Let The Right One In su Paramount+ – Non il solito vampirismo di Diego Castelli
Let The Right One In (per gli amici Lasciami Entrare) racconta un mondo vampirico un po’ diverso da quello a cui siamo abituati
Come ormai sappiamo benissimo, uno dei grandi temi seriali degli ultimi anni è quello del riciclo: le serie davvero “nuove”, non tratte da libri, film o altre serie tv, sono sempre più rare.
E già sappiamo quanto il tema del paragone con il materiale originale sia a sua volta croce e delizia di prodotti che vogliono puntare a un brand già conosciuto, esponendosi però al rischio di confronti impietosi.
Mi chiedo quindi come si sentissero gli autori di Let The Right One In al pensiero che la loro serie sarebbe uscita non solo dopo un libro, ma anche dopo ben due film tratti da quel libro. Sempre la stessa storia, su tre media diversi, nel giro di poco più di quindici anni.
Stiamo naturalmente parlando di quella che in italiano si chiama “Lasciami Entrare”, nuova serie di Showtime che sarà disponibile a partire da domani, 21 ottobre, sulla piattaforma Paramount+.
Let The Right One In, come accennato, nasce prima come romanzo di John Ajvide Lindqvist, datato 2014. Poi diventa un apprezzato film svedese nel 2008 (sempre con il titolo italiano di Lasciami Entrare) e poi ancora un altro film, questa volta americano, con protagonista Chloë Grace Moretz e la regia e la sceneggiatura di Matt Reeves, che poi avrebbe diretto due capitoli di Planet of the Apes e, soprattutto, il recentissimo The Batman.
Siccome il libro non l’ho letto e dei due film mi ricordo relativamente poco perché li vidi all’uscita e in mezzo sono passati più di dieci anni (e soprattutto, non ho voglia di rivederli), facciamo che come al solito non faremo troppi paragoni. Se fra voi ci sono grandi cultori o cultrici delle opere originali, spargete il vostro veleno nei commenti (perché poi lo sappiamo che i paragoni secernono quello, il veleno).
Let The Right One In è una storia di vampirismo, ma non nell’accezione a cui siamo abituati.
Al centro della trama ci sono Mark (Demián Bichir) ed Eleanor (Madison Taylor Baez), padre e figlia sempre in viaggio e strettamente legati da un destino infausto: Eleanor è in fatti una vampira, sembra avere dodici anni ma ne ha una decina in più, e insieme al padre gira gli Stati Uniti allo scopo di nascondere la verità e vivere una vita quanto più normale possibile, cercando al contempo di portare a termine una missione impossibile: ritrovare la creatura che ha trasformato Eleanor e scoprire se questo può essere utile a trovare una cura.
Ci sono poi altri due versanti della storia.
Il primo riguarda il giovane Isaiah (Ian Foreman), un ragazzino bullizzato con il sogno di diventare un prestigiatore, che vive con la madre separata in un appartamento vicino a quello in cui a un certo punto arrivano Eleanor e suo padre.
Proprio l’amicizia fra i due ragazzi, l’umano e la vampira, è (o dovrebbe essere) l’effettivo cuore di tutta la vicenda, anche se la serie, con le sue più ampie possibilità narrative, sembra voler battere più strade contemporaneamente, dando a tutte o quasi la stessa importanza.
In ultimo, c’è la vicenda di Arthur (Zeljko Ivanek), un uomo anziano e malato che cerca una cura per suo figlio, vampiro anche lui, e che a un certo punto deve chiedere aiuto all’altra figlia Claire (Grace Gummer), una scienziata che credeva il fratello morto da tempo.
Non voglio fare troppi spoiler ma, come potete immaginare, queste storie apparentemente separate mostrano da subito forti connessioni, e la serie si premura di esplorarle mostrandone i lati oscuri, i pericoli e le opportunità.
Ma se questo è tutto sommato normale per qualunque serie minimamente corale, a suonare un po’ diverso è proprio l’approccio al vampirismo, che si allontana in modo deciso rispetto a molte rappresentazioni televisive recenti dedicate alle creature della notte.
Il riferimento è ai vari The Vampire Diaries e True Blood, ma anche alla recentissima Interview with The Vampire.
In tutte queste serie, nonostante le moltissime differenze, c’è sempre un elemento glamour legato al vampirismo, in cui i moderni Dracula sono quasi sempre belli, carismatici, interessanti da un punto di vista intellettuale e spesso anche erotico. Pericolosi, certo, magari anche criminali, ma comunque circondati da un’aura di superiorità naturale che rende i normali esseri umani delle semplici pedine, fino al punto, ormai quasi automatico, che chi guarda finisce col dirsi “beh, mica male essere un vampiro”.
(a questo proposito, colgo l’occasione per rilanciare uno dei primi articoli di questo intero sito)
Ecco, in Let The Right One In l’approccio è completamente differente.
Prima di tutto più scientifico, con il vampirismo trattato alla stregua di una malattia di cui è possibile studiare le caratteristiche da un punto di vista biologico e genetico. In questo si potrebbe fare un paragone con The Strain, che però era una serie molto più action e quasi militare.
Ma soprattutto, più orientato a mettere in luce l’elemento della maledizione, che da sempre esiste nel racconto del vampirismo, ma che negli esempi già citati finiva con l’essere più che altro un piccolo fastidio, giusto l’impossibilità di guardare il sole e poco altro.
No, in Let The Right One In essere vampiri è veramente una merda. Ne sa qualcosa Eleanor, che come la Claudia di Intervista col vampiro non può crescere mai. Solo che non c’è solo questo: c’è la paura di fare del male agli innocenti, c’è la terribile sete di sangue che rischia di farla diventare un pericolo per il suo stesso padre, c’è l’incapacità di vivere il giorno in prossimità delle finestre, tanto che un bagno cieco diventa una meravigliosa stanza privata. Ma soprattutto, c’è l’impossibilità di stabilire normali rapporti umani, perché una ragazzina che vive solo di notte, rischia di mangiare chiunque si trovi davanti, e che non cresce mai, non può sperare di fare una vita normale, in cui fingere di essere un’umana come tutte le altre.
Per questo Let The Right One In diventa anche e soprattutto una storia di amicizia. Amicizia condannata, pericolosa, oscura, ma anche necessaria, nella misura in cui la serie riesce bene a raccontarci la tragedia di una condizione terribile, che spoglia i personaggi dell’umanità sia in senso letterale, sia metaforico, privandoli di tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta.
E “tragedia”, in generale, mi sembra la parola più giusta per raccontare la serie.
No, non è un prodotto allegro, e gli manca completamente la patina glamour di cui si diceva prima. Più che una condizione quasi magica e capace di regalare momenti goderecci, il vampirismo di Let The Right One In è qualcosa di cui tutti i personaggi farebbero volentieri a meno, e che impone compromessi e scelte difficili che, anche grazie a un certa dose di sfiga dei personaggi, finiscono con il costruire una stringente cappa di dramma, che lascia un’unica, costante sensazione di precarietà: sta per andare tutto a scatafascio, lo sappiamo benissimo, ma non possiamo impedirlo.
Un lavoro abbastanza peculiare, insomma, che a mio giudizio la serie svolge con abilità.
Certo, bisogna entrare nell’ottica che non stiamo guardando una serie teen e nemmeno un action, ma un drama velato di thriller che lascerà ben poco spazio alla gioia e a ritmi forsennati.
Se riusciamo a fare questo passo, però, allora Let The Right One In riesce a mostrare un suo fascino malato, un’oscurità cruda e meschina in cui ci importa effettivamente molto del destino dei personaggi e delle loro scarne occasioni di gioia, anche di quei personaggi umani che in altri show sarebbero pura carne da macello, e che qui tendono invece ad avere un peso narrativo maggiore, perché ogni morte conta.
Percepiamo l’umanità (biologica o emotiva) dei personaggi come molto vicina, molto concreta, come se stessimo guardando una storia che ci racconta come sarebbe “davvero” se un nostro parente o amico diventasse vampiro, rivelando quello che abbiamo sempre saputo, anche se abbiamo cercato di dimenticarlo correndo dietro a belloni e figone da teen drama: se il vampirismo fosse reale, sarebbe un vero schifo.
Perché seguire Let The Right One In: racconta i vampiri da una prospettiva diversa dal solito, riuscendo a imprimere grande forza drammatica alla storia e alle immagini.
Perché mollare Let The Right One In: se vi piacciono i succhiasangue glamour e figaccioni di tante altre serie, qui non ne troverete.