Body of Proof di Marco Villa
La perfetta brutta serie
Cari lettori di Serial Minds, sappiate fin da subito che Body of Proof è un titolo epocale.
Dopo decenni in cui i crime erano dominati – chissà poi perché – dalla polizia, la serie tv creata da Christopher Murphey apre un importante scorcio su un settore mai sfruttato in precedenza: la scientifica.
Ma sì, era ora di finirla con la retorica delle suole consumate per strada, degli interrogatori testosteronici a base di minacce e cazzotti. Finalmente è uno scienziato a dettare legge, anzi, una scienziata. Per la precisione, un medico legale. Per attuare questa rivoluzione avrebbero potuto creare un entomologo che cita Shakespeare, un’esperta di ossa o uno con i capelli rossi che si toglie gli occhiali. Invece no: un medico legale. Ma non un medico legale banale, di quelli che si limitano a sezionare i corpi e a dire: “è morto tra le 3 e le 4, ha ingerito catrame e Red Bull, uno dei due è la causa della morte”. Andiamo, vi pare che sarebbe potuta essere epocale una serie del genere? Megan Hunt, questo il nome della protagonista, è un genio della medicina, neurochirurgo eccezionale, peccato che un incidente stradale le tolga parte della sensibilità alle mani. Quindi addio sala operatoria, benvenuto tavolo dell’obitorio.
Ovviamente lei non ci resta tanto bene e potrebbe essere poco contenta del nuovo lavoro. E allora, colpo di genio degli autori, ecco il secondo dramma interiore: poco prima dell’incidente – o poco dopo, non ho capito bene, mi sono distratto contando le puttanate di questa serie – la povera Megan ha ucciso una paziente sul tavolo operatorio. Mi permetto di citare a braccio: “solo quando ho visto l’autopsia l’ho conosciuta davvero, il suo corpo mi ha detto più cose da morto che da vivo”. Bam, secondo fantasma per il personaggio e spinta interiore che la fa entrare in empatia con le vittime. Manca qualcosa? Certo, la famiglia, nelle persone di una figlia trascurata durante gli anni dell’ospedale e di un marito che ne ha ottenuto la custodia esclusiva. Perfetto. Caro Christopher Murphey, sei il mio nuovo idolo!
Ma non pensiate che sia tutto qui. Non paga di arrivare con quella decina di anni di ritardo rispetto al mondo dei telefilm americani, Body of Proof dà il meglio di sé con il cast e i personaggi secondari. Innanzitutto, Dana Delany: perfetta in Desperate Housewives, del tutto inadatta a un ruolo principale. È la perfetta acidina di contorno, quella che ti piazza il commento cinico e diventa un idolo. Ma vederla sentenziare per quaranta minuti è insopportabile: perché ovviamente quegli eroi degli autori/produttori le hanno detto: “fai esattamente quello che facevi a Desperate Housewives!”. E poi: il collega dalla faccia rassicurante e vagamente mentalista, il buon amico a cui appoggiarsi, quello che contrappone un cuore grande grande allo spirito positivista dell’eroina. E ancora: il responsabile finanziario del dipartimento, un ciccione pelato, antipatico e frustrato che cerca di controllare i costi a danno delle indagini creative di Megan; il giovane ricercatore dall’aria svagata che – guarda un po’ – è sempre sulle nuvole; la capa del dipartimento della scientifica, una tosta che si capisce fin da subito con Megan. E infine: il poliziotto burbero ma in fondo buono, affiancato da una poliziotta nera e silente. E non è una poliziotta nera e silente qualsiasi, è Sonja Sohn, ovvero Kima Greggs di The Wire (che brutta fine, Kima, che brutta fine).
Adesso guardate la foto in apertura di questo post: potevano trovare attori più stereotipati per queste parti?
Fantastici.
Body of Proof è iniziato il 25 gennaio su Fox Italia. È in anteprima mondiale nel nostro bel paese, negli USA inizierà il 29 marzo.
Secondo me si vergognavano.
Previsioni sul futuro: una puntata, un caso. Più efficienti di una catena di montaggio, più scientifici di quelli del Cern, più insopportabili di un ambasciatore svizzero. Non è da escludere che faccia un botto di ascolti.
Perché seguirlo: perché è scritto con il righello e quindi ogni cosa sta al suo posto e quel posto è quello giusto.
Perché mollarlo: perché nasce già vecchio di dieci anni e perché la freddezza con cui è realizzato è davvero imbarazzante. Su, avanti, davvero trovate dei motivi per affezionarvi alla protagonista?
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