Tuca & Bertie: su Netflix la disegnatrice di Bojack Horseman crea una serie completamente fuori di testa di Diego Castelli
Qualcuno ha deciso di dare a Lisa Hanawalt carta bianca, e lei non se l’è fatto dire due volte
Trovo molto divertente la mini-descrizione di IMDB relativa a Tuca & Bertie, nuova serie di animazione targata Netflix e creata da Lisa Hanawalt, responsabile dello stile visivo e della creatività disegnata di Bojack Horseman, qui alla sua prima esperienza come sceneggiatrice e creatrice a tutto tondo.
Imdb scrive: “The story of two 30-year old bird women who live in the same apartment building”, cioè, tradotto, “la storia di due donne uccello che vivono nello stesso condominio”.
Una trama semplicissima, che sembrerebbe applicabile a mille mila prodotti tutti uguali, se non fosse per quell’unica parola, “uccello”, che da sola basta ad alzare il sopracciglio e dire “ehi, aspetta un momento”.
La passione di Lisa Hanawalt per gli animali antropomorfi ha radici antiche che scavano nella sua adolescenza, piena di quaderni colmi di scarabocchi e idee. L’incontro e la collaborazione con Raphael Bob-Waksberg sono stati decisivi per entrambi, perché insieme hanno dato vita a quella che da molti è considerata una delle migliori serie d’animazione di questi anni, forse di sempre. Ora che però abbiamo di fronte Tuca & Bertie, che è interamente creato, oltre che artisticamente supervisionato, dalla Hanawalt, riusciamo a cogliere meglio le diverse sfumature nella sensibilità dei due autori.
Di Bojack Horseman si è già parlato molto, e sappiamo qual è la sua principale caratteristica: accanto a una comicità colorata e buffissima, giocata in gran parte sul fatto che l’animalità dei suoi personaggi continua a manifestarsi nonostante postura, forma e intelligenza umane, Bojack colloca un profondissimo senso del tragico, una malinconia costante che ruota attorno alla figura contrastata del protagonista, un uomo-cavallo che non riesce a trovare una vera serenità mentale in un mondo pieno di glamour e lustrini, ma spesso incapace di prendersi davvero cura dei suoi abitanti.
Questa è una componente spiccatamente drammatica che è figlia diretta della visione di Bob-Waksberg, e guardando Tuca & Bertie è facilissimo rendersene conto, perché la serie interamente creata da Lisa Hanawalt aggiunge qualcosa e contemporaneamente ne toglie un’altra: quello che aggiunge è la follia. Se pensavate che lo stile visivo di Bojack fosse già abbastanza pazzerello, Tuca & Bertie potrebbe mandarvi fuori di testa: nel raccontare la vita di queste due amiche per la pelle, una esuberante e vulcanica (Tuca), l’altra più timida e paranoica (Bertie), Lisa Hanawalt costruisce intorno a loro un mondo debordante di creatività visiva, in cui non esiste alcun confine fra ciò che è reale e ciò che è frutto dell’immaginazione e del commento. Al di là di avere personaggi animali e, forse per la prima volta, personaggi-piante (gente col corpo da essere umano e la testa fatta di rami e foglie), a colpire è proprio la continua esplosione dell’immagine in fumetti a palloncino, danze, parole scritte che volano ovunque, flash mentali, iperboli e metafore.
La vita di Tuca e Bertie, due amiche che vivevano insieme finché Bertie non ha deciso di abitare col suo fidanzato Speckle, è teoricamente normale nella pratica, con questioni legati al lavoro, al tempo libero, alle relazioni. Più in generale, il racconto verte spesso sul contrasto fra il carattere trattenuto e schivo di Bertie (con cui sicuramente potrà identificarsi la maggior parte degli spettatori), e l’entusiasmo senza freni di Tuca, in una continua lotta fra introversione ed estroversione che è il sale di un’amicizia un po’ sui generis, ma che funziona come una specie di simbiosi in cui caratteri diversi si aiutano a smussare i rispettivi angoli. A deformare quella realtà è però lo sguardo della Hanawalt, che la trasforma per offrircene una versione insieme più incasinata ma anche più esplicita nelle sue dinamiche di fondo.
Ciò che l’autrice toglie, in buona parte, è la ricercata “pesantezza” di Bojack, che ha sempre focalizzato molto l’attenzione sulla spirale depressiva del protagonista. In Tuca & Bertie è tutto più leggero e scanzonato, anche se questo non significa meno intelligente, o meno arguto. Il secondo episodio, per esempio, tratta in maniera per nulla banale il tema delle molestie sul lavoro, infarcendolo di tette che si staccano dai petti per andare in giro da sole (?!?!) ma dando un quadro molto lucido del disagio che una donna può provare in certe condizioni.
Il primo episodio è addirittura spiazzante, per la quantità di idee sparate sullo schermo a ciclo continuo, troppe perché lo spettatore possa tenerne memoria completa appena finita la puntata. Col secondo, quando il sistema di personaggi è stato delineato e l’attenzione di chi guarda può dedicarsi più specificamente alla creatività, tutto diventa più digeribile e meno ansiogeno, anche se rimane salda l’impressione di stare vedendo qualcosa di molto più strano e gustoso della media.
Nel mio piccolo, e considerando che comunque Tuca & Bertie deve ancora crescere, continuo a preferire Bojack, perché trovo che sia proprio la sua cifra drammatica e filosofica, accostata alla follia cartoon, a darle una profondità che molte serie in live action si sognano (cosa che, invariabilmente, genera lo stupore di chi accetta di seguirla dopo qualche sbuffo o rimbrotto tipo “sì ma è un cartone, non mi piacciono i cartoni”).
Tuca & Bertie però rimane un prodotto davvero ottimo, che risponde a una domanda a cui non sapevamo nemmeno di volere rispondere: che succede se dai a un’autrice come quella una serie in cui può fare quello che vuole? Succede che finisci le puntate col sangue che ti esce dal naso, ma molto felice.
Ultima nota per il cast: le due protagoniste sono interpretate da Tiffany Haddish e Ali Wong, attrici e comedian di fama crescente, che fanno un lavoro pressoché perfetto. In particolare, la Haddish riesce a dare a Tuca un’impronta vocale smaccatamente black, grondante di un entusiasmo trascinante che fa sospettare l’assunzione di qualche droga prima di ogni sessione di doppiaggio. Bravo comunque anche Steven Yeun, il buon vecchio Glenn di The Walking Dead, che ormai ha anche una solida carriera da doppiatore e non sfigura accante alle sue colleghe, benché il suo personaggio sia chiaramente un po’ più “normale” delle protagoniste.
Perché seguire Tuca & Bertie: una quantità di creatività e ingegno visivo che nella serialità vediamo raramente.
Perché mollare Tuca & Bertie: è una specie di figlia di Bojack Horseman, che però al momento appare superiore.