3 Aprile 2019 6 commenti

The Walking Dead 9 season finale: buone sensazioni e una mancanza di Diego Castelli

Bilancio positivo per una stagione che poteva essere migliore, ma pure molto peggiore

Copertina, On Air

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Nel complesso è stata una buona stagione di The Walking Dead. Non “eccezionale”, neanche “ottima”, ma buona sì, e per arrivare a questo risultato sono bastati alcuni accorgimenti e alcune iniezioni di minima creatività, che consentissero di uscire da strutture e dinamiche che ormai mostravano da tempo un certo affaticamento.
E questo nonostante un percorso in particolare sia rimasto accennato e mai effettivamente approfondito, che per me sarebbe stata la vera svolta, forse (spero) solo rimandata.

In parte il giudizio positivo nasce dall’addio a Rick. Non nel senso che volessi mare al povero vedovo – che comunque, per inciso, non inviterei mai a cena, per paura che mi spari, che pianga, o che mi spari piangendo – ma nel senso che quel tipo di scossa serviva, anche come simbolo di un cambiamento vero. E il suo addio è coinciso con l’arrivo di una nuova minaccia che è probabilmente la migliore mai vista nella serie: i Whisperers, sorta di anello mancante fra umani e zombie, riescono a sommare le peggiore caratteristiche dei due.
Dopo anni passati a combattere gli zombie E gli umani, riuscendo però a tenere ben distinte le due cose, i nostri si sono trovati di fronte una minaccia che è ontologicamente diversa: invece di combattere la deriva zombie usando metodi diversi da quelli dei protagonisti (e generando quindi uno scontro fra culture diverse, ma sempre “culture”), i Whisperers abbracciano lo zombismo leggendoci una sorta di (de-)evoluzione dell’umanità, verso un generico caos in cui conta solo l’istinto e la legge del più forte. Sono umani che si sono “arresi” all’apocalisse, abbracciandola e incorporandola, e per questo rappresentano una minaccia molto più spaventosa e meno prevedibile. Una minaccia che, come da tradizione per la letteratura zombiesca, sembra richiamare il mondo reale, dove il secolare scontro fra correnti politiche molto strutturate è stato completamente ribaltato dall’arrivo di onde di protesta che invece di proporre modelli alternativi hanno, in questi anni, spinto soprattutto per la distruzione di quelli vecchi.

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Alpha è un’ottima villain, perché è la prima della serie che ha un’intelligenza tattica, ma con cui al contempo è impossibile ragionare. Ancora una volta, unione fra umano e zombie nella versione più pericolosa della combinazione.
E se il peggio dei Whisperers l’abbiamo visto nel pre-finale, con teste mozzate infilate su picche in mezzo al prato, nella scena più forte e dura da molto tempo a questa parte, è importante anche notare la loro assenza nel finale: l’ultimo episodio stagionale è sicuramente meno impattante dal punto di vista emotivo, ma fa benissimo due cose. In primo luogo, anche grazie alla regia sempre efficace di Greg Nicotero, riesce a mettere in scena una sfida ambientale che in TWD non avevamo ancora visto, una tempesta di neve che strappa i protagonisti della serie dalla placida quotidianità a cui avevano creduto di potersi abbandonare, rigettandoli in un mondo nuovamente ostile, dove la prospettiva di vita non si conta in anni o mesi, ma in giorni e ore.

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In secondo luogo, il finale funziona perché mostra il vero effetto dell’opera dei Whisperers: la paura. Non c’è un solo attacco da parte loro in tutto l’episodio, e il fatto che i nostri attraversino il loro territorio non porta alcuna conseguenza. Ma il bello sta lì, nel non mettere in scena una scontata battaglia con i Whisperers, limitandosi a mostrare quanta paura la loro stessa esistenza è riuscita a instillare in Zeke, Carol, Daryl e compagni. E la paura, si sa, è la via per il Lato Oscuro, come sa bene la giovane Lydia, che tenta a più riprese di togliersi la vita – i farsela togliere – solo perché incapace di gestire la paura di essere un peso insostenibile.

L’impressione è dunque quella di un bel reset, di una comunità sfaldata che sperava di aver risolto i suoi problemi e che ora è stata rigettata in un pozzo nero dove si muovono quelli che, a conti fatti, potremmo definire zombie intelligenti. Le cose sembrano poter ulteriormente peggiorare, probabilmente lo faranno, e abbiamo una discreta voglia di vedere come accadrà.

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Di note dolenti ce ne sarebbero più d’una, non ultimo il fatto che su sedici episodi stagionali se ne contano forse 3-4 realmente memorabili, e sono un po’ pochini.
Ma il vero problema (che speravo non si ponesse) è il basso sfruttamento di Negan. Io non lo so se c’è di mezzo qualche problema contrattuale con Jeffrey Dean Morgan o altro (lo so, sono io che ho il sito di serie tv e dovrei saperlo, ma dai, non fatemi cercare), ma vederlo così poco è un delitto, anche perché ha palesemente nelle sue corde l’evoluzione più bella della serie: Negan è stato un cattivo vero, di quelli che ammazzano i buoni che amano tutti, eppure ora ha una chance di redenzione, che potrebbe farlo diventare il vero leader carismatico non dico dei protagonisti, ma della serie sì.
Il finale riesce comunque a darci un piccolo assaggio di ciò che poteva (potrebbe) essere, con Negan impegnato a fare il suo solito show di arroganza e supponenza, ma anche pronto a rischiare la vita nella tormenta per salvare quella di Judith.
Non ci giriamo troppo: Negan è ormai l’angelo custode della figlia di Rick, e il fatto che la cosa riesca a non stonare (grazie al tempo passato imprigionato e via dicendo) resta uno dei risultati migliori della serie. Né si può negare che gli autori abbiano ben in mente questa potenziale evoluzione, visto che in questo episodio c’è stata anche la prima mini-chiacchierata fra Negan e Michonne che non prevedesse da parte di lei la continua minaccia di cavargli gli occhi.

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Quindi insomma, la direzione sembra essere ancora quella, e Negan (che dice a Michonne “i cattivi non pensano mai di esserlo”, cosa che vale anche per lui) potrebbe essere una pedina decisiva nella prossima guerra contro i Whisperers. Semplicemente, speravo che la sua evoluzione ormai segnata potesse prendersi più spazio già in questa stagione, perché è uno degli sviluppi potenzialmente più interessanti dello show e vorrei vederlo messo in scena come si deve, possibilmente quando ancora non ho bisogno della dentiera.
Ad ogni modo, che sia per sapere come finirà con i finti zombie, o che sia per vedere Negan spiccare il volo verso il protagonismo, rimane il fatto che la nona stagione di The Walking Dead, fra alti e bassi, è riuscita a rimettere nuova carne al fuoco, lasciandoci con un paio di cliffangherini non clamorosi ma adatti a ricordarci che sì, l’anno prossimo saremo ancora qui.

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