On Becoming a God in Central Florida – Una serie tutta strana ma gustosa di Diego Castelli
Kirsten Dunst guida un manipolo di personaggi assurdi e deliziosamente fastidiosi
Ho scritto tre diversi attacchi di questo pezzo, ogni volta cancellandoli, perché la serie di oggi, On Becoming a God in Central Florida di Showtime, è talmente strana e intrigante da poter essere affrontata da tanti punti di vista.
Difficile anche parlarne senza fare spoiler troppo significativi, e per questo quasi quasi mi riservo un paragrafetto spoileroso giusto per togliermi lo sfizio di parlare di una certa cosa.
Ad ogni modo, di fronte alla difficoltà di scrivere un incipit super-affascinante, facciamo che vado giù dritto con le cose semplici, tanto poi la stranezza la capite da voi.
Creata da Robert Funke e Matt Lutsky, poco più che novellini del mondo seriale, la serie è ambienta nella Florida centrale, un posto caldo e umido, con alligatori e stagni, che nella percezione americana evoca un certo tipo di persone: gente strana, ignorante, tendenzialmente stupida, che fa cose completamente assurde che poi finiscono sui telegiornali ad uso e consumo di tutti quelli che poi possono dire “in Florida non ci stanno con la testa”.
Siamo nel 1992 e, in questo scenario da provincia irrecuperabile, si incastra la storia di Krystal (Kirsten Dunst) e Travis (Alexander Skarsgård), lei inserviente in un parco acquatico, lui impiegato in una ditta di assicurazioni. Travis sogna di fare soldi facili e diventare ricco sfondato, e per farlo si è affidato ai consigli di Cody, un ragazzotto dai modi viscidi che, lo capiamo molto presto, l’ha trascinato in un classico schema piramidale, una di quelle truffe che negli anni Novanta videro il loro picco e in cui le canaglie in cima alla piramide fanno soldi rapidi assoldando venditori che poi assoldano altri venditori e via così, in un ciclo che a un certo punto si arresta di fronte all’impossibilità di coinvolgere nuove persone e all’inconsistenza dei prodotti venduti, tipicamente robaccia di bassissima qualità.
Travis non ha alcuna percezione di essere finito in una truffa, ascolta con trasporto mistico le audiocassette del fondatore dei Founders, Obie Garbeau II (interpretato da Ted Levine), e progetta di lasciare il suo lavoro attuale per progredire nel nuovo. Krystal, dal canto suo, comincia a capire in che guaio si sono cacciati, non si fida di nessuno, e cerca di convincere il marito a non lasciare il suo lavoro vero in nome di una passione, chiamiamola così, che finora non gli ha fruttato niente.
E qui devo piantarla con la trama, perché già il primo episodio presenta un twist bello vistoso che è giusto godersi al meglio delle sue possibilità.
Qualche giudizio, dunque: On becoming a God in Central Florida è un drama atipico, molto ibrido, in cui si fondono tante anime. C’è la comedy legata a personaggi buffi e caricaturali, c’è il grottesco di alcune scene semplicemente “pazze”, c’è il dramma puro del guardare persone di buon cuore schiacciate dalla malvagità di altri, e c’è un elemento di suspense e di thriller legato alla situazione costantemente pericolante dei personaggi, sempre ridotti con l’acqua alla gola nella speranza che arrivi un’altra idea, un qualche colpo di fortuna, che gli permetta di galleggiare un altro po’.
Alla base di tutto, forse, c’è disagio. Quello di personaggi incapaci di leggere le situazioni in cui si trovano, ma anche quello degli spettatori che osservano un angolo del loro mondo sostanzialmente “perso”, l’America più arraffona e ignorante, che se riesce a risollevarsi appena appena è solo grazie alla capacità di Krystal, vera protagonista dello show, di diventare più spietata e viscida di chi le sta sopra.
Comunque un quadro affascinante, che indaga una pozza di umanità meno battuta da altre serie, e che ci fa provare una strana ma forte empatia con i personaggi: non perché ci riconosciamo effettivamente in loro, ma perché sentiamo a pelle la loro difficoltà, e ci viene spontaneo desiderare di capire come e se ne usciranno.
E ora spoilero, quindi se non volete saperne di più, andate ai mini-giudizi finali e basta.
INIZIO SPOILER
Il twist è presto detto: Travis, che insieme a Krystal sembrava il protagonista principale della storia (tanto più interpretato da un attore ben famoso), muore a poco più di metà pilot, sbranato da un alligatore. Lo shock per lo spettatore è forte, e lo inchioda alla poltrona giusto in tempo per assistere, sconfinando nel secondo episodio andato in onda la stessa sera del primo, all’ascesa di Krystal come vero centro della narrazione. È lei che, trovatasi in una situazione tragica con un sacco di debiti e doppia ipoteca sulla casa, è costretta a prendere più o meno consapevolmente la decisione di passare da truffata a truffatrice, provando a mettere le mani sull’unica fonte di denaro abbastanza vicina, cioè quello stesso inganno di cui era stata vittima fino a pochi minuti prima.
Una dinamica alla Breaking Bad, in cui una Kirsten Dunst imbruttita e truzzona, come spesso le è capitato di interpretare recentemente, non vorrebbe altro che una vita normale e serena, ma che è disposta davvero a tutto pur di non tornare nella povertà da cui veniva.
Se la morte di Travis lascia un vuoto sorprendente ma potenzialmente pericoloso, Krystal ci mette poco a riempire lo schermo con il suo carisma rabbioso e la sua inaspettata attitudine criminale, aprendo la strada a un drama più articolato e intrigante di quanto potesse sembrare nelle primissime battute.
FINE SPOILER
Avete fatto il salto degli spoiler? Oppure li avete letti? Poco cambia, il concetto, secondo noi, è che On Becoming a God in Central Florida si merita un po’ di attenzione, e poi vediamo dove va.
Perché seguire On Becoming a God in Central Florida: concept curioso, attori in forma, un miscuglio di generi che sorprende e intriga.
Perché mollare On Becoming a God in Central Florida: se amate i generi definiti, questo non lo è, ed è pieno di personaggi disagiati, sporchi e viscidi, magari vi dà fastidio…