SUMMERTIME – Da Netflix un bel pacco regalo con niente dentro di Francesca Mottola
Il fatto che ci siamo presi bene con la quarta di Skam non vuol dire che adesso ci beviamo qualunque teen drama italiano che arriva. Non esageriamo…
Anticipando di poco l’inizio dell’estate, Netflix ha rilasciato gli otto episodi di Summertime, serie originale prodotta da Cattleya che mescola teen drama, coming of age e l’intramontabile topos dell’amore adolescenziale che esplode e si consuma nei mesi estivi, tentando di proporre un’alternativa italiana ai successi analoghi d’oltreoceano.
Summertime è liberamente ispirata al romanzo di Federico Moccia Tre metri sopra il cielo, che con la trasposizione cinematografica a inizio anni Duemila si era guadagnato un posto d’onore nell’immaginario pop, dando vita a una sorta di nuovo paradigma romantico. “Liberamente” è la parola da tenere a mente: la serie Netflix infatti attinge al cult di inizio millennio nel mettere in scena la storia d’amore tre due ragazzi provenienti da mondi all’apparenza opposti, ma le similitudini si esauriscono qui. Al centro del racconto ci sono Summer (Coco Rebecca Edogamhe) e Ale (Ludovico Tersigni, l’inconfondibile Giò di SKAM Italia). Lei studente modello con la testa sulle spalle e il sogno di scappare dalle interminabili estati della riviera romagnola, lui campione di moto e anima delle feste, con un lato tormentato e sensibile ben nascosto. I due si incontrano, si scontrano e a sorpresa si innamorano all’inizio di un’estate carica di promesse. Intorno ai due protagonisti gravita il microcosmo degli amici – impersonati da un cast di giovanissimi attori al loro esordio – e delle famiglie, con i loro intrecci e le loro scelte.
Amori estivi, nuove amicizie, conflitti con i parenti. Insomma, same old story. Che di per sé non sarebbe un problema, non fosse che dietro al tono leggero e poco impegnato, Summertime sembra voler essere un progetto decisamente ambizioso.
A far trasparire questo aspetto è prima e soprattutto la confezione: la regia di Francesco Lagi e Lorenzo Sportiello è curata in ogni dettaglio e insieme al montaggio fluido e alla fotografia dai colori sgargianti (talmente sgargianti da far pensare più a Miami Beach che alla riviera adriatica) dà vita a un prodotto che sulla carta avrebbe certamente potuto avere un appeal internazionale.
Il problema è che un bel pacco regalo non basta: quello che non funziona in Summertime è la totale mancanza di profondità nella descrizione dei personaggi, che rimangono incasellati in stereotipi davvero poco interessanti, anche a causa di dialoghi che non brillano per genuinità. In altre parole, ascoltando Summer, Ale e gli altri protagonisti della serie risulta difficile immaginare di ascoltare dei veri adolescenti. Fin dall’episodio pilota le dinamiche narrative sono totalmente prevedibili, e per quanto da una serie adolescenziale non ci si aspetti per forza un racconto disruptive, è anche vero che queste premesse rendono impossibile per Summertime apportare qualsiasi genere di contributo al panorama del teen drama, che negli ultimi anni ha prodotto dei risultati notevoli e ben diversificati, dal già citato SKAM a Euphoria, passando per Sex Education.
Insomma, il problema di Summertime sembra essere la mancanza di qualcosa da dire che, in un panorama ricco e battuto come è quello del teen drama contemporaneo, è una conditio sine qua non. Ed è proprio questa mancanza, per quanto tirata a lucido con immagini e colori bellissimi e una colonna sonora costellata dai grandi successi indie dell’anno passato – da Giorgio Poi a Frah Quintale passando per Coma_Cose, Salmo e Francesca Michielin – ciò che rimane più impresso dopo aver terminato l’ultima puntata della serie.