Truth Seekers: horror-comedy o comedy-horror? di Diego Castelli
Nick Frost e Simon Pegg su Prime Video in una nuova avventura tra fantasmi, complotti e una buona dose di imbecillità
Lo scorso luglio Simon Pegg, co-creatore di Truth Seekers, arrivata da pochi giorni su Amazon Prime Video, diede quella che secondo lui era la ricetta migliore per scrivere e mettere in scena delle comedy a sfondo horror: “semplicemente non bisogna prendere in giro l’horror, […] la chiave con la commedia horror è prendere completamente sul serio l’horror, e lasciare che la commedia esista accanto ad esso”.
E beh, bisogna dire che Truth Seekers, creata e interpretata dallo stesso Pegg insieme a Nick Frost, James Serafinowicz e Nat Saunders (Frost e Pegg non sono nuovi a questo misto-genere, avendo già recitato nella cosiddetta “trilogia del cornetto” il cui capostipite era Shaun of the Dead) sembra voler andare proprio in una direzione in cui i due generi, piuttosto che ibridarsi e mescolarsi, camminano mano nella mano lasciando che a fare strada sia ora l’uno, ora l’altro.
Il vero protagonista della serie è in realtà Nick Frost, che nei panni di Gus Roberts interpreta il miglior tecnico della Smyle, un’azienda che si occupa di connettività, reti internet, wifi e quant’altro. Gus è bravissimo nel suo mestiere, non c’è modem o router che gli resista, ma la sua vera passione è il soprannaturale: come l’ormai defunta moglie Emily, Gus è un patito dell’occulto, ha fondato un canale youtube (il “Truth Seekers” del titolo) poco visto ma in cui lui mette tanto cuore, e non perde occasione di girare l’Inghilterra in cerca di prove dall’esistenza di altri mondi. E sia chiaro, Gus non è un credulone, è anzi un uomo con la testa sulle spalle, che malgrado la passione per il soprannaturale non accetta di spacciare per vero ciò che non lo è.
La sua vita cambia quando Dave (Simon Pegg), il suo capo dal buffo parrucchino, gli affianca un apprendista di nome Elton John (Samson Kayo), a cui si aggiungerà presto anche la misteriosa Astrid (Emma D’Arcy), con i quali Gus comincerà a trovare sempre più prove concrete dell’esistenza di altri mondi, fino a imbattersi in una cospirazione mistica che rischia di portare l’Armageddon sulla Terra.
Ed effettivamente, per venire dietro ai ragionamenti di Simon Pegg, quando Truth Seekers vuol fare l’horror lo fa sul serio. Oddio, non immaginatevi il terrore più malato del mondo, niente che tenga svegli la notte, ma da un punto di vista delle tecniche di messa in scena (fra cui il buon vecchio jumpscare, cioè brutture che saltano fuori all’improvviso), si cerca effettivamente di tenere gli spettatori sul chi va là, evitando di annacquare o parodiare la componente horror lasciandone solo un pallido simulacro (come possono fare certe commedie demenziali alla Scary Movie, per esempio).
Accanto a questa componente, però, ci sono anche le risate, che si basano soprattutto su certe caratteristiche fisiche o caratteriali dei personaggi (principale mattatore, in questo senso, è il buon vecchio Malcolm McDowell, che interpreta il suocero di Gus ed è perennemente in mutande), e che si alternano con buon equilibrio a tutti quegli elementi della trama che rimandano più decisamente all’horror puro o, quanto meno, all’investigazione soprannaturale alla X-Files.
E la domanda è: funziona sto accrocchio? Sì e no.
Che Truth Seekers sia una serie piacevole e simpatica mi sembra pacifico. Gli interpreti sono tutti bravi, la sfigaggine generale che si respira ispira tenerezza, ed effettivamente si riesce a saltare sulla sedia E a ridere delle goffe indagini di Gus e compagni senza che le due componenti di delegittimino a vicenda.
Il problema, semmai, sta nell’architettura complessiva. Nel momento (in realtà molto presto) in cui Truth Seekers prova a passare dallo schema del caso di puntata a una trama orizzontale più corposa, non tutti i pezzi vanno al loro posto come dovrebbero, emergono forzature, passaggi troppo rapidi, qualche cliché che, invece di essere materiale per la parodia, rimane cliché e basta. Per certi versi si ha l’impressione che la prima stagione sia troppo corta, che certi personaggi e dinamiche avrebbero avuto bisogno di maggiore tempo per crescere e svilupparsi meglio, evitando così di arrivare alla fine contemplando amicizie e sfide che sembrano nate un po’ troppo per caso.
Ma se consideriamo che gli otto episodi, tutti insieme, fanno quasi quattro ore di roba, è evidente che il problema non sta tanto (o solo) nella brevità, ma in una scrittura che si impegna molto per far coesistere i due generi alla base dello show (riuscendoci), sacrificando però l’armonia complessiva di un racconto che finisce con l’essere troppo frammentato.
Mi ha fatto pensare, in negativo, a certi episodi di Rick & Morty, dove in venti minuti si riesce a raccontare tutto e il contrario di tutto, avendo la chiara impressione che ogni passaggio sia logica conseguenza dell’altro. Ecco, qui non succede.
Al netto di questo, comunque, Truth Seekers resta una serie godibile, di un (sotto)genere che nella serialità non si vede così spesso, e scorre veloce lasciandoci la sensazione di aver voluto almeno un po’ bene ai personaggi.
Può anche bastare, ma si può anche migliorare.
Perché seguire Truth Seekers: comedy e horror viaggiano bene insieme senza calpestarsi i piedi.
Perché mollare Truth Seekers: in termini di impalcatura narrativa complessiva, si poteva cesellare meglio il tutto.