Conversations with Friends – La seconda serie da Sally Rooney o si ama o si odia di Diego Castelli
Conversations with Friends è chiamata a reggere il confronto con la precedente Normal People: ce la farà?
Era il 5 maggio 2020 quando, con un ardore perfino più forte di quanto ricordassi (eravamo in piena pandemia, chissà se questa cosa ha avuto un peso), parlavo di Normal People, la prima serie tratta da uno dei romanzi di Sally Rooney, la scrittrice irlandese che, con solo tre libri all’attivo, è già da tempo un caso letterario mondiale.
Normal People, che raccontava le varie tappe dell’amore contrastato, totalizzante, prosciugante di un ragazzo e una ragazza, era effettivamente il secondo romanzo di Rooney, che ora approda in tv anche con il primo, Conversations with Friends, ancora una volta prodotto per BBC Three e Hulu.
Non c’è ancora una data di uscita italiana, ma Normal People era approdata su Starzplay. Vediamo cosa succede con questa. Intanto vi faccio una recensione senza spoiler, così stiamo sereni.
Io non ho letto i due romanzi, quindi non farò confronti fra schermo e pagina, ma fra le due serie sì.
Se Normal People raccontava la storia di due persone che erano entrambe protagoniste vere, con un’attenzione equamente divisa, Conversation With Friends si muove in modo un po’ diverso, raccontando teoricamente la storia di quattro persone, ma concentrandosi soprattutto sui pensieri e sensazioni di una di esse.
La protagonista vera e propria è Frances (Alison Oliver), una giovane studentessa appassionata di poesia, che si esibisce nei locali in performance letterarie costruire insieme all’amica ed ex fidanzata Bobbi (Sasha Lane).
La vita di Frances cambia quando incontra Melissa (Jemima Kirke) e Nick (Joe Alwyn), lei scrittrice affermata e lui attore, una coppia ricca e intellettuale che prende Frances e Bobbi sotto la propria ala. Caso vuole, naturalmente, che Frances si innamori di Nick, dando il via a una specie di quadrangolo (o quadrato? O quadrilatero?) dalle conseguenze imprevedibili.
Bene, con la trama smettiamo qui.
Vale la pena tornare per un attimo a Normal People, per ricordare i motivi del mio entusiasmo di allora. Di certo, la mia immediata passione per quella serie c’entrava poco con il concept, perché a conti fatti si raccontava la storia d’amore fra un ragazzo e una ragazza. Cioè, tanto piacere.
La differenza la faceva la messa in scena, e soprattutto il casting: nel raccontare le tempeste romantico-ormonali dei due protagonisti, Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal (lui candidato agli Emmy e vincitore ai BAFTA) riuscivano a tramutarsi in due creature vibranti di passione, paura, frustrazione, desiderio.
Sarebbe sicuramente ingeneroso limitare il successo di Normal People a quelle due performance, che non sarebbero state così incisive senza una buona scrittura e una buona regia, ma per i fan di quella miniserie resta negli occhi la chimica assoluta fra due interpreti capaci di comunicare moltissimo semplicemente con lo sguardo e con il corpo.
La loro forza espressiva era ciò che faceva la differenza fra una storia di passioni esacerbanti, e un polpettone melodrammatico buono per un canale di telenovele.
E per quanto, sicuramente, trovate anche chi vi dice che era un polpettone melodrammatico (tipo il Villa), chi riusciva a entrare nel meccanismo poteva contare su un’emozione assicurata.
Questo ricordo di Normal People mi pareva abbastanza necessario perché Conversations with Friends si muove nello stesso campo da gioco.
Anche in questo caso abbiamo una base narrativa abbastanza semplice (anche se certamente più articolata) e anche in questo caso quello che vediamo sono persone che parlano dei loro sentimenti, che si stupiscono della loro intensità, che cercano di trovare un equilibrio fra una vita che credevano inquadrata e ben indirizzata, e l’esplodere di passioni che mettono tutto in discussione.
Di nuovo, a leggerla così, niente di particolarmente originale. E allora l’interesse per la serie deve nuovamente passare per il modo in cui la scrittura riesce a sondare, sviscerare, analizzare i sentimenti dei personaggi (anche e soprattutto attraverso le loro stesse parole), e per il modo in cui attori e attrici si “vestono” con quei personaggi e quei sentimenti, facendoli arrivare fino a noi.
Per parte mia, l’obiettivo è raggiunto, ma forse raggiunto per metà, nel vero senso del termine.
Al contrario di Normal People, dove entrambi i protagonisti recitavano alla grande, qui l’impressione è che quella veramente brava sia solo Alison Oliver, che sembra letteralmente nata per la parte di Frances. Anzi no, sembra che sia Frances, come se stessimo guardando un documentario.
Il suo volto giovane e pulito, attraversato di volta in volta dal fuoco della passione, dal gelo del dubbio, dal dolore dell’imbarazzo, riesce continuamente a sorprendere, e ci prende per mano per farci vivere appieno un percorso emotivo che sentiamo con grande precisione e forza.
Intorno a lei, il livello è più basso. Che non significa basso in assoluto, ma più basso rispetto alla protagonista e alla serie precedente.
In particolare, non convince del tutto l’interpretazione di Joe Alwyn, chiamato a impersonare un interesse amoroso bello, fragile e inaccessibile, ma che alla fine troppe volte sembra semplicemente un po’ moscio.
Fra l’altro, nota di gossip, Alwyn è il fidanzato di Taylor Swift, e quando lo guardavo amoreggiare sullo schermo con altra gente pensavo “chissà a Taylor come gli rode, ma probabilmente ci farà una canzone e guadagnerà altri fantastiliardi, quindi a posto così”.
Ancora una volta, concentrarsi troppo sugli interpreti potrebbe essere fuorviante. Conversations with people è una serie ben messa in scena, con una buona ricerca sonora, e nel suo mondo piccolo borghese, dell’Irlanda di provincia, offre scorci da film indie che sicuramente possono piacere agli amanti del genere.
Non solo, anche il range tematico della narrazione è più ampio, non si parla solo di amore ma anche di amicizia, di arte, di gestione delle aspettative riguardo la propria vita, in misura maggiore di quanto non is facesse con Normal People.
(anche se ci sono alcuni elementi che forse avrebbero meritato maggiore approfondimento, come il burrascoso rapporto di Frances col padre)
Mi sembra però un fatto che, anche in questo caso, ci sia una sorta di imponente barriera all’ingresso. Se riuscite ad entrare nella storia, a farvi appassionare dai personaggi, perfino a innamorarvi di loro (e io a Frances un pezzo di cuore l’ho lasciato), le piccole delicatezze, i sospiri sognanti, le frustrazioni romantiche di Conversations with Friends sapranno appassionarvi quasi come un thriller.
Se invece non riuscite a fare quel passo (e non è cosa che si possa decidere a tavolino) allora Conversations with Friends svelerà anche un volto apertamente melenso e verboso, un’anima da soap che potrebbe farvi venire voglia di prendere i personaggi per le spalle e urlare “ma svegliati perdiooooo!!!”
La stessa Frances, che pure mi ha fatto battere il cuore, è anche una per la quale ci sarebbero diversi motivi per far partire gli insulti, ma non posso dettagliare perché.
Un’ultima avvertenza. Se è vero che sia Normal People che Conversations with Friends sono due serie che “si amano o si odiano”, devo anche ammettere che Normal People l’ho amata “di più”. Più intensa, più esacerbante, più dolorosa. Conversations mi è sembrata un po’ più all’acqua di rose, più delicata ma anche meno impattante. Quindi se già avevate avuto qualche problema con Normal People… io ve l’ho detto.
Perché seguire Conversations with Friends: ancora una volta l’amore secondo Sally Rooney è intenso, finemente analizzato, efficacemente interpretato (specie dalla protagonista).
Perché mollare Conversarions with Friends: di tutte le cose buone che si possono dire di questa serie, bisogna pure dire che Normal People era meglio.