Speravo de morì prima – Sky Atlantic: la serie su Francesco Totti è un UFO di Marco Villa
Speravo de morì prima racconta gli ultimi due anni di carriera di Francesco Totti: è una serie che fatica all’inizio, ma che poi trova un equilibrio tutto suo
Iniziare dalla fine: Speravo de morì prima è il titolo della serie Sky su Francesco Totti, ma è anche uno striscione apparso allo Stadio Olimpico in occasione dell’ultima partita ufficiale del capitano della Roma. Fin da subito, insomma, è molto chiaro il taglio della storia: gli ultimi due anni di carriera di Francesco Totti, i 24 mesi che portano a quel 28 maggio 2017 che è stato un trauma per tutti i tifosi romanisti, ma un po’ per tutti gli appassionati di calcio. Fatti che sono accaduto l’altro ieri, meno di quattro anni fa e che sono già passati attraverso la lente di ingrandimento di un documentario riuscito come Mi chiamo Francesco Totti, diretto da Alex Infascelli e disponibile su Sky e Prime Video. Si tratta di fattori di rischio, che complicano di parecchio il raggiungimento dell’obiettivo e che fanno sorgere innegabilmente diversi punti di domanda in chi si approccia al primo episodio. Ma ci torneremo tra poco.
Speravo de morì prima, una co-produzione Sky-Wildside in onda dal 19 marzo su Sky Atlantic per la regia di Luca Ribuoli, si basa su una decisione molto chiara degli autori, guidati da Stefano Bises nel ruolo di showrunner (per lui già The New Pope, Il Miracolo e Gomorra, per citare i titoli più grossi): privilegiare il momento di maggiore difficoltà del personaggio Totti, quando gli avversari sul campo sono quasi un dettaglio e i veri antagonisti sono “il pelato” che sta in panchina (l’allenatore Luciano Spalletti, interpretato da Gianmarco Tognazzi) e la carta di identità, che fa scattare il conto degli anni oltre la soglia dei quaranta.
Il rapporto tra Totti e Spalletti è perfetto per un racconto: l’uomo che in un primo tempo si impone come mentore e secondo padre, che sparisce dalla vita del protagonista e ritorna cambiato, per interpretare il ruolo di antagonista. È questa l’architrave su cui si regge la serie, mentre corrono in parallelo le altre vicende di Totti: il rapporto con la moglie Ilary Blasi (Greta Scarano), con il preparatore/confidente Vito Scala, con gli altri compagni di squadra, intervallati da flashback su momenti della crescita di Francesco e della sua carriera.
Il primo impatto con Speravo de morì prima non è semplice: i motivi elencati in precedenza, ma soprattutto il fatto che nulla di quanto raccontato sia almeno in parte storicizzato fanno storcere il naso. Fa strano vedere qualcuno nella parte di Ilary, così come altri personaggi sembrano più una parodia che un’interpretazione. I primi 15-20 minuti del pilot sono difficili, sotto il punto di vista dell’empatia: non ci si riesce ad avvicinare alla serie, che si fatica a inquadrare in modo chiaro.
La chiave per comprendere tutto la dà però Pietro Castellitto, protagonista assoluto nei panni di Francesco Totti. È lui che, scena dopo scena, non solo si prende il centro della serie, ma prende per mano lo spettatore e lo porta all’interno di Speravo de morì prima, proponendo la propria versione di Totti, un personaggio che vive il proprio carisma e la propria posizione con totale understatement. Lo sguardo sembra spaventato, ma è disincantato; l’atteggiamento suona menefreghista, ma è ironico e autoironico. Un equilibrio complesso, che infatti richiede quasi mezzo pilot per assestarsi e per diventare evidente agli occhi dello spettatore. Ma che a un certo punto arriva, facendo letteralmente aprire la serie.
Una volta compreso questo approccio (una volta sospesa l’incredulità, verrebbe da dire), Speravo de morì prima scorre via con una scioltezza impressionante. Ovvio, passione calcistica e affetto per Totti aiutano a calarsi nell’atmosfera, ma la serie è tutto tranne che una biografia pura: è una commedia ambientata nel mondo dello sport, che può ricordare a tratti Ted Lasso, per la capacità di trovare un tono leggero, che può sconfinare senza grossi patemi nella fiaba. Riferimento di un certo peso, contando che Ted Lasso è stata la serie del 2020 per Serial Minds: non siamo a quel livello, ma Speravo de morì prima ha il pregio di cancellare tutti quei punti di domanda cui si accennava in apertura e di farlo con i suoi tempi e con i suoi modi, pur rimanendo comunque un oggetto difficile da inquadrare. Un UFO, insomma. Un aspetto che in un primo tempo può sembrare un difetto, ma che – puntata dopo puntata – diventa uno dei pregi più grandi della serie.
Perché guardare Speravo de morì prima: per il tono leggero che le fa superare una sfida tutt’altro che banale
Perché mollare Speravo de morì prima: perché richiede un certo livello di fantasia