The Fix – La sorella povera di The People v. OJ Simpson di Marco Villa
The Fix è creata dal vero pubblico ministero del processo a OJ Simpson ed è un po’ la sua vendetta
Mettendola subito dritta, The Fix potrebbe essere descritta come una serie di cui ci importa di più il mondo che la circonda rispetto a quello che racconta. Che non è un bel modo di presentare una serie, ma che ci volete fare.
The Fix è una serie partita su ABC il 18 marzo e ambientata nelle aule del tribunale di Los Angeles. La vicenda processuale di cui parla è quella di Sevvy Johnson (Adewale Akinnuoye-Agbaje), star afroamericana di Hollywood accusato di due omicidi a inizio anni 2000, assolto dalla giuria e poi di nuovo dentro un fattaccio simile otto anni dopo. Perché a quanto pare tutte le donne che girano intorno a Sevvy finiscono per essere ammazzate e questo non getta una buona luce sull’attore. Lui è il cattivo, poi ci sono i buoni. Anzi, la buona: Maya Travis (Robin Tunney), pubblico ministero che guida l’accusa nel corso del fallimentare primo processo e che viene strappata dal suo ritiro in mezzo ai cavalli per affrontare Johnson e il suo avvocato Wolf quando tornano dalla parte sbagliata della barra degli accusati.
Stella nera del cinema accusata di uxoricidio, prove a strafottere contro di lui, eppure arriva l’assoluzione: concentriamoci forte e sappiamo qual è il nome che ci viene in mente. Ok, bravi, ma perché secondo voi la risposta è proprio OJ Simpson? Facile, perché il nome intorno a cui gira tutto il progetto è quello della donna che ha affrontato proprio Simpson, finendo per uscirne sconfitta. Accreditata come creatrice ed executive producer di The Fix c’è infatti Marcia Clarke, pubblico ministero nel processo Simpson. E allora capite la mia intro? Perché se anche The Fix fosse un capolavoro, finirebbe per essere meno interessante della vicenda di una professionista che, a vent’anni e passa di distanza, trova il proprio riscatto riscrivendo in prima persona la storia che l’ha vista non solo battuta, ma diventare un simbolo stesso della sconfitta.
Al di là dei complimenti a Clarke per essersi fatta pagare da ABC questa sorta di terapia d’urto, resta poco da dire sul primo episodio di The Fix: la scrittura è quella di una serie rimasta indietro dieci anni rispetto al presente e la concentrazione di attori non all’altezza farebbe impazzire qualsiasi rilevatore di buon gusto.
Anche perché la storia di OJ l’abbiamo vista poco tempo fa nel primo capitolo dell’American Crime Story di Ryan Murphy, che era di livello notevole, quindi che senso ha per uno spettatore vedere una versione di seconda mano, senza nemmeno la morbosita del quasi-true crime? Risposta: nessuno. E infatti è davvero difficile pensare a un motivo per cui proseguire con The Fix, a parte il fatto di capire fino a dove possa spingersi la volontà di riscatto di Marcia Clarke. Ammirevole eh, ma anche no.
Perché guardare The Fix: perché un OJ Simpson non basta
Perché mollare The Fix: perché si fa davvero fatica a farsi catturare da questa storia