Ray Donovan 5 season finale: nuove avventure e vecchi demoni di Diego Castelli
Ray Donovan è stata rinnovata, ora c’è da chiedersi cosa racconterà
SPOILER SU TUTTA LA QUINTA STAGIONE
Tutte le serie tv di successo, belle o brutte che siano (successo e qualità non vanno sempre a braccetto), finiscono col correre un rischio molto preciso: quello di non sapere quando finire.
Delle serie che durano troppo poco non dobbiamo nemmeno discutere, sono i classici chiodi infuocati piantati nel cuore dei serialminder. Ma certo c’è anche il problema opposto, quello di show che, quasi sempre in nome dei dati di ascolto ancora buoni, finiscono col prolungarsi oltre il loro naturale ciclo di vita.
(Poi qualcuno potrebbe anche dire “finché gli ascolti ci sono, il ciclo di vita non è finito”, ma qui siamo su un blog di appassionati, non in un’azienda televisiva, quindi non facciamo troppo i cinici).
Tutta sta introduzione per dire che con Ray Donovan siamo arrivati a un punto cruciale. Dopo il quinto season finale, per come è maturato nel corso dei dodici episodi, non ci sarebbe stato nulla di male se la serie fosse finita qui. Invece, lo show creato da Ann Biderman è stato rinnovato per una sesta stagione che sarà ambientata non a Los Angeles, bensì a New York. E a questo punto, forti dell’affetto per Ray che ancora non ci abbandonato, ci chiediamo però se una nuova stagione non suonerà posticcia e diluita, a fronte di un lustro di avventure che ha trovato una conclusione piuttosto netta.
Perché su questo non so quanto ci sia da discutere. La quinta stagione era iniziata con la sorpresa della morte di Abby, un lutto improvviso e raccontato come una specie di mistero (per gli spettatori) da svelare piano piano, raccontando i segreti, i traumi e le bugie che gli erano fioriti attorno, e che sembrano inevitabili quando ci si immerge nella vita dei Donovan.
La storia della quinta stagione inizia e finisce con Abby, che tra flashback e fantasie non lascia mai effettivamente la serie e aleggia sui personaggi come un fantasma emotivo di difficilissima gestione. Ed è proprio nello svelare pian piano quel mistero che gli autori cuciono addosso al protagonista un percorso che finirà con lo stravolgere completamente la sua vita. Quello che ci viene detto, anche se un po’ già lo sapevamo, è che Abby era per Ray una roccia inamovibile che si poteva pure tradire e trattare male, ma che rappresentava una specie di nord magnetico, un faro su cui fare riferimento a prescindere dai casini della vita. Tolto quello, è andato tutto a farsi benedire.
Nel tentativo disperato e ossessivo di salvare la moglie, ben oltre la stessa volontà di lei, Ray ha messo in pericolo la vita di un ragazzo che Bridget finisce con l’amare, un amore che ovviamente la porta a odiare il padre per aver agito come sempre per il suo solo tornaconto. Ray ci mette una stagione intera a farsi perdonare, ma alla fine ci riesce proprio garantendo al ragazzo le cure che prima gli aveva negato, e per farlo è costretto a sporcarsi di nuovo le mani, uccidendo un uomo assai cattivo per conto di una donna che dietro quel pagamento di morte tirerà i fili giusti per aiutare il giovane Smitty. Se devo trovare un difetto a questa stagione sta proprio qui, nel fatto che la sottostoria legata a Samantha Winslow non è stata granché appassionante, e non ha permesso alla sua interprete Susan Sarandon di esprimere a mille il suo smisurato talento, finendo con l’essere poco più che uno strumento con cui chiudere degnamente la storia Ray-Abby-Bridget-Smitty (chiusura che, comunque, funziona bene).
Più soddisfacenti, a livello viscerale, le vicende degli altri componenti della famiglia Donovan, tutti coinvolti in questo progressivo processo di “chiusura”. Mickey finisce in carcere, prova a scagionarsi incolpando Ray di qualunque cosa gli venga in mente, dalla morte di Barnes alla chiusura di Hannibal, ma alla fine subisce il tradimento definitivo (quello di Daryll) e rimane in carcere probabilmente a vita, a meno che non salti fuori addirittura la pena di morte.
Bunchy lascia Teresa, dopo aver scoperto dei suoi tradimenti, si tiene la bambina e pure il bar, che un Ray ormai in lenta ma decisa fase di allontamento gli lascia senza pensarci troppo su.
Lo stesso Daryll sembra ormai lanciato in una carriera hollywoodiana che di fatto è stata la molla principale per allontanarsi dalla follia del padre.
Terry ha aiutato Abby a morire, s’è preso i pugni di Ray, e alla fine è stato vicino anche a Smitty. A lui la chiusura la dà Ray stesso quanto gli dice “tieni d’occhio Bridget al posto mio”, che suona tanto come “non mi seguire dove sto andando”.
C’è spazio pure per Conor, il figlio narrativamente meno importante di Ray, che si arruola proprio per dimostrare al padre di valere qualcosa, e chissà che non ci riesca (o quello, oppure a un certo punto della prossima stagione ci diranno che è morto in combattimento).
Sul fronte lavorativo, terra bruciata: Ray perde Natalie, forse il peggior fallimento della sua carriera di caro-vip-faccio-tutto-io, e alla fine perde di fatto il lavoro, quando la stampa arriva a conoscere certi dettagli della sua strana professione, causando la fuga di tutti i clienti. Anche in questo caso, chiusura chiusura chiusura, un riannodarsi progressivo e implacabile di tutti i fili narrativi nell’ottica di un saluto che, almeno per Ray, suona come finale.
Già perché l’ultima scena della quinta stagione di Ray Donovan racconta, o sembra raccontare, un suicidio. Una volta fatto tutto quello che doveva fare, senza più debiti verso nessuno, senza lavoro e con una vita disastrata, Ray segue il fantasma di Abby in cima a un palazzo di New York e si butta giù. Il rinnovo della serie ci dice che Ray, caduto in acqua, ne uscirà incolume, ma anche senza le notizie extra-diegetiche la modalità di messa in scena di quel tuffo, così evidentemente finto e allegorico, svelava la sua natura di momento di passaggio verso una nuova vita, del protagonista e della serie.
Il che ovviamente non ci dà alcuna reale certezza sul futuro. È possibile pensare a Ray Donovan senza il padre e i fratelli di Ray? Mi viene difficile, anche se in questo momento non so davvero immaginare come farà Mickey a uscire di prigione. Ma se anche loro non ci fossero più, a rimanere irrisolta è la questione psicologica di Ray, ciò che si agita nella sua mente. In diversi punti della stagione l’abbiamo visto alle prese con uno psicologo da cui è stato obbligato ad andare per ordine del tribunale. Proprio in quello studio assistiamo a una delle scene migliori di tutta la stagione, forse di tutta la serie, senza dubbio quella in cui Liev Schreiber ha concentrato in pochi minuti di bravura l’essenza stessa del suo personaggio. Di fronte alle parole dello psicologo, che senza troppo giri di parole diagnostica la sua sindrome da stress post-traumatico, esortandolo a continuare la terapia così da raggiungere l’unico obiettivo realmente importante (smettere di darsi la colpa di violenze non sue), Ray non reagisce, continua a confermare di stare bene, di non aver bisogno di altro.
Le parole smozzicate che pronuncia, e la forza silenziosa con cui Schreiber ci trasmette un’idea di frustrazione, di disperazione repressa, con risultati quasi teneri, sono forse il gancio migliore per la prossima stagione: è vero che Ray sembra avere quel momento di catarsi simil-suicida, ma come la vita e i film e le serie tv insegnano, non è trasferendoti all’altro capo del paese che puoi sperare di sfuggire ai tuoi demoni.
Il senso di questo rinnovo, e il motivo per cui ci sentiamo di essere ancora fiduciosi sul futuro, è che questa stagione ha cambiato la vita di Ray in molti modi, chiuso molte porte, tagliato molti fili (alcuni dei quali sicuramente risorgeranno). Ma allo stesso tempo ci ha detto che la vera chiusura, per questo personaggio, deve venire da dentro, e finché non ci sarà quella (o la morte vera), Ray Donovan avrà ancora qualcosa da raccontare. Nella speranza che lo si faccia con la precisione e la bravura di questi cinque anni.