Friends: The Reunion – Ne avevamo paura e invece è solo amore di Diego Castelli
Lo speciale prodotto da HBO Max è un viaggio nei ricordi fatto da persone che amiamo e che si amano fra loro. Impagabile.
Ogni lunedì, da circa otto anni a questa parte, scrivo su questo sito una rubrica chiamata “Serial Moments”, che raccoglie i migliori “momenti seriali” della settimana precedente. Qui io lo faccio con le serie tv, ma tutti noi lo facciamo ogni giorno con la vita: tanti attimi perduti nella banalità e nella ripetizione, ma qui là piccole scintille che, a volte senza grande motivo, ci si imprimono nella mente e non se ne vanno più.
Ieri sera, come migliaia di miei coetanei, ho partecipato a un rito collettivo che probabilmente rimarrà nella storia per tanti anni, ovvero la prenotazione del vaccino contro il Covid-19.
E trovo ci sia qualcosa di stranamente poetico nel modo in cui questo momento, in cui premevo compulsivamente il pulsante refresh per farmi trovare pronto all’apertura, sia trascorso mentre guardavo lo speciale dedicato alla reunion di Friends.
Un pezzo così importante della mia giovinezza, lì a tenermi la mano mentre compivo questo passo così semplice eppure così decisivo nella nostra vita adulta.
Friends è la mia serie tv preferita. Per i suoi meriti tecnici indiscussi e universalmente riconosciuti, naturalmente, ma anche perché è uno show che mi ha accompagnato in anni formativi che, sarà un cliché ma è vero, non tornano più.
Per questo ero molto preoccupato alla prospettiva della reunion. Ero elettrizzato, certo, ma la temevo quando si pensava che fosse un vero e proprio episodio aggiuntivo, scritto e recitato, perché avevo negli occhi certe goffe sbrodolate viste con Sex and the City, Gilmore Girls, e in parte anche Beverly Hills 90210 (che pure, comunque, avevo apprezzato nel suo essere molto autoironico).
Allo stesso tempo, l’ho temuta anche dopo, quando si è saputo che sarebbe stato un unscripted – cioè uno speciale non narrativo, ma appunto una celebrazione di Friends senza un effettivo ritorno dei personaggi – perché a quel punto, molto semplicemente, non sapevo più cosa desiderare, avevo paura che un “semplice” speciale sarebbe stato troppo poco rispetto all’aspettativa che, volente o nolente, mi ero creato.
C’è però un momento, verso la fine dello speciale, in cui Marta Kauffman, co-creatrice dello show, dice una cosa di una semplicità disarmante, ma su cui fino a quel momento non avevo riflettuto: Friends è una serie dedicata a quel periodo della vita in cui i tuoi amici sono la tua famiglia, e finisce nel momento in cui ognuno di quegli amici si fa una famiglia vera, nel senso tradizionale del termine. Per questo Friends è terminata nel momento in cui doveva terminare, per questo non vedremo mai un suo seguito vero e proprio, e per questo è giustissimo aver costruito uno spettacolo che non il seguito di niente, ma un’occasione per stringerci vicini vicini e ricordare tutti insieme.
Ma se anche questa considerazione viene esplicitata solo verso la fine, non ne avevo bisogno: nel momento in cui questo speciale di quasi un’ora e tre quarti (che trovate su Now Tv e Sky) è iniziato, ho cominciato a sorridere e non ho smesso finché non è finito.
QUI PARTE UNA SEZIONE DI SPOILER, SALTATE SOTTO SE NON AVETE ANCORA VISTO LO SPECIALE
Non so quanto sia utile o interessante farne una disamina precisa punto per punto, magari più sotto segnalo i miei momenti preferiti. Possiamo riassumere dicendo che la reunion si compone di un po’ di “blocchi”, ognuno dei quali viene spezzettato e mescolato con gli altri per evitare rallentamenti eccessivi: il ritorno dei sei attori e attrici sul set, senza nessuno intorno e con la possibilità di far fluire emozioni e ricordi; l’intervista con James Corden in presenza del pubblico, che a sua volta è stata divisa in piccole sotto-sezioni dedicate a specifici argomenti ed eventi (l’arrivo di alcune guest star, la sfilata con i più famosi costumi di scena, la rivelazione di alcuni retroscena mai svelati, come la cottarella che Jennifer Aniston e Davis Schwimmer si erano presi l’uno per l’altra, senza però mai “consumare”); i commenti e le riflessioni di alcuni personaggi famosi e non, partendo dai co-creatori David Crane e Marta Kauffman, passando per David Beckham, Kit Harington e Mindy Kaling, arrivando a gente comune in tutto il mondo; la rilettura, da parte del cast, di alcuni brani di sceneggiatura degli episodi più famosi; alcuni momenti di gioco sul set, come una riproposizione aggiornata del mitico quiz con cui nella serie Joey e Chandler vinsero l’appartamento di Monica e Rachel, o il momento in cui Lady Gaga (!!!!) entra in scena per cantare Smelly Cat (che in italiano conoscevamo come “Gatto Rognoso”) con Lisa Kudrow / Phoebe.
Se dovessimo farne una fredda analisi tecnica, è uno speciale ben progettato (il regista è Ben Winston, che era stato autore di quasi metà delle puntate del Late Show di James Corden e che viene soprattutto dalla musica, avendo scritto o diretto serate dei Grammy, video degli One Direction ecc). Uno show abbastanza lungo, ma che scorre veloce in una miriade di spunti, ricordi, sorprese, continui mescolamenti fra immagini di repertorio e riprese di oggi. C’è soprattutto, come forse era logico che fosse, una grande attenzione per i personaggi, con la camera e spesso i microfoni che vanno a esplorare i volti di Jennifer Aniston, Courteney Cox, Lisa Kudrow, David Schwimmer, Matthew Perry e Matt LeBlanc, trovandoci quello che in fondo speravamo di trovare: un’emozione non solo nostra, ma anche loro, al pensiero di ripercorrere certe memorie e certi palcoscenici.
Paradossalmente, la rilevanza di Friends nell’immaginario collettivo la vediamo anche nella brevità di certe apparizioni di altre star: che una stella mondiale come Lady Gaga venga a fare due-minuti-due di comparsata canora, o che Cara Delevingne e Cindy Crawford vengono a sfilare vestite da idiote senza dire una parola, ci suggerisce certamente che HBO Max ha speso un sacco di soldi per lo speciale, ma anche che queste persone, che sarebbero al centro dell’attenzione in qualunque altra cornice, hanno accettato senza problemi di essere un pezzettino nel ricordo nostalgico di qualcosa che evidentemente è importante anche per loro.
L’unica cosa a spiacermi, in questo senso, è stata la totale assenza di Paul Rudd, che quasi quasi è stato il settimo “Friend” e che proprio non s’è visto nemmeno in un saluto da lontano, come invece accaduto con James Michael Tyler, interprete del mitico Gunther.
Poi certo, ci sarebbe anche l’elefante nella stanza, l’unico elemento che un po’ ci ha sporcato la poesia e che era davvero difficile non notare, cioè la quantità di ritocchini estetici ben visibili sulle facce di quasi tutti i protagonisti. Dico quasi perché l’unico apparso palesemente a suo agio con le sue rughe e i suoi molti chili in più rispetto al passato, era Matt LeBlanc. Sono rimasto stupito soprattutto da Matthew Perry, che è sembrato gonfio, tirato, arriverei a dire quasi malato, una cosa che dev’essere abbastanza recente perché mi era capitato di vederlo a teatro a Londra non più di 4-5 anni fa (uno dei momenti più alti della mia vita di appassionato seriale) e non era mica così.
Oh intendiamoci, non questiono le scelte di vita di nessuno, però vedere un attore che è prima di tutto un comico, della cui bellezza non ce n’è mai fregato granché, sentire il bisogno di rovinarsi la faccia nel tentativo di non invecchiare, mi mette inevitabilmente un po’ di malinconia.
A parte questo dettaglio, sono state davvero tante le scene che mi hanno trasmesso un brividino lungo la schiena:
-L’arrivo dei nostri sul vecchio set, ricostruito per l’occasione. La loro emozione è così viva, strategicamente in apertura di speciale, che è ben difficile non condividerla.
-Le comparsate (fra le altre) di Tom Selleck e Maggie Wheeler (interprete di Janice).
-La riproposizione del quiz, che viene da una delle mie puntate preferite, se non la preferita in assoluto, di tutta la serie.
-Il commento da fan di Kit Harington (alias Jon Snow di Game of Thrones) che parlando dell’indimenticabile episodio del divano da spostare sottolinea un elemento importantissimo di Friends, cioè la straordinaria comicità fisica di questi sei attori, capaci di farci sganasciare partendo da una pagina di sceneggiatura che, sulla fredda carta, non aveva niente di palesemente “divertente”.
-Le tante informazioni che ancora non conoscevo, come certi dettagli sul casting, o la citata quasi-storia fra Jennifer Aniston e David Schwimmer.
-La commozione vera dei protagonisti, travolti come noi dal vortice delle emozioni al momento dei saluti finali, e perfino certe loro umanissime dimenticanze, tipo che borbottavo da solo “David, dannazione, come fai a non ricordarti la puntata in cui vi passavate continuamente la pallina?!?!”
-Le testimonianze degli spettatori in giro per il mondo, certamente il momento più smieloso e retorico dello speciale, ma comunque accettabile perché chiunque abbia amato questa serie, specie negli anni della sua prima messa in onda, sa che non è una sciocchezza dire che quei sei personaggi erano sul serio amici nostri.
QUI FINISCONO GLI SPOILER
Non ho idea di come questo speciale possa essere recepito e vissuto da qualcuno che non ha mai visto Friends, o che l’ha guardata distrattamente solo negli ultimi anni. Non so dire, cioè, se agli occhi di queste persone possa diventare un ricordo troppo lungo, troppo spezzettato, poco spiegato, popolato di gente con la faccia troppo gonfia. Ma d’altronde, a ben guardare, non saprei perché qualcuno che non sia fan di Friends dovrebbe guardarlo, lo speciale.
Sui motivi per cui Friends fu il successo che è stato, perché fu così rilevante a livello culturale e commerciale, e sul perché è ancora oggi così sfruttata dalle tv e dalle piattaforme di streaming in tutto il mondo, non mi vorrei dilungare, anche perché ci ho scritto un intero capitolo del nostro libro e dovrò pur sfruttare le opportunità di ricordarvi di comprarlo, se già non l’avete fatto.
C’è però un elemento che vale la pena sottolineare, anche e soprattutto per chi Friends non l’ha vissuta e oggi magari “non capisce”. Un elemento che lo speciale affronta in modo indiretto, come se tutti gli spezzoni, le domande, le guest star, i contributi esterni, i dietro le quinte fossero pezzi di un puzzle che vediamo completo solo alla fine.
Friends è certamente una sitcom ben concepita, ben scritta e straordinariamente interpretata, che all’epoca della sua uscita risultò fresca, nuova, per certi aspetti rivoluzionaria, e così capace di cogliere lo spirito del suo tempo da essere meno soggetta all’invecchiamento rispetto a tante sue coetanee ed eredi, meno capaci di adattarsi allo scorrere degli anni, perché meno focalizzate a cogliere un passaggio della vita che, in una forma o nell’altra, tutti sperimentiamo e sempre sperimenteremo.
Ma c’è qualcosa di più, un dettaglio che abbiamo sempre percepito e perfino razionalmente saputo, ma che lo speciale evidenza in modo brillante. Friends è una serie colma d’amore. Amore per la storia. Amore per i personaggi. Ma non solo il nostro, di amore. Anche quello di chi questa serie l’ha ideata, scritta e messa in scena. Un amore che abbiamo sempre colto, che usciva fuori da ogni scena e interazione degli attori, e che negli anni abbiamo coltivato e irrobustito con la grande mole di contenuti extra, di bloopers, di racconti, di interviste.
Se all’interno di questo speciale sentiamo le voci di tante persone normali che parlano di come Friends le abbia accompagnate e sostenute in momenti anche difficili della vita, è perché questo piccolo grande gioiello seriale è un’isola felice, un luogo in cui tutti si sono sempre voluti bene, dentro e fuori dal set, uno show nato come tanti ma che in virtù di un’alchimia irripetibile ha creato una comunità, un popolo.
Quella di Friends è una magia, un incantesimo, che forse si sarebbe rotto se fosse mancato anche uno solo dei suoi più piccoli elementi. E per quanto lo speciale scavi dentro i meccanismi di quella che, produttivamente parlando, resta una normalissima sitcom televisiva, non arriva mai a un punto in cui quella magia sparisce, in cui il trucco viene svelato lasciandoci con l’amaro in bocca. La magia è ovunque, in ogni set e in ogni interprete, in ogni autore e guest star, perfino in ogni singolo membro del pubblico dal vivo, che col suo entusiasmo, come spiegano anche Kauffman e Crane, è stato perfino in grado di cambiare e influenzare intere storyline.
Friends non tradisce mai, né quando ne guardi la superficie, né quando la apri per vedere cosa c’è dentro.
Ora che sono alla fine e che è l’una di notte passata (detesto guardare e recensire le cose così in fretta, ma stavolta bisognava proprio stare sul pezzo), mi chiedo se ci sarà gente a cui la reunion non è piaciuta. È certamente probabile che sia così. Magari ci sarà chi voleva un approccio diverso, chi sperava in comparsate differenti, chi prova fastidio per James Corden o per il botox, magari anche chi davvero voleva un vero e proprio “episodio”. Senza contare chi avrebbe voluto rivedere episodi o scene che sono state lasciate nel passato.
Per queste persone mi dispiace sinceramente, perché se siete fan di Friends vi meritavate un ultimo momento di gioia nostalgica, e se non l’avete avuto è un peccato.
Per parte mia, da qui a un numero imprecisato di anni riguarderò questo speciale seicentocinquantaquattro volte, perché è stato capace di (ri)mettermi davanti agli occhi una consapevolezza insieme dolce e dolorosa, che accomuna l’adorazione per Friends a certe passioni romantiche che proviamo quando siamo adolescenti, che ricordiamo fino alla fine dei nostri giorni, e che per certi versi si possono applicare anche ad alcune serie tv: sì, certamente amerò ancora, ma forse non amerò più così.