11 Gennaio 2018 8 commenti

Jean Claude Van Johnson: una chicca ironica e nostalgica, che si beve d’un fiato di Diego Castelli

Jean Claude Van Damme nei panni della versione assurda di se stesso non delude, e regala sei episodi di buonissimo intrattenimento

Copertina, On Air

Jean Claude Van Johnson (3)

Siamo all’11 gennaio e ancora dobbiamo finire gli arretrati del 2017, ma ci sono cose su cui proprio non si può sorvolare, specie quando rappresentano una sorta di chiusura con le passioni dell’infanzia.

È questo il caso di Jean Claude Van Johnson, la serie di Amazon di cui avevamo già parlato ai tempi del solo pilot (chiedendo a gran voce l’effettiva realizzazione della prima stagione), e che poche settimane fa ha prodotto sei episodi piccini picciò, che probabilmente non vinceranno mai alcun premio nè cambieranno le sorti della serialità, ma a cui i figli degli anni Ottanta non possono non volere bene.
Del gustosissimo concept avevamo già discusso: la vita di Jean Claude Van Damme, vecchia stella del cinema d’azione e di arti marziali ormai sul viale del tramonto, non è mai stata quella che pensavamo di conoscere. I suoi film altro non erano che una copertura con cui nascondere la sua vera identità di agente segreto, che col nome in codice di Jean Claude Van Johnson andava in giro per il mondo a catturare/ammazzare i cattivi.
La serie prende le mosse dal desiderio del protagonista, ormai ritiratosi da entrambe le vite, di tornare a combattere in tutti i sensi.

Jean Claude Van Johnson (4)

Jean Claude Van Johnson, va da sè, è una parodia, una presa in giro profondamente e affettuosamente autoironica con cui Van Damme ripercorre tutto il suo cinema, riconoscendone le peculiarità e i limiti, e rileggendoli alla luce di una sensibilità più matura che non può non ridere delle sue coreografie pompose e delle sue faccette esagerate, ma che riesce ancora a ricordarsi di quando, da ragazzini, per queste cose andavamo matti.
Decisamente azzeccata la scelta di non allungare troppo il brodo. Sei episodi che scorrono via veloci, e che nell’intenzione degli autori capitanati da Dave Callaham (Godzilla, I Mercenari 2 e 3) servono a buttare giù un piccolo compendio comico di tutti i principali cliché di certo cinema d’azione.
In termini narrativi troviamo complotti, cospirazioni, buoni che si scoprono cattivi, allievi e maestri, sparatorie, scazzottate e corse in macchina.
E in termini di messa in scena ci sono orde di cattivi che attaccano uno alla volta “perché sennò si crea confusione”, auto orrende che battono superbolidi da corsa perché il protagonista è un figo, calci volanti e spaccate che non sempre funzionano a dovere perché il buon Jean Claude non ha più l’età.

Jean Claude Van Johnson (2)

Se già il pilot era buono, gli altri episodi della prima stagione riescono a proseguire sulla strada di un divertimento metatestuale e profondamente citazionista, che però va al di là della semplice strizzata d’occhio: non solo perché il riferimento alla cinematografia di Van Damme è spesso così preciso da rendersi incomprensibile (o comunque non godibile) a chi non la conosce per nulla, ma soprattutto perché allo spettatore è implicitamente richiesta la conoscenza di schemi e paradigmi che qui vengono recuperati e presi in giro non certo con cattiveria, quanto piuttosto con lo sguardo nostalgico di chi è cresciuto, ma senza esagerare (altrimenti non si potrebbero apprezzare certe sorprese completamente a cazzo di cane, che funzionano… perché sì).

Quello che dal pilot non si poteva pienamente comprendere, invece, era la volontà degli autori di aprire anche spazi più seri e riflessivi, legati al bilancio della carriera di Van Damme e alla linea romantica che striscia per tutta la stagione. Ecco allora momenti di introspezione non necessariamente comica in cui ragionare sul valore della fama, sulla spietatezza con cui Hollywood ti porta sul palmo della mano per poi gettarti nel cestino, sulla necessità di capire, in ogni fase della vita, quali sono le priorità e le strade da imboccare per non avere rimorsi e rimpianti.

Jean Claude Van Johnson (5)

È una componente che funziona solo in parte, proprio a causa della forza dell’anima parodistica che rende difficile la scrittura di scene più sentimentali, a quel punto un po’ stonate.
Bisogna anche riconoscere, però, che il passaggio fra un’anima e l’altra a volte funziona alla grande:

Inizio Spoiler
Quando Van Damme scopre di poter risolvere la situazione usando la sua famosa spaccata (a cui lui si riferisce con un epico “my gift”) c’è un magico momento di perfetta sovrapposizione fra le sue aspirazioni esistenziali, di eroe e mentore, e la più totale coglioneria comica. Da applausi.
Fine spoiler

Alla fine della stagione vengono piantati alcuni semini per la prossima, semini ancora più stranianti e surreali di quanto visto finora. In realtà, a oggi la serie non è ancora stata ufficialmente rinnovata, e chissà se succederà. Intanto però ci siamo beccati queste tre ore scarse di sano divertimento, con protagonista un vecchio amico della nostra infanzia che, alla prova dei fatti, è un attore più completo e versatile di quello che molti potrebbero pensare. E va benissimo così.



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