23 Ottobre 2019 2 commenti

Living With Yourself – Netflix ha clonato Paul Rudd di Marco Villa

Living With Yourself è una comedy intelligente, con un’ottima idea di partenza e uno sviluppo all’altezza.

Copertina, Pilot

Tutti siamo arrivati a un punto di non ritorno in cui abbiamo desiderato di fermarci, riposarci e ripartire con energie fresche. Solo pochi hanno la possibilità di farlo, magari con una vacanza lunga o un periodo sabbatico. Nessuno, invece, può permettersi di andare in un discutibile centro massaggi e uscirne completamente trasformato. No, non è una lunga preparazione a una battuta sugli happy ending, ma quello che accade all’inizio di Living With Yourself, nuova serie di Netflix creata da Timothy Greenberg (ex autore del Daily Show di Jon Stewart) e disponibile dal 18 ottobre.

Il personaggio principale è Miles, creativo che lavora per un’agenzia pubblicitaria e che vive un momento di assoluto sconforto personale e professionale. Vedendo un suo collega rinascere di colpo, decide di seguire il suo stesso percorso, andando appunto nel carissimo centro massaggi di cui sopra. E qui accade il fattaccio: il centro altro non è che un laboratorio di clonazione umana. Ovvero: prendono la persona che si sottopone al trattamento, la clonano in un niovo sé identico al precedente e poi si sbarazzano dell’originale. Peccato che in questo caso qualcosa vada storto e l’originale non muoia: di colpo, quindi, esistono due Miles, entrambi interpretati da Paul Rudd.

Miles A (l’originale) continua a essere depresso e incattivito con il mondo, mentre Miles B (il clonato) ha tutti i ricordi e le esperienze dell’altro, ma anche un’energia del tutto nuova, non essendo stata intaccata da 40 anni di stress e fatiche. Due versioni della stessa persona, ma una sola vita, per parafrasare una battuta del primo episodio.

Living With Yourself gioca tutto su questa convivenza impossibile, sia sul lavoro che a casa, mostrando allo stesso tempo quanto i due Miles siano indispensabili l’uno all’altro. Attraverso episodi brevi e molto essenziali, in cui non c’è spazio per divagazioni pretestuose, Living With Yourself racconta le due vite in un continuo parallelo, andando avanti e indietro sulla linea temporale per mostrare ciò che fanno entrambi durante la giornata.

Nei primi episodi, proprio questo meccanismo di Ginnaste vite parallele è uno degli elementi di maggior dubbio, per il rischio che da espediente narrativo si trasformi in pura ripetitività. Non è così: procedendo con gli episodi (siamo arrivati al quarto, ovvero a metà), Living With Yourself dimostra di avere le idee chiare su dove andare a parare. Ed è cosa buona e giusta, perché troppo spesso abbiamo visto serie che si accontentano di avere un ottimo concept di partenza (qualcuno ha detto Russian Doll?). Living With Yourself è una comedy ben congegnata, ben scritta e ben interpretata, in cui ovviamente tutto gira intorno alla capacità di Paul Rudd di rendere con toni abbastanza differenti le due versioni di Miles, nel rapporto con i colleghi e con la moglie (Aisling Bea, molto brava).

In più, Living With Yourself lascia la sensazione di poter cambiare registro in qualsiasi momento, passando dalla comedy a un’atmosfera drama più spinta, con risvolti anche inquietanti. Perché quando si parla di identità e di doppio, le strade sono tantissime. Pure troppe: Living With Yourself sembra averne trovata una interessante.

Perché guardare Living With Yourself: perché l’idea è ottima e lo svolgimento viaggia sereno

Perché mollare Living With Yourself: perché il parallelo continuo può sembrarvi stucchevole

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