Serial Moments 284 – Dal 28 maggio al 3 giugno 2017 di Diego Castelli
Angeli caduti, divinità pagane e dimensioni parallele
ATTENZIONE! SPOILER REPUBBLICANI DI LUCIFER, THE HANDMAID’S TALE, AMERICAN GODS, THE LEFTOVERS, TWIN PEAKS (E IN FONDO SILICON VALLEY E THE AMERICANS)
5.Lucifer 2×18 – Ciao mamma guarda come mi diverto
Si chiude la seconda stagione di Lucifer, e la gran parte delle linee narrative trova conclusione nella partenza definitiva della madre del protagonista, la cui essenza viene sparata fuori dalla nostra dimensione attraverso un comodo squarcio nella realtà, operato dallo stesso Lucifer. Il finale, però, promette nuovi problemi: Lucifer telefona a Chloe promettendole un racconto completo di tutto quello che le ha finora nascosto, ma viene colpito da un misterioso assalitore. Al risveglio è nel deserto, mezzo nudo, tutto bruciacchiato, e dotato delle ali che un tempo gli furono tagliate via. Whaaaat?
Ci vediamo l’anno prossimo.
4.The Handmaid’s Tale 1×08 – Night Out
Il Comandante organizza una serata fuori con Offred, e indovina un po’? Lei ne ricava ulteriore conferma del fatto che il mondo è andato a puttane. Lui la porta infatti in una sorta di bordello, dove il disprezzo della donna da parte dei maschi di Gilead raggiunge nuove vette di perversione. Una nota positiva però c’è: June riesce a rivedere la vecchia amica Moira, che credeva morta, e può constatare che nonostante tutto sta ancora bene. Ma è un “bene” solo fisico, di salute: Moira si è arresa al destino, non ha più intenzione di combattere, e si limita a sopravvivere nel miglior modo possibile. June però non ci sta, e quando la sua solitudine raggiunge l’apice a seguito della rottura con Nick, non reagisce impiccandosi come fece l’altra ancella (la cui morte assai disturbante abbiamo visto pochi minuti prima): lei si chiude nel suo angolino e medita vendetta. Vai June, spacca tutto!
3.American Gods 1×05 – Ehi tu porco levale le mani di dosso
Interessante twist “violento” di American Gods, in cui si incomincia improvvisamente a fare sul serio, anche nei termini di un discreta deviazione rispetto agli eventi del libro. Prima di quel momento c’è il bell’inizio animato, e poi Gillian Anderson che interpreta due vere e proprie icone, David Bowie e Marilyn Monroe. Fa impressione soprattutto nei panni del primo: una singola immagine che ti si stampa nel cervello neanche l’avesse piantata Chernobog col suo martello. Ma poi si apre quel bel dialogo con Mr World (interpretato da Crispin Glover, il papà di Marty McFly in Ritorno al Futuro) che alza improvvisamente il tono della guerra, peraltro devastando in maniera assai scenografica un’intera stazione di polizia. Il discorso sulla ribrandizzazione della religione, in cui Mr World dichiara la sua intenzione di trasformare Wednesday in un’arma di distruzione di massa, è un bel miscuglio di tante suggestioni filosofiche, nella presentazione di un insieme di “culti” contemporanei che tentano di appropriarsi di quelli vecchi per fagocitarli e modificarli a loro piacimento. Il risultato, nel mondo narrativo di Neil Gaiman, sarebbe quello di una perdita delle radici, di un cuore umano che rinuncia a foraggiare i vecchi dèi per abbandonarsi alla schiavitù di quelli nuovi. Il tema è complesso e affascinante, e confido che verrà sviluppato come si deve.
2.The Leftovers 3×07 – Tu Kevin is megl che uan!
E vabbè, altro puntatone di The Leftovers, questa volta meno drammatico e più ironico-straniante del precedente, forse alla rincorsa della follia di David Lynch che in queste settimane trasuda dal palinsesto personale di ogni serialminder che si rispetti.
Passato in quella che chiamerò semplicemente “l’altra dimensione” – in cerca di risposte, di ragazze scomparse, di brani di canzoni con cui fermare il diluvio universale – il nostro Kevin si trova a interpretare due diversi personaggi, il Presidente e un sicario, che di minuto in minuto continuano a palleggiarsi la coscienza del Kevin che conosciamo noi, e su cui fondiamo anche il nostro punto di vista. La scena dell’incontro fra i due, con Patti-burattinaia a tirare i fili, è uno straordinario pezzo di bravura registica, da far vedere nelle scuole: quello che era un unico punto di vista (coincidente col nostro) viene di fatto splittato in due, senza soluzione di continuità, riverberando anche su di noi questo folle senso di doppiezza, per cui non sappiamo più dire chi è il vero Kevin, ammesso e non concesso che ce ne sia effettivamente uno solo.
Ne segue una fusione fra la natura divina di Kevin (qui rappresentata anche dall’ubiquità) e quella prettamente umana, fatta di paura e insicurezza, fino alla scena dell’estrazione dei codici di lancio che è roba da far tremare il cervello. Il motivo di tutto questo? Boh. Ma è un “boh” voluto: sono tre anni che questi personaggi cercano di dare un senso a quanto gli è accaduto, ci provano e ci provano e ci provano, e ora quello che sembrava avere la più concreta possibilità di trovare delle risposte, che torna nel suo mondo dopo aver distrutto quello alternativo, scopre di non averci capito un’acca. L’unica cosa che forse ha capito, è che è stato un codardo con Nora.
Io non so come finirà sta serie, e quando leggerete queste righe il finale sarà già andato in onda (niente spoiler please), ma a me pare quanto mai evidente che non avremo risposte scientifiche, ma solo risposte spirituali, emotive e filosofiche. Il che vuol dire che Lindelof si prenderà altri insulti. Bisogna apprezzare la coerenza.
1.Twin Peaks 3×03-04 – Solito degenero
A distanza di più di un quarto di secolo, e a giudicare dall’approccio fluido, onirico e spesso a-narrativo con cui David Lynch ha concepito e continua a sviluppare Twin Peaks, la verità è sotto gli occhi di tutti: a Lynch della storia non frega niente, l’unica cosa che conta per lui è entrare nei Serial Moments.
Sì perché anche questa settimana c’è solo il proverbiale imbarazzo della scelta.
L’inizio del terzo episodio, praticamente venti minuti di Loggia Nera (e di spazio profondo), è roba da incubi notturni, nonché una scena pregevole dal punto di vista tecnico, specie per quel continuo avanti e indietro dei personaggi a creare una specie di tensione “sbagliata”, basata su quello che altrove sembrerebbe una sorta di errore reiterato di montaggio.
Ma poi arriva Dougie Jones e la scena al casinò, con quel Hellooooo che è già diventato un cult totale. Poi si rivede David Duchovny nei panni di Denise; torna anche Bobby, il cui pianto disperato alla vista della foto di Laura prende in giro la recitazione pomposa dell’originale; e torna lo stesso Lynch col suo Gordon Cole. Sembra sia abbastanza, ma figurati: arriva uno stralunato Michael Cera vestito da Marlon Brando, a interpretare il figlio di Andy e Lucy, e piazza un monologo assurdo in cui parla della sua cameretta e dei bei tempi passati a Twin Peaks, splendida metafora dello spettatore che torna a Twin Peaks per ritrovare il vecchio sceriffo Truman e ne trova un altro, perché nel frattemmo Twin Peaks (la serie) è cambiata e non si torna indietro, se non per prendersi un po’ in giro.
Ma la chiusura vera, a parte la solita canzone finale, è per la faccia stessa di Gordon/David Lynch, che confessa ad Albert di non capirci niente della situazione. A’ David, ma se non ci capisci tu, noi che possiamo fare?!?!
Fuori concorso per solidarietà maschile
Silicon Valley 4×06 – Quanta amarezza
Che brutta roba quando per tre volte le tue mogli/fidanzate ti mettono le corna, con due uomini diversi, entrambi a loro modo orripilanti. Succede al povero Dan Melcher, che dopo essersi azzuffato con Bachman che gli ha ciulato ben due mogli, viene cornificato anche dalla nuova fidanzata, che questa volta la dà a Richard, giusto prima di riempirlo di insulti per la sua performance. Melcher è ovviamente un personaggio secondario, ma tutta sta sfiga su un uomo solo fa davvero tenerezza.
Ah, per gli amanti dei cameo stranianti: nei panni di Keenan Feldspar, conteso geniaccio della realtà virtuale, compare Haley Joel Osment, il bambino de Il Sesto Senso e A.I. – Intelligenza Artificiale. Se non l’avete riconosciuto sotto tutta quella barba e quei chili, beh, è normale.
Fuori concorso in castigo
The Americans 5×13 – Speravo in un guizzo più forte
Da qualche settimana sottolineavo la bravura con cui gli sceneggiatori di The Americans continuavano ad aumentare la tensione politico-militar-familiare dei protagonisti, sempre più lacerati nello scontro fra i doveri verso la patria e la voglia di mollare tutto e andare in pensione. Però a fronte di tutta sta suspense mi aspettavo una risoluzione altrettanto forte: e invece la scena più carica del finale di stagione rimane quella del tentato suicidio di Pasha, mentre le ultime scene, in cui si svela l’escamotage per costringere Philip ed Elizabeth a rimanere in America, hanno un che di burocratico, di ovvio, tipo “non potevamo farli andare via, c’è un’altra stagione, quindi finisce tutto a tarallucci e vino”. Intendiamoci, il movimento con cui Elizabeth si è progressivamente avvicinata a Philip, impietosita dalle sue difficoltà anche oltre il suo desiderio di rimanere a compiere il suo dovere in America, trova una bella chiusura nell’offerta, da parte di lei, di continuare “da sola” (e poco prima, nel dialogo con Tuan, avevamo visto quanto Elizabeth conoscesse i rischi emotivi dello stare da soli). Però non è roba da finale di stagione, che invece avrebbe avuto bisogno di una botta più vibrante. Considerando che l’anno prossimo saremo di nuovo immersi negli stessi temi e nelle stesse tensioni, un finale così interlocutorio suona un po’ come un coitus interruptus.