17 Settembre 2020

The Third Day – Una gita inquietante con Jude Law di Diego Castelli

Dopo il papa di Sorrentino, Jude Law diventa padre di famiglia bloccato su un’isola non proprio rassicurante

Pilot

Dopo il carismatico, mistico, algido e bianchissimo papa di The Young Pope di Paolo Sorrentino, è giunta l’ora per la seconda esperienza di Jude Law come protagonista seriale. E non so quanto questa cosa sia voluta o ricercata dall’attore in una sorta di “fatemi fare qualcosa di diverso”, fatto sta che in The Third Day, nuova miniserie coprodotta da HBO e Sky e che arriverà da noi su Sky Atlantic il prossimo 19 ottobre, il buon Jude passa da un personaggio che sembrava conoscere la Verità su ogni cosa, a uno che invece non sa proprio niente di niente, che Jon Snow al secondo sembra Umberto Eco.

Siamo in uno di quei casi dove ci terrei a non spoilerare troppo, soprattutto quei due-tre eventi che già nel pilot riescono a colpire chi guarda con una certa forza, che io finirei per rovinare parlandone.
Mettiamola così: c’è questo tizio, Sam (Jude Law), che sta per fare una specie di pellegrinaggio in un bosco dove ha subito un importante lutto, e che poi progetta di tornare a casa dalla moglie, con la quale ha in ballo una questione della massima importanza che riguarda il lavoro, la loro casa, e un’ingente somma di denaro.
Caso vuole, però, che Sam si imbatta in una ragazza con qualche problema che ha assolutamente bisogno di essere riportata a casa, cosa che il buon Sam-aritano non può impedirsi di fare. La giovane vive su un’isoletta con solo 93 abitanti, collegata alla terraferma da una strada che per metà giornata viene coperta dalla marea. Sam prova a riportare la ragazza a casa per poi andarsene, ma una serie di vicissitudini lo costringe a rimanere lì, in un luogo in cui il cellulare non prende, i suoi problemi personali sono sempre più pressanti, e in cui la gente del luogo sembra avere più di una cosa da nascondere.

Questa, per sommissimi capi, la trama del primo episodio della serie creata da Felix Barrett, uno che se cercate su imdb non ha fatto assolutamente niente prima di The Third Day (cosa che aggiunge un po’ di ulteriore mistero alla faccenda), ma che una ricerca più accurata rivela essere un autore e produttore teatrale di tutto rispetto, fondatore di una compagnia, la Punchdrunk, che negli ultimi vent’anni ha sperimentato a lungo una forma di teatro “immersivo” in cui gli spettatori possono guardare e muoversi in modo più libero rispetto a una rappresentazione tradizionale.
Accanto a lui, un nome che conosciamo molto meglio, quello di Dennis Kelly, creatore niente popo di meno che di Utopia. Così, una serie piccina e senza peso alcuno.

Ed è proprio nella rappresentazione, nella messa in scena, che mi sembra siano da ricercare i maggiori pregi di un pilot che, a guardare la sceneggiatura nuda e cruda, non starebbe troppo distante dal classico thriller-horror in cui una persona qualunque finisce in un posto pieno di misteri, personaggi inquietanti, situazioni strane, probabilmente sette druidiche e incestuosi sovranisti.
Nel caso di The Third Day, a nobilitare questo spunto potenzialmente banale c’è una messa in scena molto ricercata, che parte da una fotografia molto carica, lattiginosa e contrastata, che suggerisce fin da subito un’atmosfera quasi onirica, ben poco realistica, in cui tutto può succedere.
E dal punto di vista di Sam, povera stella, succede effettivamente un po’ di tutto già nel primo episodio, e il suo punto di vista ci conduce per mano in un posto di cui vogliamo sapere di più, ma da cui allo stesso tempo vorremmo fuggire.

Jude Law è il protagonista assoluto di questo primo episodio, e non solo nel senso più banalmente narrativo del termine. Il suo volto è costantemente in primo piano e il regista Marc Munden (anche lui coinvolto in Utopia, fu regista dei primi tre episodi di entrambe le stagioni) fa passare da lì praticamente tutte le emozioni della puntata, in buona parte legate allo stress, all’ansia, alla paura, ma soprattutto allo spaesamento. Sam arriva in un posto che non conosce, pieno di gente strana, con un suo carico di problemi che è obbligato a mettere in stand by. La sua estraneità, il suo essere “straniero”, è simboleggiato dagli sguardi e della bizzarre parole che gli vengono rivolte, ma anche da precisi accorgimenti registici che, per esempio, per quasi tre quarti di pilot gli fanno osservare soprattutto da lontano gli abitanti del paesello, come se ci volesse fisicamente del tempo per immergerlo in una realtà che, complice un Festival di musica locale in allestimento, profuma di antiche divinità, di stregoneria, di misticismo.

Al contrario di altre serie di stampo più classico, qui è più difficile dare subito un giudizio preciso. The Third Day ha ampi margini per migliorare o per peggiorare, e fare ipotesi su quello che accadrà è particolarmente complicato, a parte gli sviluppi probabilmente più ovvi come il fatto, io credo, che non ci vorrà molto prima che inizi a scorrere sangue umano (perché di sangue animale già ce n’è).
Allo stesso tempo, la miniserie parte col piede giusto, tirandoci qualche schiaffo già nei primi minuti, affidandosi a un attore di grande talento e carisma (a cui bisogna doverosamente aggiungere anche la bi-candidata all’oscar Emily Watson, che recentemente abbiamo visto in Chernobyl), e costruendo un’ambientazione dal fascino precario, freddo, disturbante, la cui verve soprannaturale è tanto evidente quanto ancora non dichiarata (e non è detto che a un certo punto lo sia).
Magari da qui a un paio di episodi va tutto in vacca, ma al momento ne vogliamo di più.

Perché seguire The Third Day: perché prende Jude Law e ci fa temere per la sua incolumità. Già basta questo.
Perché mollare The Third Day: il suo approccio volutamente ibrido e la sua fotografia “strana” potrebbero respingere.



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