Barbari – Netflix: Una storia vera per una serie che sa il fatto suo di Marco Villa
Barbari racconta lo scontro tra l’Impero romano e le popolazioni germaniche, partendo da una storia vera e mettendo una bella dose di sangue e violenza
Questione di settimane e su Sky Atlantic arriverà Romulus, serie italiana che nasce nell’universo narrativo del Primo Re di Matteo Rovere e che racconta le tribù del centro Italia prima della nascita di Roma. Un racconto degli inizi, che è quasi speculare a una serie Netflix che sta avendo un gran successo e che racconta invece l’inizio della fine, ovvero le prime avvisaglie che l’Impero non è invincibile e può anche capitare che venga sconfitto da una serie di popoli molto diversi tra loro, ma accomunati dai romani sotto un unico grande cappello: i barbari.
Barbari è una produzione originale tedesca di Netflix è ambientata nel 9 dopo Cristo e racconta fatti e vicende che hanno portato alla Battaglia della Foresta di Teutoburgo. Se volete la versione corta e spoilerosa, andate su Wikipedia e trovate spiegato tutto per filo e per segno. Se invece volete solo sapere di cosa parla la serie, eccoci: siamo nel Nord dell’odierna Germania, più o meno a metà strada tra quelle che oggi sono Amsterdam e Berlino e i romani sono un esercito di occupazione che cerca di tenere a bada le popolazioni locali. Sono i famosi barbari: tribù che hanno poco o nulla in comune, che spesso si odiano e che per questo non riescono a fare fronte comune contro l’invasore. Barbari segue le vicende della popolazione dei Cherusci, di cui fanno parte due ragazzi e una ragazza: Ari, Folkwin e Thusnelda. Da ragazzini sono inseparabili, fino a quando il capo del villaggio manda il figlio Ari a Roma con il fratello, come pegno per garantire la pace. Stacco di una quindicina d’anni e Ari torna da ufficiale romano con il nome di Arminio (Laurence Rupp), al fianco del governatore locale Publio Quintilio Varo, che l’ha cresciuto come figlio adottivo. I suoi due vecchi amici (interpretati da Jeanne Goursaud e David Schütter) sono tra le teste calde dei Cherusci e Arminio ben presto si scontra con loro. E qui si pone la fatidica domanda: in Arminio vinceranno le radici e il sangue o la nuova vita sotto l’aquila dell’Impero?
Una storia di guerra e ammmmore che sembra scritta da sceneggiatori in cerca di un taglio particolare per raccontare una vicenda storica, ma che invece si basa su fatti veri. Un plus non da poco, che dà una buona credibilità di partenza alla serie e le permette di divagare e inventare trame e sottotrame, senza però perdere di vista la vicenda principale.
In una serie di questo tipo, il rischio maggiore è quello di lasciarsi andare, di sbracare con simbolismi ed esagerazioni, tutte derive che – nei primi episodi – Barbari riesce a evitare, pur senza tirare il freno su violenza e dramma. Certo, non è una serie perfetta: a tratti presenta meccanismi narrativi che si ripetono, come ad esempio l’arrivo dei romani nel villaggio, che segue lo stesso schema perenne: un bambino grida: “i romani!”, tutti si bloccano in quello che stanno facendo, assumono un’espressione accigliata ed escono di casa portando istintivamente la mano alla spada.
Semplificazioni eccessive, dettagli che fanno però la differenza, così come la volontà di rendere chiara l’opposizione buoni-cattivi tra barbari e romani, senza mezze misure. Da applausi, invece, la scelta di far parlare i romani in latino, salvando così la contrapposizione linguistica tra i popoli ed evitando un appiattimento nei dialoghi.
Al netto di qualche difetto, Barbari è una serie solida, che ha tutto per diventare un piccolo caso, non ultimo il fatto di durare solo sei episodi, con una lunghezza che è garanzia di evitare inutili allungamenti di broda.
Perché guardare Barbari: perché rielabora bene una vicenda storica
Perché mollare Barbari: perché non è lo stato dell’arte del genere