Pivoting – FOX: una comedy di una banalità sconcertante di Marco Villa
Pivoting vorrebbe tanto essere graffiante, ma finisce per essere solo tanto, tanto, tanto banale
Se voleste sapere di cosa parla Pivoting, la nuova serie partita negli Stati Uniti su Fox il 9 gennaio, vi basterebbe andare all’incirca al minuto tre del pilot. È in quel momento, infatti, che una delle tre protagoniste Ginnifer Goodwin pronuncia questa battuta: “Se c’è qualcosa che ci ha insegnato questa morte, è che non sappiamo quanto tempo ci è rimasto”. Il “noi” a cui fa riferimento è quello composto dal suo personaggio Jodie e dalle sue grandi amiche Amy (Eliza Coupe) e Sarah (Maggie Q), mentre la morte è quella di Colleen, che andava a comporre il quartetto di best friend forever che andava avanti dal liceo. Colleen è morta di cancro e Pivoting parte proprio dal suo funerale, che ovviamente destabilizza le sue amiche e le mette di fronte alla propria vita, con un interrogativo ineludibile: ma non è che la stiamo sprecando, questa nostra esistenza? Ovvero, quello che ha detto il personaggio di Ginnifer Goodwin. E non so come la pensate voi, ma per quanto mi riguarda non è mai un bel segno se a fare il pitch della serie non è uno degli autori, ma uno dei personaggi.
Il primo episodio di Pivoting dura 22 minuti e in quei 22 minuti non si viene mai sorpresi, mai stimolati, mai spiazzati. Ed è un problema di per sé, a maggior ragione se riferito a una serie come Pivoting che vuole invece essere irriverente e non troppo da generalista, come dimostrato dalla foto in apertura. Tutto invece si snoda con banalità, con creatività sotto il minimo sindacale. Per dire: Amy è la madre in carriera che fatica a trovare tempo per i figli: anzi, non vuole trovarlo perché non sa bene come rapportarsi con loro. Spinta da quel “non abbiamo una vita infinita” alla base della serie, prova a trovare un legame più forte. Per dimostrare la sua scarsa abitudine con loro, viene messa in una situazione incredibilmente comica: gestire un imprevisto cambio di pannolino della più piccola. Wow.
Come reazione alla morte dell’amica, invece, Jodie si pone come proposito di andare in palestra (eh?) e di conquistare il personal trainer. Per dimostrare che la sua forma è già migliorata, vuole mandargli una foto in cui indossa un paio di jeans skinny, ma finisce incastrata nei pantaloni. Pazzesco. Resta l’ultima, resta Sarah, che invece lascia il posto da medico al pronto soccorso per via dello stress e di un burrito che i colleghi le hanno mangiato. E decide di andare a lavorare in un supermercato: ecco, la soggettiva che ci mostra i commessi dal punto di vista di Sarah, che li idealizza come persone felicissime e soddisfatte, è forse l’unico guizzo creativo dell’episodio.
I tre personaggi principali di Pivoting condividono lo stesso (doppio) punto debole: non hanno carisma e non hanno follia. Non ti appassionano per come affrontano la vita, né per come la ribaltano. E allora perché dovresti seguirli? Infatti. Pivoting (creata da Liz Astrof, già al lavoro su 2 Broke Girls, Raising Hope e The Conners) vorrebbe tanto essere contemporanea e graffiante, ma non sa offrire appigli per essere guardata. Ma nemmeno uno, al punto che la cura dedicata a regia, fotografia e montaggio, sembra quasi una cortina fumogena per confondere le idee. Ma è solo la superficie, perché la sostanza è di una banalità sconcertante. E vi assicuro: non era facile essere così piatti.