Our Flag Means Death – Sempre affetto per Taika Waititi, ma meno del solito di Diego Castelli
Il creatore di What We Do In The Shadows produce una nuova comedy passando dai vampiri ai pirati, ma il risultato non è ugualmente ficcante
Quando è venuto fuori per la prima volta che stava arrivando una nuova serie prodotta e pure interpretata da Taika Waititi (cioè Our Flag Means Death di HBO Max), la mia prima reazione professionale è stata: uuuuuuuhhhhh.
Taika Waititi è anche capace di dividere, ma è certamente uno degli autori più importanti degli ultimi anni nonché uno dei più riconoscibili, per il misto di umorismo, creatività e ritmo che ha caratterizzato tutti i suoi lavori più recenti: che si tratti di Thor Ragnarok (uno dei pochi film del Marvel Cinematic Universe a non essere palesemente fatto con lo stampino), del bellissimo e premiatissimo Jojo Rabbit (in cui il nostro interpretava un Hitler-amico-immaginario), della piccola ma centratissima Reservation Dogs, o naturalmente di quel gioiello di What We Do in The Shadows, Taika non ci ha mai deluso: divertimento, originalità, sorprese a più non posso.
Per farla drammatica potrei dire “fino a oggi”, ma non abusiamo della retorica: semplicemente, nell’approcciare una serie come Our Flag Means Death, che nella mia testa era stata subito etichettata come una What We Do In The Shadows con i pirati al posto dei vampiri, mi aspettavo di andare in estasi mistica. Non è stato così, e dovremo farcene una ragione.
La storia, ovviamente molto romanzata, è però basata su un personaggio realmente esistito, questo Stede Bonnet che nei primi anni del Settecento, in piena Golden Age dei pirati, decise di mollare la sua agiata vita aristocratica per diventare, per l’appunto, un pirata, anzi un “Gentleman Pirate”, come sarebbe poi stato ribattezzato, perché rifiutava gli elementi più violenti di quella… carriera.
Trasportata in comedy, l’avventura di Stede Bonnet (interpretato da Rhys Darby) diventa quella di un uomo che insegue il sogno piratesco senza averne minimamente le qualità, perché è un pessimo leader, non sa combattere, non sa essere spietato quando deve, e non ha alcuna vera esperienza di navigazione.
La sua ciurma, già abbastanza immusonita dai risvolti noiosissimi dell’impresa di Bonnet, si ringalluzzisce solo quando sulla scena compare il famigerato pirata Barbanera (interpretato da Taika Waititi), il cui rapporto di strana amicizia con il protagonista diventa fonte di intrighi, complotti, e una discreta mole di gag demenziali.
Giusto per capirci sul valore sempre pericoloso delle aspettative, se questa fosse la prima volta che sentiamo il nome di Waititi (che comunque non è il creatore della serie, ma solo il produttore, perché la firma è di David Jenkins, già padre della buffa People of Earth), probabilmente promuoveremmo la serie con discreto entusiasmo.
Our Flag Means Death è uno show ben scritto, fluido, girato con perizia, sicuramente divertente, e con una trama “vera”, non solo un setting buono per le gag comiche. Non è un capolavoro, non rivoluziona il mondo della comicità, e nemmeno ci fa sganasciare fino a perdere il fiato, ma è una serie gradevole che si lascia guardare senza alcun problema.
Ovviamente, il problema viene dal fatto che ci aspettavamo un po’ di più. Per i nomi coinvolti, e anche per una rete come HBO Max, che comunque si porta dietro una credibilità non da poco, Our Flag Means Death suona troppo “normale”, uno show che avremmo potuto serenamente vedere su una qualunque rete generalista.
In questo senso, è inevitabile un po’ di delusione. Mentre scrivo questa recensione siamo quasi alla fine del primo ciclo di episodi, e onestamente ci sono stati pochi momenti davvero memorabili. Piuttosto che aspettare la seconda stagione di Our Flag Means Death, mi viene più spontaneo attendere con ansia la prossima di What We Do In The Shadows, che da tanti punti di vista (l’applicazione del mockumentary al fantasy, il ribaltamento comico dei cliché vampireschi della televisione e del cinema recenti, il gioco sulle personalità straniere – in molti sensi – dei protagonisti) è semplicemente più divertente, più originale, più fresca.
Qualcuno potrebbe anche dire “ma perché, visto che avevi già visto sei episodi su dieci, non hai aspettato di vederli tutti prima di scrivere la recensione, visto che SICURAMENTE quelle ultime puntate saranno clamorose e cambieranno completamente la percezione complessiva?”
Beh, per almeno due ottimi motivi: il primo è che mi piace vivere pericolosamente. Il secondo è che abbiamo una rubrica che si chiama Serial Moments che è lì apposta per riparare qualunque torto fatto in sede di recensione.
Era oggettivamente una domanda sciocca.
Perché seguire Our Flag Means Death: è una comedy piratesca agile e divertente, che ispira facile simpatia.
Perché mollare Our Flag Means Death: non riesce a raggiungere i picchi dell’altra grande comedy seriale prodotta da Taika Waititi, What We Do In The Shadows.
PS uno degli elementi più curiosi della serie, per noi serialminder di lungo corso, è la presenza nel cast di Kristian Nairn, cioè Hodor di Game of Thrones, che qui finalmente può parlare quanto vuole.