Dietland – Ma che roba è? di Marco Villa
Dietland racconta la storia di una ragazza obesa, di come vive il mondo e di come il mondo vive lei ed è la serie tv più confusa della storia
Tra qualche settimana, Serial Minds compirà otto anni, che in anni del web sono tipo 50. Non sto scrivendo queste cose perché ci piace tirarcela, cioè, un po’ sì, ma non è questo il punto stavolta. Il senso di questo inizio è dire che in questi anni abbiamo visto parecchi pilot, alcuni anche molto brutti, non era però mai successo di vedere una prima puntata così confusa, strana e senza una direzione definita come quella di Dietland.
Dietland è una nuova serie tv di AMC in onda dal 4 giugno, creata da Marti Noxon (Buffy, Unreal) e tratta dall’omonimo romanzo di Sarai Walker. La storia è quella di Plum (Joy Nash), ragazza che lavora come ghostwriter per una rivista femminile: il suo compito è rispondere alle lettere che le lettrici inviano alla direttrice della rivista, una sorta di Miranda Priestley de Il diavolo veste Prada, interpretata da Julianna Margulies. Plum è clinicamente obesa, segue da sempre diete di ogni tipo e si sta preparando a un operazione chirurgica con cui spera di poter finalmente indossare il vestito taglia 40 che sogna da quando è bambina. Il giornale per cui lavora, come buona parte dei femminili di tutto il mondo, si occupa invece di diffondere uno stereotipo e un’immagine femminile fatta di magrezza e cura di sé, che spesso sfocia nell’esasperazione. E fin qui tutto ok: tema importante, dinamica già vista, ma amen.
Il problema è che Dietland mette in scena anche una sottotrama che riguarda un gruppo di attiviste che sono in lotta con la società e con l’immagine della donna che viene propagandata dalla società stessa. Sullo sfondo delle vicende raccontate, si scopre che negli Stati Uniti sono in azione delle sorte di giustizieri che stanno punendo con la morte uomini che hanno abusato di donne. Queste ultime due vicende potrebbero anche essere una vicenda sola, ma nei primi episodi non è ancora chiaro.
Quello che è chiaro, invece, è che Dietland non sa minimamente cosa vuole essere, sia dal punto di vista della trama, sia dal punto di vista del tono. La difficoltà a collocare all’interno di un genere preciso una serie non è per forza di cose un male, anzi: basta citare Killing Eve per spiegare quanto ci piacciono le serie che sparigliano le carte. Il problema di Dietland è che la mancata adesione a un genere è frutto di una mancanza di identità: la sensazione è che l’unica cosa chiara fosse il tema, la sua declinazione è sembrata quasi un dettaglio. Sbagliatissimo, perché la doppia première è un punto di domanda lungo 80 minuti. La durata extra dell’episodio toglie anche l’alibi della mancanza di tempo: il tempo c’è stato, ma la storia di Plum non è stata assolutamente in grado di imporsi.
A questo va aggiunto un tono che ondeggia tra comedy e drama interiore senza trovare un equilibrio e al quale viene aggiunto anche il carico delle trame più misteriose. Non abbiamo letto il libro, non sappiamo come fosse, ma l’adattamento seriale non funziona. Guardando Dietland lo spettatore resta interdetto, esattamente come Plum quando osserva se stessa in versione cartone animato. Ah sì, perché c’è pure la questione “inserti animati orribili”. Tanta tanta confusione, in mezzo alla quale ogni tanto svetta qualche dialogo, ma resta la convinzione che un tema di questo tipo avrebbe meritato più cura.
Perché guardare Dietland: perché il tema comunque merita e la confusione potrebbe trasformarsi in ricchezza
Perché mollare Dietland: perché davvero si avverte come il tema abbia ucciso ogni ulteriore riflessione