Consigli per recuperone: Patriot di Alessandro Molducci
Guardando gente che con cappelli bufaleschi prende possesso del Campidoglio americano m’è venuta voglia di scrivere di Patriot. La serie è stata fatta e finita tra il 2015 e il 2018 e passata (con un ottimo doppiaggio, fra l’altro) pure in Italia, su Prime Video. OK, non è uscita ieri, ma poche serie come Patriot potrebbero essere definite “attuali” e, visti i tempi, mi sembra utile ricordarla e parlarne ai (molti) che se la sono persa.
Partiamo dalle basi: cos’è, esattamente, un “patriota”? Per qualche idealista, patriota è una persona che eleva la terra su cui è nato a valore universale e identificativo. Per altri è un termine quasi denigratorio, sintomo di ingenuità e bisogno di appartenenza a priori.
In Patriot, invece, il patriottismo è qualcosa che c’è e basta. Non ha una ragione, non ha un particolare senso, sta semplicemente lì. E ti schiaccia.
Anche se è una comedy verrebbe da citare Kafka. Anzi, direi che è la comedy più kafkiana che si sia mai vista. È talmente nera, come comedy, che a volte ti dimentichi che sia una comedy. E se non conoscete Kafka, era comunque talmente avanti che ormai le sue argomentazioni le conoscete anche senza averle lette: il mondo non ha senso e col suo non-senso ci opprime fino alla morte. Punto.
È da questo allegrissimo punto di vista che parte Patriot. C’è un agente della CIA, il nostro eroe, John Tavner (un superbo Michael Dorman), che viene mandato a fare spionaggio in un’azienda tedesca, con lo scopo di impedire all’Iran l’implementazione nucleare. Cosa di cui vi sarete già dimenticati a 10 minuti di visione: John è profondamente depresso, non sa lui stesso perché fa le (pericolosissime) cose che fa, anche se ci viene suggerito che sia semplicemente perché il resto della famiglia (tra cui il sempre immenso Terry O’Quinn di Lost) di lavoro fa quello.
Spionaggio, CIA, “coperture non ufficiali” eccetera. E il nostro John è talmente depresso che, puntualmente, sale sul palco di qualche bettola europea e, chitarra in braccio, canta tutte le cose super-segretissime che gli sono capitate. Tanto il pubblico mica l’ascolta per davvero.
Ve lo dico subito: Patriot contempla sempre 3-4 minuti di puntata col protagonista che canta su accordi in minore quel che gli è capitato. Però, anche se le ballad depresse mi hanno rotto i cosiddetti già da qualche annetto… Patriot è bellissima, ma che dico, è un mezzo capolavoro.
Come scrivevo in partenza, i trumpiani hanno invaso il Campidoglio. PERCHÈ? Cioè, perché è stata resa possibile una cosa del genere? Le teorie si sprecano, i complottisti fanno surf, i sociologi alambiccano, i nichilisti ridacchiano. Patriot, tre anni fa, il perché ce lo spiegava benissimo. E se vogliamo il “problema” di Patriot è proprio quello: troppo avanti sui tempi, troppo di confine per essere catalogata, ha scontato la sua intelligenza con ascolti minimi. Entusiasti, ma minimi.
Ammetto che da suo estimatore, oh, ancora mi chiedo perché l’abbiano prodotta. È una serie talmente indirizzata a gente che ha una visione del mondo scafatissima che mi chiedo davvero che altro pubblico volessero raggiungere i produttori. Boh. Resta una serie molto, molto coraggiosa, che fondamentalmente fa sghignazzare (ridere mi pare eccessivo) e che fa impallidire qualsiasi sarcasmo vi siate beccati su video, da Death To 2020 in giù. Patriot non si ferma al politico o al sociale, Patriot si tuffa nell’esistenziale senza se e senza ma. Per questo non riesci a ridere ma solo sghignazzare: sì, farebbe ridere, ma fa anche male.
Digressione:qQualcuno magari se lo ricorda, fatto sta che qualche anno fa un agente del MI7 (la CIA inglese) ha dimenticato sul taxi la sua borsetta, piena di documenti top-secret. È cronaca. La cosa è rimbalzata su ogni telegiornale ma soprattutto nelle menti di noi poveri cittadini che quando pensano ai Servizi Segreti pensano a James Bond.
La realtà è che la povertà intellettiva pervade la nostra società fino alle ossa, il Caso è sempre in agguato, e la segretezza è pura fuffa, alla faccia di tutti i complottisti di questo mondo. Il vero nemico non è qualcosa di complessissimo e inarrivabile: il vero nemico è la scemenza umana. Patriot ci racconta questo. Lo fa con una scrittura sopraffina, una regia asciutta ma impeccabile e attori della madonna. Spesso fa ridere, a volte inquieta, ma non distoglie mai lo sguardo su quanto ci lasciamo abbruttire. Dal Campidoglio ai No-Vax. Con un protagonista che, fossi donna, sposerei all’istante.
Se non vi sentite irrimediabilmente sconfitti guardatevi Patriot: vi darà ancora più forza.
Se vi sentite sconfitti… spoiler: non lo siete, altrimenti non avreste letto fin qui. Guardatevi Patriot.