The Bad Guy su Prime Video – Che sia la nostra Fargo? di Diego Castelli
Una storia di mafia, ma anche una commedia nera, e una Prime Video a cui piace sperimentare con la fiction italiana
Ok ok, so che il titolo è un po’ roboante, e che solo ad accostare una serie italiana (di qualunque provenienza) a un piccolo grande gioiello come Fargo, qualcuno starà già lucidando l’ascia da social.
E però… però guardando The Bad Guy, la serie di Prime Video con protagonisti Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi, è difficile non accorgersi che siamo di fronte a una serie di mafia molto diversa da quelle a cui siamo abituati, una diversità che, nel mondo americano di quello che tecnicamente sarebbe “crime”, avevano portato proprio i fratelli Coen.
E sarà pure il caso di notare, a questo riguardo, che non è la prima volta che Prime Video mette in campo un’operazione di revisione, destrutturazione e ricomposizione di una materia solitamente granitica: sono passati solo pochi mesi da Bang Bang Baby, altra serie interamente italiana, dalla produzione fino alla storia di ‘ndrangheta, che però cambiava molte carte in tavola, al punto da sembrare, con le dovute proporzioni e distinguo, un film di Nicolas Winding Refn.
Ma andiamo con ordine.
Nico Scotellaro (Luigi Lo Cascio) è un importante magistrato palermitano che da anni dà la caccia al temibile boss Mariano Suro. Al fianco di Scotellaro, nella vita privata e professionale, ci sono la moglie Luvi (Claudia Pandolfi), avvocata figlia di un magistrato ucciso vent’anni fa, e la sorella Leonarda (Selene Caramazza), poliziotta determinata e tutta d’un pezzo.
A un certo punto, poco dopo che Suro è riuscito a sfuggirgli per l’ennesima volta, Scotellaro viene accusato di essere a sua volta mafioso, e di essere proprio lui a proteggere Suro da tanto tempo.
Condannato al carcere, Scotellaro passa cinque anni dietro le sbarre, ma poi, durante un trasferimento, riesce a fuggire in un modo abbastanza rocambolesco su cui preferisco non dare altri dettagli.
Una volta libero, e creduto morto, Scotellaro decide che è il momento di prendersi la sua rivincita: si infiltra nella famiglia mafiosa di Suro con lo scopo di trovare il suo nemico ed eliminarlo con ogni mezzo.
Prima dei giudizi e commenti di rito, vale la pena fare un piccolo inciso: su questa serie c’è stato un qualche equivoco in fase di comunicazione e presentazione.
Partendo dal titolo, infatti, si pensava che The Bad Guy fosse una storia alla Breaking Bad, con Scotellaro che, una volta accusato e condannato, decide di diventare davvero mafioso per ripicca.
Messa così, la faccenda ci sembrava alquanto strana e difficilmente giustificabile, ma basta il pilot per capire che si è trattato, appunto, di un equivoco: Scotellaro diventa “cattivo” nel senso che decide di agire al di fuori delle maglie di una giustizia che l’ha tradito, ma il suo obiettivo resta uno solo, cioè scovare ed eliminare il vero cattivo della serie, che resta l’inafferrabile Mariano Suro.
I primi tre episodi di The Bad Guy colpiscono subito nel segno. E lo fanno proprio distanziandosi da quello che ci aspetteremmo da una serie italiana di mafia con Luigi Lo Cascio e Claudia Pandolfi, tutti nomi e concetti che, pur essendo su Prime Video, farebbero pensare alla Rai o a Canale 5.
Invece no. Lungi dall’essere completamente generalista, The Bad Guy lavora su più generi e toni, lasciando la storia molto lineare e comprensibile, ma lavorando su una diversità che è soprattutto stilistica e di approccio.
The Bad Guy è tecnicamente un crime mafioso, ma è anche una commedia nera e grottesca, una collezione di caratteristi, una girandola di freak e situazioni surreali.
E se questi sono elementi relativi in primo luogo alla sceneggiatura, si lavora anche sulla regia e sul montaggio, che per esempio virano spesso al western, sfruttando i paesaggi siciliani come location per improbabili duelli da cowboy (nella forma, se non specificamente nel contenuto).
Ma questa “alterità” rispetto alla tradizionale fiction di mafia è certificata anche da una scelta narrativa molto precisa, che diventa una specie di firma di questa volontà di scartare rispetto al passato.
La Sicilia di The Bad Guy, ma soprattutto la sua mafia, non sono quelle vere. Luvi ha per padre un magistrato ucciso dalla mafia e per questo molto famoso, ma è un personaggio che non abbiamo mai sentito, mentre invece sembra che Falcone e Borsellino non siano mai esistiti.
Allo steso modo, se pure Cosa Nostra si chiama effettivamente così, il boss Mariano Suro è un personaggio di totale finzione, e non viene mai accostato, almeno nei primi tre episodi finora disponibili, ad alcun personaggio reale.
E come tocco finale, giusto per rendere chiare le cose, in The Bad Guy l’Italia continentale e la Sicilia sono collegate dal famigerato ponte sullo stretto, che nella realtà non esiste e chissà mai se esisterà, e che qui invece sta lì da tempo e acquista anche un ruolo non piccolo nell’economia della storia.
Insomma, nel tentativo di staccarsi, in piena consapevolezza, dalla tradizione granitica e stantia della ficton di mafia, gli autori Ludovica Rampoldi, Davide Serino e Giuseppe G. Stasi, decidono di tirare un colpo di spugna, costruendo una specie di universo parallelo che, oltre a essere una dichiarazione di stile, ha probabilmente risolto un po’ di potenziali problemi di verosimiglianza ed eccessiva vicinanza a storie reali che, altrimenti, avrebbero potuto imporre una maggiore delicatezza.
Perché poi, a conti fatti, The Bad Guy delicata non è.
Prendere un attore impegnato come Luigi Lo Cascio per trasformarlo in un improbabile giustiziere è già di per sé un atto sovversivo, e i primi tre episodi ci divertono in modi graditi e imprevisti, fra violenza grottesca, cattivi da fumetto, esplosioni, magheggi chimici effettivamente alla Breaking Bad, depistaggi, scene madri e un’ironia di fondo, mai del tutto messa da parte, che fa pensare proprio a quella Fargo di cui si diceva all’inizio.
Poi magari possiamo dirci che i Coen sono ancora un’altra cosa, ma che Prime Video abbia scelto di percorrere una strada alternativa alla normale fiction italiana, compiendo in questo alcune sperimentazioni che invece al cinema abbiamo già visto negli ultimi anni, è tutto guadagnato.
Volete almeno un piccolo difettuccio? Sicuramente uno c’è: all’inizio, per esigenze di trama, i lineamenti di Lo Cascio devono essere almeno in parte stravolti da un trucco prostetico che, finché c’è, è proprio un no: delle guanciotte posticce che francamente mi sono parse di basso livello.
Ma è un dettaglio, perché per il resto ci divertiamo e basta.
Perché seguire The Bad Guy: una via alternativa alla fiction di mafia, con toni alla Fargo, commistione di generi e ironie varie. Che freschezza!
Perché mollare The Bad Guy: perché vi piace solo La Piovra.