21 Giugno 2022

Privacy – Netflix: una serie che è quasi un manuale di educazione civica di Marco Villa

Cosa succede quando un video privato viene diffuso online: lo spunto di Privacy è interessante, ma lo sviluppo un po’ troppo manualistico

Pilot

In originale si chiama Intimidad, in inglese Intimacy e in italiano hanno optato per un titolo che in realtà è in inglese: Privacy. Al di là del nome, però, questa serie spagnola è nella top 5 delle serie Netflix più viste in Italia, un’accoppiata di fattori (nazionalità e successo su Netflix) che spesso fa rima con “serie inguardabile”. La prima notizia è che Privacy – Intimidad non fa parte del calderone delle serie peggiori, quelle che dopo mezza scena ti fanno rimpiangere di aver sprecato anche solo quei 45 secondi (tipo Palpito, per dire). Mica poco, eh.

Privacy è una serie spagnola, ma verrebbe quasi da dire che in realtà è una serie basca, perché è ambientata a Bilbao, ma soprattutto perché Bilbao è al centro di tutto. Del resto, il personaggio principale è Malen (Itziar Ituño, l’investigatrice della Casa di Carta), vicesindaco di Bilbao e candidata alla poltrona di sindaco per le prossime -imminenti- elezioni. Quando tutto sembra indirizzato verso la vittoria, arriva l’imprevisto: viene diffuso un video che ritrae Malen mentre fa sesso in spiaggia.

Per lei, tutto cambia: dal punto di vista politico (con il partito che le chiede di farsi da parte), ma anche dal punto di vista personale (il marito, con cui è separata di fatto da anni, che se ne va). La sua storia si incrocia con quella di Ane (Veronica Echegui, già vista in Fortitude), un’operaia che è andata incontro a un destino simile, con foto e filmati espliciti fatti girare nella fabbrica in cui lavora. Lei però non ha retto e si è suicidata: da qui inizia la battaglia della sorella Bego (Patricia López Arnaiz), che cerca di ottenere una qualche forma di giustizia.

Il tema, quindi, è chiaro: come la violazione della privacy può distruggere esistenze. E in particolare esistenze di donne: proprio l’essere donne è forse l’unico punto di contatto tra Malen e Ane, per il resto diversissime. Eppure entrambe subiscono lo stesso processo di derisione e allontanamento: Malen regge e rilancia, Ane soccombe. Soprattutto, dopo mille tentennamenti, Malen decide di denunciare e di trasformare la sua battaglia solitaria in una indagine ufficiale.

Tutto il senso di Privacy è contenuto in questa decisione, perché la serie è dichiaratamente educativa: certo, vuole raccontare una storia di finzione, ma quella storia è uno strumento per sensibilizzare il pubblico e dare in modo esplicito indicazioni su come comportarsi (o non comportarsi) in casi di questo tipo. 

Un po’ come accaduto con Nudes, la serie di Raiplay dedicata al revenge porn. Con una sostanziale differenza, però: Nudes era indirizzata a un pubblico di giovanissimi e quindi quel tipo di approccio era più che sensato. Privacy invece non è per nulla una serie teen, ma si pone nello stesso modo e non si contano, nei primi episodi, le volte in cui vengono ripetuti come mantra frasi come: “ricordati che sei tu la vittima” e gli inviti a denunciare ufficialmente quanto è successo. Al di là di una insistenza numericamente incoerente con la classica scrittura seriale, si potrebbe anche sorvolare.

Più difficile fare finta di niente di fronte alle reazioni dei comprimari alla pubblicazione dei video: non esistono reazioni misurate, tutto viene portato all’estremo, per cui i colleghi di Ane ridono tra loro e si danno di gomito durante il minuto di silenzio in sua memoria, il padre di Malen quasi la disconosce come figlia e in generale non c’è mai un momento in cui la stessa Malen viene abbracciata e sostenuta. L’intento è evidente: insistere su quel victim blaming che spesso è parte del racconto mediatico di eventi di questo tipo, ma il risultato è controproducente, perché rende tutto difficile da accettare a livello di verosimiglianza.

Si tratta del problema principale di Privacy, che in qualche modo può essere accettato in nome di quell’intento educativo cui si accennava prima. E soprattutto in nome di un livello di scrittura, recitazione e regia che dà diverse spanne di distacco al livello medio delle serie spagnole. Perché alla fine sempre lì si torna e per fortuna Privacy è tutto tranne che una brutta serie.

Perché guardare Privacy: perché questo è il livello medio che ci meritiamo

Perché mollare Privacy: perché gli intenti educativi sono troppo espliciti



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