That Dirty Black Bag, lo spaghetti western italiano che non ti aspetti di Marco Villa
That Dirty Black Bag va su AMC+, ma ha ideatore, regista e sceneggiatori tutti italiani. E soprattutto è un western fatto come si deve
La storia è strana, direi unica. That Dirty Black Bag è una serie a co-produzione italiana (Palomar, per l’esattezza, insieme alla canadese Bron), girata in parte in Italia, ideata e diretta da un italiano (Mauro Aragoni) e con un team creativo italiano (lo stesso che ha seguito la scrittura de Il Cacciatore). That Dirty Black Bag però non va su Rai e nemmeno su Sky e non è neanche una produzione originale di Netflix o Prime Video. No, That Dirty Black Bag va su AMC+, ovvero il servizio di streaming di AMC. Insomma, è una serie di fatto italiana, ma che viene lanciata senza passare dall’Italia, al punto che al momento non si sa quando sarà disponibile da noi.
That Dirty Black Bag è uno spaghetti western in formato serie e in versione contemporanea. Già la prima sequenza è una dichiarazione di intenti, con il classico duello, il pistolero solitario e infallibile che uccide il rivale. Poi, però, il colpo di scena: il pistolero, sempre lui, estrae un’accetta e decapita la vittima, mettendo la testa in un sacco e portandola con sé.
Non si tratta di un serial killer, ma di un cacciatore di taglie che deve dimostrare di avere ucciso i ricercati che ha trovato e “una testa pesa meno di un corpo”, come ripete diverse volte nel corso dell’episodio. Insomma: partenza classica e subito deviazione. Il pistolero in questione è Red Bill (Douglas Booth, visto in And Then There Were None) ed è uno dei due personaggi principali insieme ad Arthur McCoy (Dominic Cooper di Preacher), l’immancabile sceriffo dell’immancabile cittadina polverosa, travolta dalla corsa all’oro e adesso abbandonata a se stessa, con tanto di mancanza d’acqua cronica e devastante. I due si scontrano fin dalla prima volta che si vedono, ma nel loro passato potrebbe esserci qualcosa che li lega.
E poi il tipico riccone che vuole costringere degli agricoltori a vendergli la terra, convinto di trovarci dell’oro e quegli stessi agricoltori che resistono con le unghie e con i denti. E poi vuoi fare a meno della tenutaria del bordello locale?
McCoy rappresenta la parte più classica del genere, mentre Red Bill è l’anima che vira più verso l’horror: non è solo la questione della decapitazione, perché il personaggio di Booth viene anche sequestrato da un sadico torturatore che ha la faccia di Aidan Gillen, che è sempre un piacere.
That Dirty Black Bag è una serie ben girata e interpretata (arriverà anche Travis ‘Ragnar’ Fimmel, che è anche produttore), un prodotto di genere che gioca su codici molto chiari e su una storia raccolta: una manciata di personaggi, uno spazio ben definito. Siamo lontani, insomma, dall’ampiezza di racconto (e dalla portata) di una 1883, che voleva descrivere un’epoca e un mondo interi. Qui c’è un mondo da raccontare, ma è un microcosmo fatto di interessi personali, più che di grandi aspirazioni collettive.
E anche in questo senso è un western molto spaghetti, in cui gli eroi (buoni o cattivi) sono sempre solitari e agiscono per un chiaro obiettivo personale: che sia ricchezza o vendetta, poco conta. Conta che pialleranno tutto quello che si presenterà sulla propria strada. That Dirty Black Bag è esattamente tutto questo, realizzato a ottimo livello. Ed è pure italiana, in buona parte. Mica male.
Perché guardare That Dirty Black Bag: perché è un classico ben realizzato
Perché mollare That Dirty Black Bag: perché, come sempre in questi casi, se non siete appassionati di western, tanto vale guardare altro