Young Wallander – Netflix: Giovinezza di un investigatore di Marco Villa
Kurt Wallander alle prese con la sua prima indagine: Young Wallander è la serie Netflix tratta da Henning Man
La grande magia dei giovani eroi. Basti pensare ai libri del giovane Sherlock, alla serie e ai film tv del giovane Indiana Jones, fino al più recente giovane Montalbano. Succede quando un personaggio è talmente forte da potersi permettere più di una timeline di racconto, come quelli appena elencati o come Kurt Wallander, l’investigatore della polizia svedese creato da Henning Mankell e protagonista di una dozzina di romanzi e di tre diversi adattamenti televisivi. Young Wallander prende il personaggio di Mankell e lo mette alle prese con il primo caso della sua carriera, quello che gli permette di fare il salto da agente a detective.
Disponibile su Netflix dal 3 settembre, Young Wallander è un classicissimo crime a sviluppo orizzontale. La serie è ambientata nei nostri giorni ed evita così di seguire la cronologia originale dei romanzi, che fanno risalire agli anni ’70 gli esordi in polizia di Wallander. Il cambio di ambientazione è fondamentale, perché il contesto incide in modo evidente sulla storia e sui personaggi: il caso di stagione è quello della morte violentissima di un ragazzino bianco, legato e ucciso con una granata in bocca a Rosengard, quartiere di Malmo ad altissima presenza di immigrati. Una banlieue attraversata da tensioni razziali, che la polizia fatica a controllare e che rischia di esplodere dopo la morte del ragazzo e il conseguente corteo di estrema destra che, come risposta, vuole attaccare una chiesa che offre rifugio ai migranti. Uno scenario che conosciamo bene e che è terreno fertile per una narrazione crime, arricchita anche da una sottotrama dedicata a un filantropo che non sembra contarla giusta.
Quella di Young Wallander è un’impostazione canonica, che all’indagine pura aggiunge diversi strati narrativi. Su tutto, però, domina il personaggio: il giovane Kurt Wallander, interpretato da Adam Pålsson, è il fulcro di tutta l’azione: è lui ad assistere al brutale omicidio del ragazzo, sempre lui a intravedere il responsabile e procedendo nella storia si capisce che ogni elemento importante della serie passerà per i suoi occhi o le sue azioni. Pålsson è bravo nel rendere un personaggio freddo e introverso, ma la centralità di Wallander è quasi controproducente per lo sviluppo della trama crime: nei primi episodi, si è più interessati al percorso personale e lavorativo del personaggio che all’indagine in sé, fatto strano per una serie di genere così classica, in cui di norma inverte il peso di queste componenti. Nei primi episodi questo equilibrio è funzionale, perché permette di conoscere bene il personaggio, resta il dubbio sul fatto che possa invece diventare un rallentamento sulla lunga distanza, togliendo ossigeno alla parte di detection più pura.
Dovendo pesare tutti questi aspetti, Young Wallander si presenta come una onesta serie crime con possibilità di crescita: non riesce però a costringere lo spettatore a continuare in una fruizione compulsiva, cosa che invece spesso accade con i gialli scandinavi.
Perché guardare Young Wallander: perché il personaggio funziona e la trama è molto contemporanea
Perché mollare Young Wallander: perché l’indagine non cattura da subito