Rellik – Raccontare un poliziesco al contrario di Sara Mazzoni
Rellik è un crime drama britannico che racconta la sua storia iniziando dalla fine.
La narrativa è una macchina del tempo. Che si tratti di libri, film o serie tv, il racconto è qualcosa che nasce dalla manipolazione del tempo. Strutture spericolate ci fanno assistere a piccoli miracoli, come la resurrezione di Vincent Vega in Pulp Fiction. Dopo lo shock della terza stagione di Lost, si sono moltiplicate le serie tv che ci punzecchiano con flashforward, quei frammenti di storia che accadranno nel futuro, ma modificano la nostra lettura del presente narrativo. Da poco BBC One ha trasmesso una serie che affronta la sfida cronologica definitiva: Rellik, un crime drama raccontato al contrario, firmato da Harry e Jack Williams.
Per non diventare un mero esercizio di stile, il racconto in reverse deve avere senso rispetto alla storia di cui parla. In Memento, il protagonista è incapace di immagazzinare i ricordi, per cui il racconto si resetta ogni pochi minuti ponendoci nella sua stessa posizione. Memento è un film perfettamente riuscito, mai fine a se stesso. Un titolo recente come Shimmer Lake, distribuito direttamente da Netflix, dimostra invece la pericolosità di questo artificio quando usato senza una vera esigenza narrativa: il racconto fila, ma il risultato è mediocre; il trucco è ostentato, inutile; del film non rimane niente, e a resettarsi questa volta è il cervello del pubblico.
Sotto questo aspetto, la prima stagione di Rellik è invece un successo. La vicenda poliziesca inizia poco prima della soluzione dell’indagine su un serial killer. Il protagonista è il detective Gabriel Markham, interpretato da Richard Dormer (Beric Dondarrion in Game of Thrones o, meglio ancora, lo sceriffo Dan Anderssen in Fortitude). Dormer ha un’espressione dura, occhi disperati, i lineamenti spesso distorti in maschere di rabbia e dolore esistenziale. Nei panni di Gabriel, quest’attitudine raggiunge l’apoteosi, perché quando la storia inizia (dalla fine) Gabriel è già stato aggredito dal killer (rellik, al contrario), che gli ha sfregiato il volto con dell’acido.
Per quasi l’intera stagione, ci confrontiamo con le ferite sul suo viso, sempre più distrutto a mano a mano che la storia si riavvolge. Il racconto in reverse ci fa rivivere l’esperienza tragica del protagonista, restituendo il tormento a cui è sottoposto: sul suo volto è segnato il passato, che lo tormenta in ogni istante del presente. Questo è il punto fondamentale di Rellik, che rende valida la tecnica con cui viene narrata la sua storia: tutto nella serie parla di come il passato crei il presente, in un eterno dialogo a cui non si può sfuggire.
La storia salta all’indietro, di puntata in puntata, mostrando prima gli effetti e poi le cause, creando misteri più complessi di quelli di un’indagine convenzionale. Rellik mostra un mondo tetro, dove uomini e donne sono soli anche quando si stringono alle persone più care; un mondo in cui Gabriel, narcisista frustrato, deve imparare ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, perché le sue decisioni non sono riavvolgibili. Giocando con i classici meccanismi di suspense, colpo di scena e depistaggio, anche in reverse, Rellik crea il rompicapo perfetto, dove alla fine tutto quadra. E per questo è una delle novità più stimolanti del 2017.
Perché seguire Rellik: se vi appassionano i rompicapi, se cercate qualcosa di nuovo e originale, se amate la faccetta rabbiosa di Richard Dormer, ecco, fa per voi.
Perché mollare Rellik: se quando tornate a casa avete mal di testa e volete rilassarvi, non è la vostra serie.