Hellbound su Netflix: non è la solita serie horror di Diego Castelli
Dalla Corea del Sud una nuova serie soprannaturale che sa certamente tirare pugni in faccia, ma che ha in testa un ragionamento preciso
Siamo d’accordo, vero, che possiamo discutere di una serie sudcoreana di Netflix senza fare più paragoni con Squid Game?
Perfetto, così mi piacete.
Oggi parliamo di Hellbound, una serie molto breve, solo sei episodi salvo eventuali rinnovi, approdata sulla piattaforma lo scorso 19 novembre e creata da Yeon Sang-ho, che l’ha tratta da un suo omonimo webtoon. Ci ho messo qualche giorno a vederla, complici altre priorità seriali di vario genere, ma poi mi ci sono buttato quando il Villa mi ha detto “ho guardato il primo episodio, ci sono i mostri ma non mi sembra male”. E voi capite che una serie in cui ci sono i mostri ma che non per questo viene schifata dal Villa stuzzica immediatamente la mia attenzione.
A conti fatti, si è scoperto che Hellbound è una gran bella serie, molto diversa da come si poteva pensare dopo i primi minuti di pilot, e guidata da un’idea di racconto e perfino filosofica molto molto precisa.
Per raccontarla decentemente, sappiate che farò qualche piccolo spoiler. Mi limiterò allo stretto indispensabile, ma qualcosa dovrò dire, perché sennò non analizziamo niente.
Serialminder avvisati…
Il nucleo narrativo, l’idea da cui Hellbound prende le mosse, è spiegata con una certa dovizia di particolari già nella prima parte del pilot: a sempre più gente sta capitando di ricevere la visita di una misteriosa facciona inquietante che fluttua a mezz’aria, un “angelo” che annuncia alla persona che entro un tot tempo morirà e andrà all’inferno. Quando poi arriva il momento annunciato, dovunque il condannato si trovi, spuntano dal nulla tre energumeni demoniaci che lo riempiono di sanguinose mazzate e poi lo bruciano in una vampa infernale che lascia sul posto un misero scheletro annerito.
Nessuno conosce il motivo di questi incredibili eventi, che nel giro di poco diventano di completo dominio pubblico: alle entità soprannaturali che condannano la gente all’inferno non interessa farlo nel buio di un vicolo o nel silenzio di una casa, si presentano anche di fronte a decine di telecamere e fotografi: quando arriva il tuo momento, il momento che ti è stato annunciato, i demoni arrivano e ti ammazzano, punto e basta.
Nel tentativo di dare una spiegazione a tutta la faccenda, particolare rilievo assume l’organizzazione nota come Nuova Verità, guidata da un Presidente chiamato Jeong Jin-soo, che offre ai suoi adepti presenti e futuri una motivazione semplicissima, dal sapore ancestrale: il “mandante” delle uccisioni è Dio stesso, che si è rotto di “suggerire” agli umani come vivere una retta vita, e ha deciso di farci vedere che, se pecchiamo, verremo puniti.
Fin qui di spoiler grossi non ne ho piazzati, ma ora arriva quello forse più importante: sappiate che non si scoprirà il vero motivo di queste morti, e anzi il punto è proprio questo.
Nel raccontare una situazione assurda e particolarmente orrorifica, in cui la violenza dei boia infernali colpisce proprio per la sua ineluttabilità (viene da pensare a Terminator, quando il buon Kyle Reese diceva a Sarah Connor, a proposito del cyborg che la voleva morta, “non si può patteggiare con lui”), Hellbound costruisce in realtà una metafora dell’esistenza umana in quanto tale, in cui le creature soprannaturali sono solo un’estremizzazione dell’effettiva presenza del caos nelle nostre vite, un caos con il quale, per l’appunto, è impossibile ragionare o venire a patti.
Ma se l’interesse della serie non sta tanto nel descrivere e spiegare l’elemento soprannaturale (che pure è, cinematograficamente parlando, un espediente di grande impatto), allora il vero fuoco della narrazione si sposta sulla reazione umana a quel caos. Nel seguire l’evoluzione e l’espansione della Nuova Verità – ma soprattutto di quello che possiamo considerare il suo braccio armato non ufficiale, quella “Punta di Freccia” che recluta persone disposte a cercare, menare, interrogare, perfino uccidere chi non accetta di confessare i suoi peccati dopo aver ricevuto la condanna da parte dell’angelo – Hellbound racconta qualcosa di parecchio significativo della società in cui viviamo, e forse della nostra specie in generale.
La cosa più terribile, in Hellbound, non sono i mostroni, che per carità, fanno paurissima, ma che effettivamente possono essere assimilati a un terremoto, un uragano, il Covid: cose che ti possono capitare, insomma. Quello che fa davvero paura è la capacità umana di prendere il suo naturale (e utilissimo) bisogno di dare un senso alle cose, per trasformarlo in forme più o meno esplicite di dogmatismo, pensiero unico e intolleranza.
Anche quando viene messo di fronte alle prove del fatto che, con ogni probabilità, tutto il discorso morale e dei peccati non serve a nulla nel descrivere l’attività dei demoni forzuti, il sistema di potere e influenza creato dalla Nuova Verità non accetta di rivedere le proprie posizioni o addirittura di estinguersi, ma sceglie invece di preservare se stesso, anche a costo di sovvertire la realtà.
Nella sua smaccata eppure efficacissima semplicità, Hellbound ci mostra il lato oscuro dell’umanità come un prodotto quasi inevitabile delle sue caratteristiche naturali, come una deviazione sempre possibile del suo stesso slancio conoscitivo. Parla di fanatismo e di fanatismo religioso nello specifico, ma non sarebbe difficile trovare analogie con altre situazioni viste per esempio in tempo di pandemia, tipo l’acritico fanatismo novax di cui si parla tanto in queste settimane, ma anche gli insulti piovuti dai balconi alla gente che, nei primissimi mesi di epidemia, faceva jogging solitario al parco cercando di mantenere una salute fisica e mentale.
Insomma, una serie che parte da premesse apparentemente di genere molto stretto (e che non a caso ce le getta addosso fin da subito, senza alcuna preparazione tipica di altri prodotti che quel genere lo incarnano “davvero”), ma che poi ci svela uno scopo molto diverso, un ragionamento culturale e sociale più complesso, che non rinuncia alla suspense, alla tragedia e anche alle sorprese, ma vuole raccontarci qualcosa che, a guardare solo i demoni incazzosi venuti su dall’inferno, era difficile prevedere.
Poi ci sarebbe anche un altro ragionamento da fare su una specifica cosa che succede nel finale, e che si presta a più interpretazioni, ma mi sembra di aver spoilerato già troppo, magari se ne riparla nei commenti o nel podcast, a tempo debito.
Perché seguire Hellbound: è una serie ficcante, precisa, basata su un’idea forte.
Perché mollare Hellbound: se vi interessa una serie horror che sia solo horror e morta lì, Hellbound lo sembra ma non lo è.