Inventing Anna – Netflix: storia di una truffatrice contemporanea, secondo Shonda Rhimes di Marco Villa
Inventing Anna è la storia (quasi del tutto vera) di Anna Delvey, la ragazza che truffò l’alta società di Manhattan
Inventing Anna o Inventing Julia Garner. Prima ancora di parlare della serie, è il caso di fare un piccolo cappello sulla sua protagonista. Che poi: forse non interpreta nemmeno il personaggio principale, ma è evidente fin dal titolo che tutto ruota intorno a lei. Julia Garner ha 28 anni, si è fatta notare innanzitutto in Ozark, per poi mettere insieme un bel po’ di titoli in poco tempo: Waco, Maniac, Modern Love. E poi il cinema, certo. Julia Garner non è la classica attrice che si impone di colpo come protagonista assoluta di film o serie: il suo percorso è molto più graduale e passa per ruoli marginali o da comprimaria. Il tempo sullo schermo magari non è eccessivo, ma Garner lo sa sfruttare al meglio, perché appartiene a quella categoria di interpreti che ha una dote naturale e innegabile: il carisma.
La costruzione del personaggio Julia Garner è progressiva e l’ha resa oggi un’attrice che è senz’altro tra i nomi più interessanti dell’industria, ma che è allo stesso tempo un po’ laterale, quasi sfuggente. E questa è la descrizione non solo di Julia Garner, ma anche di Anna Delvey, il personaggio che interpreta in Inventing Anna, serie disponibile su Netflix dall’11 febbraio, basata su una storia vera e su come venne raccontata nel 2018 da un articolo del New York Magazine firmato da Jessica Pressler.
Julia Garner è il primo nome che ho citato per parlare della serie, ma a rigor di logica sarebbe dovuto essere il secondo, dopo quello di sua maestà Shonda Rhimes, alle prese con la prima serie del suo mega-accordo con Netflix in cui figura come creatrice e autrice. La Anna del titolo è Anna Sorokin/Delvey, una ragazza che conquista l’alta società di New York grazie a doti come gusto, eleganza e capacità di tessere relazioni, qualità che siamo abituati a vedere in serie ad ambientazione ottocentesca. Inventing Anna è invece ambientata nella Manhattan di meno di dieci anni fa, palcoscenico su cui si muove questa ragazza minuta, che dichiara di avere una grande ricchezza alle spalle e un padre che le compra tutto quello che chiede, salvo nei momenti in cui litigano e quindi lui chiude i canali.
In apparenza è perfetta incarnazione dello spirito altissimo-borghese della città, peccato che sia tutta un’illusione. La storia di Inventing Anna infatti è la storia di una truffatrice, che riesce a inventare – appunto – un personaggio in grado di infilarsi in un ambiente e di sottrarre grandi quantità di denaro a chi ne fa parte. Truffa, quindi, ma truffa a persone talmente ricche che nemmeno si accorgono dei soldi che perdono e che, a cose fatte, si preoccupano soprattutto dei danni di immagine per avere concesso eccessiva fiducia.
Inventing Anna comincia dalla fine di Anna Delvey e dal suo arresto, che mette luce su tutto il castello che ha costruito negli anni precedenti. Apparenze di ricchezze e bella vita, condivise su Instagram e quindi a tutti gli effetti reali. Quando Anna viene arrestata, tutto crolla, a cominciare dai rapporti creati nel tempo, perché ogni amico sparisce. In compenso, si interessa di lei Vivian, una giornalista incinta che vuole provare a piazzare un colpo importante prima di fermarsi per la maternità.
Vivan è interpretata da Anna Chlumsky, una con il poco brillante record di sei nomination e nemmeno un Emmy vinto, per il suo ruolo di Amy Brookheimer in Veep. Dopo qualche incertezza iniziale, Vivian riesce a convincere Anna ad aprirsi e inizia così la sua inchiesta su di lei, che la porterà a contattare tutte le persone con cui la ragazza è entrata in contatto. Dal momento che Anna è palesemente inattendibile, Vivian dovrà cercare di ricostruire la sua storia e la sua identità incrociando le dichiarazioni di chi ha vissuto accanto a lei nel suo momento di massimo splendore.
Inventing Anna è la storia di come Vivian cerca di ricostruire un personaggio inattendibile, sfruttando come unica risorsa dei testimoni a loro volta inattendibili. I primi episodi della serie (ma c’è da credere che sia tutta impostata in questo modo) sono un continuo slalom tra non detto e mezze verità: la strada con cui Anna è riuscita a imporsi nel suo circolo di conoscenze non viene raccontata in modo diretto, ma attraverso un avvicinamento progressivo, quasi a spirale, che rende Garner e Chlumsky in uno scambio continuo tra protagonista e supporto.
Ogni momento di contatto, però, è seguito da un allontanamento, nella riproposizione di quel gioco perverso che aveva unito la truffatrice e le sue vittime, in un legame di mutua dipendenza e ricerca. Una scelta narrativa di questo tipo è senz’altro da applaudire e Shonda Rhimes dimostra per l’ennesima volta la sua capacità di scrittura, con scene ritmate e dialoghi mai banali. L’altro lato della medaglia, però, è che procedere per cerchi concentrici richiede tempo e quel tempo lo si vede chiaramente nella durata dei nove episodi, che vanno da un minimo di 65 a un massimo di oltre 80 minuti. Al netto dell’appena citata qualità di scrittura, si tratta di minutaggi che si fanno sentire, forse più adatti a una miniserie in poche puntate.
Si tratta di un elemento non da poco, ma comunque trascurabile di fronte a una storia interessante e raccontata con stile. Una storia che ovviamente racconta molto più della singola vicenda umana di Anna, andando a toccare temi fondamentali del nostro tempo presente: dalla distanza tra percezione e realtà, fino al bisogno spasmodico di una rete sociale fatta di apparenze, passando per la ricerca di denaro e posizione sociale. Tutti temi che, messi così uno in fila all’altro, fanno già moralismo e bacchettonesimo. Due tendenze che però in Inventing Anna non compaiono mai, almeno nei suoi primi episodi. E questo è forse uno dei pregi più grandi della serie.
Perché guardare Inventing Anna: per la storia e il modo in cui viene raccontata
Perché mollare Inventing Anna: perché la durata delle puntate non è indolore