The Village: un drama sugli abitanti di un condominio. Bello eh. di Diego Castelli
Che poi brutto non è. Però insomma, non c’è tempo per queste cosucce
Devo rendere merito al Villa di essersi inventato la storia della classifica annuale dei pilot, da aggiornare volta per volta, perché da sola riesce a darmi lo sprone per guardare e recensire episodi che altrimenti mi avrebbero fatto venire sonno prima ancora di premere play.
Uno di questi è certamente il pilot di The Village, un drama americano classicone in onda su NBC, che ancora una volta (magari è la mia percezione a essere distorta, ma tant’è) mi sembra l’ennesimo tentativo di cogliere lo stile di This Is Us, senza riuscirci.
Il “The Village” del titolo altro non è che un condominio, all’interno del quale si muovono una serie di personaggi (e altri potrebbero sempre arrivare) le cui storie personali si incrociano in vario modo, a creare una specie di reticolo.
Il “protagonista” (con virgolette d’obbligo per una serie così corale) sembra essere Nick, reduce di guerra con una gamba sola, che arriva ad abitare nel condominio dove vivono già la sua ex e la figlia, che non sa che Nick è il padre (vi ho appena spoilerato il finale del pilot, ma non è che ci avete perso poi granché). La suddetta ex è una specie di infermiera e volontaria, e ora deve fare i conti con la gravidanza di Katie, con la prospettiva di diventare nonna a 40 anni scarsi.
Accanto a loro abbiamo l’amministratore del condominio, sposato con una donna che ha appena scoperto di essere malata di cancro, e che nel frattempo aiuta una donna iraniana che rischia di essere separata dal figlio piccolo e sbattuta fuori dal paese per problemi con i documenti di immigrazione.
Poi ci sono vecchi reduci che portano la loro quota di “anziano e puccioso”, un avvocatello alle prime armi ma tanto entusiasmo, ecc ecc ecc.
Ovviamente anche un cane senza una gamba.
Sì signori, un cane senza una gamba, così che spesso e volentieri noi si possa esalare i nostri commossi “aaawwwww” ogni volta che il treppiede canino zompa sul letto per leccare il suo padrone.
(nulla contro i cani senza una gamba, naturalmente, ma una roba più scritta di così non si poteva trovare)
Non c’è niente di male, in questo genere di storie che popolano la tv praticamente dal primo giorno. Né si può dire che The Village sia fatta “male”. Il cast è abbastanza in gamba (niente battute su Nick), l’alternanza fra le varie sottostorie è piuttosto fluida, e naturalmente c’è il tentativo di integrare il semplice drama romantico-familiar-condominiale con qualche tema più d’attualità, che sia la condizione degli immigrati, la guerra, le gravidanze indesiderate. In alcuni punti del pilot emerge anche qualche buona battuta, e alcuni momenti più delicati o malinconici che potrebbero anche valere il prezzo del biglietto.
Al fondo, però, il sugo è poco. Di veramente nuovo non c’è nulla, né nella trama né nella messa in scena, e lo schema è sempre lo stesso, con le varie scenette a seguire i diversi protagonisti, ogni volta con la necessità quasi programmatica di piazzare una frase ad effetto, un occhio lucido, un sorriso fascinoso. La struttura è fin troppo palese per non sembrare fittizia, e il confronto con This Is Us diventa impietoso, nel momento in cui la serie di Dan Fogelman riusciva, soprattutto nella prima stagione, a essere sorprendente e sempre efficace sia in fase di scrittura che di messa in scena.
The Village va su NBC come This Is Us, anzi viene trasmesso proprio dopo This Is Us, nel più classico dei “battere il ferro finché è caldo”. Ma gli ascolti del primo episodio sono già bruttarelli, e The Village rischia di diventare, molto presto, una fra le tante.
Perché seguire The Village: se il genere drama romantico-familiare vi piace proprio, The Village né è un esponente abbastanza dignitoso.
Perché mollare The Village: se non siete fan del genere, salvo eccezioni, The Village non vi farà cambiare idea.