La Mitomane – Netflix: la “nuova” serie del creatore di Les Revenants di Marco Villa
La Mitomane è scritta e diretta da Fabrice Gobert ed è una serie francese di assoluta qualità: una dramedy vera, per una volta
Bastano pochi secondi per capire che La Mitomane è una serie di un certo livello. Sono quelli che coincidono con il movimento di macchina che apre il primo episodio, un carrello che corre lungo una strada di una zona residenziale. Siamo in Francia, ma potremmo essere negli Stati Uniti più profondi o nella bassa bresciana. Casette monofamigliari, con il box accanto. Tutto molto ordinato, ma con un elemento che stona: il carrello si conclude su un’ambulanza con le porte posteriori spalancate. La vettura è ferma davanti a una casa, da dove vengono fatte uscire due barelle: una porta un cadavere, l’altra porta una donna che viene caricata sull’ambulanza. È un inizio straniante, con una fotografia glaciale: ci aspettiamo il più classico dei cartelli “Tre settimane prima”. E invece no: la serie inizia e scopriamo che questa scena di apertura e soprattutto quel cadavere mostrato nei primissimi istanti della serie è solo un piccolo dettaglio, che viene affrontato quasi di sfuggita in un dialogo. E allora capisci che forse non si tratta dell’incipit che verrebbe insegnato in una scuola di sceneggiatura, ma è il segno di una serie che non si accontenta di fare il minimo sindacale.
Del resto La Mitomane è una produzione di Arte e il regista è Fabrice Gobert, che firma anche come creatore insieme a Anne Berest. Se il nome di Gobert vi suona, avete buona memoria, perché è stato creatore e regista di quel gioiello assoluto chiamato Les Revenants, che era in fondo una rivisitazione di un tema classico come quello degli zombie, per quanto affrontati in modo “civile”, vien da dire, tenendo fuori tutta la parte survival. La Mitomane (Mytho, in originale) è lontanissima da quel mondo, per storia e tono. Andata in onda in Francia dal 2019, è arrivata da poco su Netflix con due stagioni. Al centro della vicenda c’è Elvira Giannini (Marina Hands), donna sull’orlo di un esaurimento personale. Si porta sulle spalle tutto il peso della sua (numerosa) famiglia: il marito con velleità artistiche (e amante annessa), una figlia piccola fissata con i crimini del nazismo, quella di mezzo che è transgender, la maggiore che è la classica adolescente ribelle. A questo aggiungete il fatto che Elvira ha pure la sua dose quotidiana di problemi sul lavoro e ottenete un livello di stress non da poco, acuito dal fatto che tutti danno per scontata la sua presenza e il suo impegno. Di colpo, Elvira si rende conto di essere ignorata da chi la circonda e, nel tentativo estremo di ribaltare questa situazione e di destare almeno l’attenzione del marito, gli comunica di avere un cancro al seno. Non è vero, non è malata, ma subito l’atteggiamento del marito cambia: a quel punto, diventa complicato fare retromarcia.
Tutta la serie è giocata su questo detto-non detto, sul fatto che una donna in gamba, ma profondamente insicura giochi sporco per ottenere quello che le spetterebbe, in termini di gratificazioni e attenzioni. Non siamo però dalle parti dell’Avversario di Carrere, dove una menzogna conduce dritta dritta a una strage famigliare. Il tono qui è molto ironico, verrebbe da usare la parola dramedy, se solo non fosse una delle definizioni più odiate qui a Serial Minds. Però per una volta è quella giusta: il dramma c’è ed è quello di questa donna piccolo-borghese che ha tutto, ma in realtà non ha niente. Ma anche la commedia c’è, perché nel primo episodio sono diversi i punti in cui si sorride con convinzione. Il tutto grazie a una sceneggiatura precisissima, a interpreti perfetti e a quella regia di cui abbiamo già parlato in apertura. Certo, come tutte le serie molto misurate, è difficile appassionarsi con trasporto, ma è il classico altro lato della medaglia. Ogni settimana arrivano su Netflix quintalate di prodotti da ogni paese, spesso piuttosto prescindibili. Far finire La Mitomane in questa categoria sarebbe però un errore. E un peccato.
Perché guardare La Mitomane: per la precisione di scrittura, regia e interpretazione
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