Lupin – Netflix: perché la seconda parte è una delusione di Marco Villa
È arrivata la seconda parte di Lupin: tutti ci aspettavamo fosse come la prima, invece c’è stato un netto calo
ATTENZIONE: SPOILER SULLA SECONDA PARTE DI LUPIN
È stata una delle primissime sorprese del 2021: arrivata poco dopo le feste di Natale, Lupin si è subito imposta come una delle novità di maggiore successo, riuscendo addirittura a superare un’altra grande hit di Netflix come Bridgerton, pubblicata pochi giorni prima. Un risultato clamoroso, che ai tempi ci spiegammo con la capacità della serie con Omar Sy di trovare un tono scanzonato, che elimina ogni tipo di tensione, puntando tutto su un intrattenimento leggero e sul fascino (leggero pure quello) del personaggio principale. Lupin senza Lupin, in un gioco di specchi che ha trovato fin da subito un ottimo equilibrio, facendo della scorrevolezza il proprio punto di forza. E pazienza se la sceneggiatura aveva qualche buco di troppo: come detto, la parte thrilling è stata eliminata in maniera netta, quindi chi se ne importa della verosimiglianza da questo punto di vista?
A gennaio sono stati pubblicati i primi cinque episodi, altri cinque sono arrivati l’11 giugno: non una seconda stagione, ma la seconda parte della prima stagione. Ovvero: episodi girati tutti insieme e poi spezzati, vuoi per ragioni di Covid e gestione delle sale montaggio, vuoi per questioni di comunicazione e marketing. Poco importa, sta di fatto che sei mesi dopo l’esordio, è arrivata la seconda parte, che purtroppo segna un calo di qualità piuttosto netto. Un calo che è evidente già dalle primissime sequenze, mal scritte e mal girate.
Come detto sei mesi fa e come accennato in apertura, il pregio maggiore di Lupin sta nel suo voler essere innanzitutto intrattenimento e nel fatto di riuscire a raggiungere questo obiettivo con naturalezza incredibile. Nei primi cinque episodi, il dramma è quasi inesistente: ci sono parentesi drammatiche (su tutte la storia del padre di Assane), ma si tratta appunto di parentesi, che vengono archiviate con una mezza impresa dell’emulo di Lupin o con qualche invenzione da romanzo di una volta.
La fine della prima parte, con l’uccisione della giornalista che da sempre indaga sul ricco cattivone Hubert Pellegrini e con il rapimento del figlio di Assane, segna un cambio di passo: il dramma adesso c’è e i primi episodi di giugno aumentano ancora di più il carico, con lo stesso figlio che rischia di morire carbonizzato in quella che un tempo sarebbe stata definita “un’escalation di tensione”. Assane ovviamente perde leggerezza, mentre l’antagonista Pellegrini indossa l’abito del mandante spietato, che fa uccidere a ripetizione senza battere ciglio. Questo cambiamento fa saltare gli equilibri e Lupin ha perso la propria identità. Provando a ripensare a questa nuova tranche di episodi, si fatica a trovare momenti potenzialmente etichettabili nel faldone “leggerezza”. Si è persa infatti la parte più avventurosa, che riemerge giusto negli ultimi due episodi, con l’escursione nelle catacombe e la fuga dal teatro, dove torna anche il tema travestimento, così centrale in passato.
La ragione è francamente difficile da capire, perché come detto le riprese erano terminate prima della pubblicazione delle puntate di gennaio. Si fosse trattato di una vera seconda stagione, il discorso sarebbe stato più semplice e si sarebbe potuto parlare di un cambio di rotta venuto male. In questo caso è forse più corretto parlare di Lupin come di un’unica stagione, che inizia bene, ma poi si perde man mano che si avvicina al finale. Come abbiamo detto abbondantemente a gennaio, Lupin non è e non sarà mai la serie che cambia la storia, ma la delusione comunque c’è, inutile negarlo. A questo punto resta la curiosità per vedere che strada prenderà la terza parte, annunciata nei titoli di coda, che di fatto sarà la vera seconda stagione, quella che arriverà dopo la trasformazione della serie in un fenomeno globale.