7 Novembre 2019 9 commenti

For All Mankind – La Luna è sovietica di Marco Villa

Sorpresa: in For All Mankind, l’Unione Sovietica è arrivata sulla luna prima degli Stati Uniti

Copertina, Pilot

Cambiare un dettaglio nella Storia (maiuscola) e vedere l’effetto che fa sulle storie (minuscole) di personaggi inventati. Dicesi ucronia o what if, strada ampiamente battuta in ogni mezzo, da libri a cinema a serie. In questi casi, il titolo più citato è sempre The Man In The High Castle di Philip K. Dick e relativi adattamenti. In quel caso, il dettaglio modificato è molto più di un dettaglio e riguarda i vincitori della Seconda guerra mondiale. Roba grossa, con conseguenze altrettanto grosse. For All Mankind invece adotta una prospettiva più ristretta, sia per il fatto scatenante, sia per le conseguenze.

For All Mankind è una delle magiche quattro serie pubblicate da Apple TV+ il giorno del proprio lancio (vi abbiamo già parlato di The Morning Show e See). Ambientata 50 anni fa esatti, sposta il corso della storia su un binario parallelo cambiando il colore della bandiera piantata dal primo uomo sulla luna. Non quella a stelle strisce di Armstrong e Aldrin, ma quella rossa con falce e martello dell’Unione Sovietica. Tutto inizia il 26 giugno 1969, ovvero un mese prima del previsto allunaggio degli americani.

A sorpresa, le televisioni di tutto il mondo trasmettono invece lo sbarco dei sovietici. Un colpo mortale per la NASA e a cascata per il governo degli Stati Uniti e l’intero Paese. Arrivando sulla luna, l’Unione Sovietica dimostra di essere più avanzata a livello tecnologico e quindi di essere in una posizione dominante nella Guerra fredda. Di fronte a questo smacco, gli USA devono reagire e qui veniamo alle storie che vengono raccontate in For All Mankind

Storie di astronauti e relative famiglie, che cercando di ricostruire la propria psiche dopo essere stati trasformati nel capro espiatorio di un fallimento. Tra tutti, spicca Edward Baldwin, interpretato dal nostro amico di vecchia data Joel Kinnaman. Edward era a capo di una missione che si è fermata a tanto così dall’allunaggio, forse per eccessiva prudenza da parte della NASA: è proprio questo il messaggio che l’astronauta lascia trapelare in modo involontario alla stampa, un messaggio che provoca il suo allontanamento dalla prima linea dell’esplorazione spaziale. Mentre Edward commette harakiri, il resto degli astronauti continua a lavorare per raggiungere la luna, perché la corsa allo spazio non è finita, ma è destinata a proseguire in un continuo rilancio.

La storia di For All Mankind è tutta ambientata all’interno della NASA e questo è già un elemento di novità per il genere, perché – come detto – normalmente le vicende ucroniche hanno un orizzonte molto più ampio. Se invece si astrae un attimo da questo fattore, For All Mankind ricorda da vicino Manhattan, ambientata all’interno del gruppo di scienziati che lavorò alla creazione della prima bomba atomica. Un po’ come Manhattan, ma con i soldi di The First, perché anche in questo caso – come per The Morning Show e See – Apple TV+ non ha risparmiato: ricostruzioni molto dettagliate, grandi scene corali, un ottimo lavoro di montaggio tra riprese e repertorio.

È una serie solida e ben scritta, con ottimi interpreti e la capacità di variare temi e toni: la terza puntata, per dire, è tutta dedicata alla ricerca di una donna astronauta, sempre nell’ottica di rilanciare a tutto campo la sfida ai sovietici. For All Mankind ha lo spunto interessante, uno sviluppo adeguato e un’ottima prospettiva di crescita e la conferma della seconda stagione dà l’idea di come la narrazione sia pensata sul lungo periodo. Tutte cose buone: non un colpo di fulmine, ma nemmeno niente di negativo da segnalare.

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