti) sono di una fiacchezza francamente inaccettabile.

Volendo offrire una notazione rigorosamente tecnica: non si ride mai.
Anzi, arrivo a dire che si prova proprio imbarazzo per attori e attrici che, povere stelle, cercano di mettere grande energia in una sceneggiatura priva di qualunque mordente, infarcita di battute super scontate.

La cosa più triste è che buona parte della comicità sembra voler derivare dall’originale (per esempio nelle caustiche prese in giro di nonno Red nei confronti dei giovinastri) conservandone però solo gli elementi più banali e ripetitivi.
Manca del tutto un certo valore sovversivo di That ’70s Show, che riusciva a offrire una comicità fresca e originale su temi anche spinosi, messi in bocca a un gruppo di attori che, carriera alla mano, non erano affatto degli sprovveduti nonostante la giovane età (e non mi sembra che quelli nuovi siano alla stessa altezza).

Forse il simbolo del decadimento del brand sta nel “cerchio”, cioè la ripresa circolare dei personaggi intenti a fumare marijuana e scambiarsi idee da fattoni su mille aspetti della vita. Se a fine anni Novanta questo consesso di giovani inebriati poteva essere divertente e frizzantino, oggi la stessa formula suona banale e già vista, con poca capacità di offrire qualcosa di nuovo rispetto ai mille personaggi allegramente strafatti che ci è capitato di vedere in ogni dove.

In conclusione, la sitcom multicamera non sembra voler cedere un millimetro.
Ci potrà sembrare vecchia e passata di moda, ma è ancora un formato a cui le produzioni guardano con favore prima di tutto perché molto economico e, di questi tempi, anche capace di offrire qualche punto-nostalgia in più.

Se poi una serie come Night Court riesce a piazzare un debutto del genere, è difficile dire che l’idea di tenere viva la sitcom multicamera sia sbagliata a prescindere, perché evidentemente c’è ancora un pubblico che non si pone il problema dei linguaggi e ha prima di tutto voglia di ridere come si faceva una volta.

Poi certo, bisogna essere capaci di far ridere, e in questo Netflix (forse non a caso il punto più lontano raggiunto dalla “tv” rispetto agli esordi generalisti) continua a provarci senza riuscire: non c’è ancora stata una sitcom multicamera di Netflix che valesse davvero la pena di seguire, e purtroppo, nonostante la fama cult dell’originale, That ’90s Show sembra pronta a fare la stessa fine.

Perché seguire Night Court e That ’90s Show: la sopravvivenza delle sitcom sta diventando interessante anche da un punto di vista antropologico.
Perché mollare Night Court e That ’90s Show: sono prodotti irrimediabilmente vecchi e, nel caso di That ’90s Show, pure scritti male.



CORRELATI