Whiskey Cavalier – Spari, inseguimenti, amore e comedy di Diego Castelli
Una serie action-spionistica senza pensieri e con un cast di gente simpatica
Che bello poter recensire il pilot di una serie di cui non sono già disponibili settordici episodi che tutti hanno già visto nella loro interezza tranne me. Che sollievo, che leggerezza.
Bene, dopo questo momento di necessario sospirone, parliamo della serie di oggi, che è una roba per cui provare un certo affetto puccioso. Si chiama Whiskey Cavalier, debutta in Italia il 7 marzo su Premium Crime, ed è un action-spionistico con spruzzate di comedy che si porta dietro un cast seriale di tutto rispetto: Scott Foley, da poco uscito da Scandal, Lauren Cohan, che per Whiskey ha mollato The Walking Dead, Ana Ortiz (Ugly Betty, Devious Maids), Tyler James Williams (mitico protagonista di Everybody Hates Chris, ormai cresciuto per diventare più simile a Eddie Murphy che a Chris Rock), e per finire un imbolsito ma sempre simpatico Josh Hopkins di Cougar Town.
Insomma, un cast di quelli che ogni volta dici “ah sì ma questo lo conosco”, per una serie molto semplice nel concept, ma non scontata negli sviluppi. Il protagonista è Will Chase (Foley, nome in codice Whiskey Cavalier), agente dell’FBI che è stato da poco mollato dalla fidanzata Gigi, e che per questo ancora piange da solo in mezzo a patatine e calzini. Intenzionato a buttarsi sempre più nel lavoro per non pensare alle sfighe personali, Will finisce alle costole di un presunto hacker-traditore della patria (Williams) e incrocia la strada, e pure un po’ le armi, con la bella e tostissima Frankie (Cohan), agente della CIA dai modi spicci e dalle parole taglienti.
Già a fine pilot, senza fare troppi spoiler, viene a costruirsi una squadra un po’ improbabile che nelle prossime settimane/anni se la vedrà con cattivi di ogni sorta, coltivando nel frattempo una storia d’amore praticamente già scritta fra Will e Frankie, che funzionerà come molte storie simili in altre serie (tipo Bones): romanticismo velato, piccoli indizi, sguardi eloquenti, e poi dieci anni per arrivare a un bacio. Ma d’altronde ci piace così.
La qualità migliore di Whiskey Cavalier sta nel suo tono generale. Se il concept è (potenzialmente) quello di un procedural appena più action del normale, a nobilitare il tutto c’è un’atmosfera giovialmente cazzona che non risparmia mai la battuta, la gag, l’intermezzo comico, sfruttando tutti i puntelli che la trama e il sistema dei personaggi porta con sé (l’indole empatica e sensibile di Will, il machismo al femminile di Frankie, la scarsa attitudine al lavoro sul campo di Edgar, la cialtronaggine dell’amico e collega Ray).
Whiskey Cavalier, che non è un capolavoro o una rivoluzione, ha dunque il pregio di cercare una strada sua personale, di intrattenimento leggero e mai troppo drammatico, all’interno di un genere di cui effettivamente ne abbiamo viste di ogni.
E la cosa non funzionerebbe se gli attori non fossero in parte e ben affiatati, cosa che invece succede: Foley è sì un figaccione molto americano, ma non è il Jason Momoa della situazione, e lascia aperte numerose porte per una sensibilità imprevedibile che dà vita a molte situazioni divertenti; insieme alla Cohan fanno una coppia perfetta, con lei impegnata ad affiancare alla sua bellezza delicata i modi di un agente segreto senza peli sulla lingua e con molti peli sullo stomaco; e Williams è praticamente nato nella parte, un po’ stereotipata ma efficace, dell’hacker intelligente ma poco adatto all’azione, che si spaventa a ogni rumore sospetto e combatte l’ansia con l’ironia.
C’è insomma il materiale per una serie scaccia pensieri, in cui affezionarsi alla gang di personaggi anche al di là delle effettive qualità spicciole dello show, che dal punto di vista visivo non andrà mai oltre quello che già conosciamo o abbiamo visto altrove.
Un elemento però va sottolineato, perché non è banale: c’è un preciso lavoro di inversione dei ruoli classici nei due protagonisti. Per tutta la puntata Will viene descritto come quello sensibile e commosso, il cui lavoro è pesantemente influenzato dalle sue pene d’amore; accanto a lui, all’opposto, una donna forte che sembra lasciare poco spazio al romanticismo o alla semplice compassione, preferendo un insulto e una pallottola ben piazzata. C’è insomma la volontà, non pedante o pedagogica ma comunque evidente, di giocare un po’ con i ruoli classici, in parte per adeguarsi al 2019, e in parte per trarre da quella novità il materiale per un po’ di divertimento.
Non diventerà la vostra serie della vita, ma a questa gente si può voler bene.
Perché seguire Whiskey Cavalier: è un action-comedy spionistico con buon ritmo e buon cast.
Perché mollare Whiskey Cavalier: non arriva (né cerca di arrivare) al capolavoro che cambia la vita.